La Commissione Istruzione e Ricerca del Senato ha dato il via libera a una riforma storica che abolisce il numero chiuso e il test di ingresso per Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi dentaria, e Medicina veterinaria. La notizia è stata confermata dal Ministero dell’Università e della Ricerca, che ha annunciato un’importante svolta nel sistema di accesso a queste facoltà, con l’obiettivo di garantire maggiore equità e sostenibilità.
Cosa prevede la riforma del test di ingresso per Medicina?
Il disegno di legge delega prevede l’abolizione del test di ingresso, che finora rappresentava una barriera per migliaia di studenti. A partire dall’anno accademico 2024, tutti gli aspiranti medici potranno iscriversi liberamente al primo semestre dei corsi di laurea, senza la necessità di superare il test d’ingresso. Tuttavia, questo non significa che l’accesso sia completamente libero fino alla laurea.
Al termine del primo semestre, gli studenti saranno valutati in base ai crediti formativi accumulati e alla loro posizione in una graduatoria nazionale. In questo modo, sarà il merito acquisito durante il percorso a decidere chi potrà proseguire con gli studi. Chi non riuscirà a superare il “semestre-filtro” potrà comunque utilizzare i crediti ottenuti per intraprendere percorsi formativi alternativi.
Perché è stata approvata questa riforma?
Il Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha spiegato che la riforma è stata pensata per rispondere a una crescente esigenza di nuovi professionisti nel settore medico-sanitario. Si stima che nei prossimi sette anni l’Italia avrà bisogno di almeno 30mila nuovi medici. La riorganizzazione dell’accesso mira a formare un numero adeguato di professionisti, garantendo al contempo una selezione più giusta e trasparente, basata sulle effettive competenze acquisite dagli studenti.
Bernini ha sottolineato che l’abolizione del test di ingresso non comprometterà la qualità della formazione, che sarà comunque di altissimo livello grazie a un’offerta didattica mirata e a percorsi di orientamento per gli studenti già dagli ultimi anni delle scuole superiori. In caso di mancata ammissione al secondo semestre, gli studenti non perderanno quanto appreso: i crediti formativi saranno riconosciuti per altre facoltà, assicurando che ogni sforzo sia valorizzato.
Una svolta per il futuro dei giovani aspiranti medici
L’abolizione del test di ingresso per Medicina rappresenta una svolta epocale per il sistema universitario italiano. L’obiettivo, secondo il MIUR, è quello di ottimizzare le risorse disponibili, garantire una selezione basata su competenze reali e fornire una preparazione di qualità in un settore cruciale per il futuro del Paese. Questo nuovo approccio potrebbe anche ridurre lo stress e l’ansia legati ai test d’ingresso, che per anni sono stati un ostacolo insormontabile per molti aspiranti medici.
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Salvini: “Basta casualità, sarà il merito a decidere”
Sulla riforma è intervenuto anche il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che ha espresso il suo pieno sostegno al cambiamento: “basta con il test di ingresso per Medicina, con la casualità, con le crocette, con la fortuna. Dall’anno prossimo, i ragazzi e le ragazze che si sentono di fare i medici inizieranno il loro percorso e sarà il merito, la competenza e i voti a decidere chi andrà avanti”.
Per il ministro, l’abolizione del numero chiuso rappresenta un altro impegno mantenuto per garantire ai giovani italiani maggiori opportunità. “Un paese che dà questa possibilità ai ragazzi e alle ragazze è un paese sano”, ha concluso Salvini.
Questa riforma potrebbe segnare l’inizio di un nuovo modello di selezione universitaria, non solo per i corsi di laurea in ambito medico, ma anche per altre discipline dove il numero chiuso è ancora una prassi. La possibilità di un’iscrizione aperta, abbinata a una valutazione basata sulle effettive competenze acquisite, potrebbe rendere il sistema universitario più equo, garantendo che solo i più preparati proseguano gli studi.
L’abolizione del test di ingresso per Medicina è una decisione che risponde a un bisogno crescente di medici qualificati, ma che pone anche una sfida importante per le università, chiamate a riorganizzare l’offerta formativa in un’ottica di sostenibilità e qualità.