825 euro al mese per chi studia: il modello Danimarca che mette all’angolo l’Italia

Redazione

12 Ottobre 2025

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C’è un Paese nel cuore del Nord Europa dove lo studio rappresenta un vero trampolino sociale: la Danimarca. Qui il sistema SU (Statens Uddannelsesstøtte) offre agli studenti universitari fino a 825 euro al mese, erogati direttamente dallo Stato. Si tratta di un sussidio pubblico che accompagna i giovani durante gli anni di formazione, garantendo indipendenza, dignità e serenità. Non c’è bisogno di essere economicamente svantaggiati: il bonus è per tutti, a patto di frequentare regolarmente e sostenere gli esami. In molti, grazie a questa misura, riescono persino a lasciare la casa dei genitori e costruire progetti di vita autonomi già a 19-20 anni. E allora la domanda sorge spontanea: perché in Italia non esiste un sussidio del genere?

Il modello Danimarca e il confronto con l’Italia

In Italia, la situazione è completamente diversa. Le borse di studio, quando ci sono, hanno importi spesso simbolici e, soprattutto per chi vive fuori sede, non bastano ad affrontare nemmeno un mese di affitto. I ritardi nell’erogazione sono cronici, i meccanismi di assegnazione tortuosi e le graduatorie bloccate fanno sì che molti studenti attendano mesi — se non anni — per ricevere quanto spetta loro. Spesso si chiede ai giovani di “arrangiarsi”, vivendo di lavori precari per mantenersi mentre studiano. Il “diritto allo studio”, nella pratica, resta quindi uno slogan più che una realtà tangibile, aggravato da un crescente divario tra Nord e Sud, tra aree urbane e zone interne sempre più abbandonate.

Il costo dell’investimento: quanto guadagna davvero la società danese

In Danimarca, lo sforzo economico per il sussidio agli universitari è significativo: il programma SU costa circa l’1% del PIL nazionale, quasi 3,3 miliardi di euro all’anno. Ma lo Stato non considera questa spesa come una perdita, bensì come un vero investimento. Il Paese si colloca stabilmente ai vertici delle classifiche europee per tasso di laureati, competitività e capacità di innovare. Gli studenti — anche quelli provenienti da famiglie con redditi bassi — hanno le stesse possibilità dei coetanei benestanti. Inoltre, la presenza di tanti universitari stranieri, attratti dal sistema danese, arricchisce ulteriormente l’offerta culturale e accademica nazionale.

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Italia: se lo studente è ancora visto come un peso

Il confronto con il nostro Paese è impietoso: le scelte politiche italiane hanno lasciato indietro i giovani, facendoli sentire spesso un “problema” più che una risorsa. Tagli alle residenze universitarie, pochi fondi ai servizi di orientamento, politiche poco lungimiranti sugli affitti e una cronica diffidenza verso l’innovazione educativa. E a rimetterci sono sempre gli stessi: chi non ha appoggi familiari, chi vive lontano dai grandi poli universitari, chi non può permettersi di studiare fuori regione. Ecco perché sempre più studenti italiani scelgono di tentare la fortuna all’estero, in Paesi dove il sapere viene premiato, sostenuto e riconosciuto.

Una questione di visione

Insomma, il caso della Danimarca dimostra che un sistema educativo inclusivo e realmente accessibile non è un’utopia, ma una precisa scelta politica. Lo Stato danese invia ogni anno un segnale fortissimo: i giovani sono la chiave per la crescita, il benessere e l’innovazione futura. E in Italia? Si continua a parlare di giovani senza mai veramente investirci sopra. Resta invece un sistema che rende la laurea un privilegio, anziché un diritto, e che continua ad alimentare le ingiustizie sociali. La domanda allora sembra semplice, ma apre scenari inquietanti: quanto ancora dovremo aspettare prima di colmare il divario con i Paesi che sulla conoscenza hanno costruito la loro ricchezza?

Forse è arrivato il momento, anche in Italia e anche per questo Governo, di capire che investire sui giovani non è solo una scelta morale, ma pura responsabilità nazionale.


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