Assegno di Inclusione 2026: aumenti fino a 130 euro ma c’è una stretta (pesante) per chi lavora in nero

Redazione

20 Novembre 2025

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L’anno prossimo l’Assegno di Inclusione – la misura che dal 2024 ha preso il posto del Reddito di cittadinanza – potrebbe crescere di circa 130 euro l’anno per beneficiario, portando l’importo mensile dagli attuali 541,66 euro a circa 552 euro. Nel frattempo, però, è in arrivo una stretta durissima sui percettori dell’Assegno che lavorano in nero (e sui datori che li impiegano). Ecco tutti i dettagli.

Assegno di Inclusione, perché dovrebbe aumentare nel 2026

L’eventuale aumento dell’Assegno di Inclusione per il 2026 è strettamente correlato all’andamento dei prezzi. Dopo i forti balzi dell’inflazione registrati negli anni passati — 8,1% nel 2022 e 5,4% nel 2023 — il dato si è assestato sullo 0,8% nel 2025, ma già ad agosto ISTAT rilevava un nuovo rialzo all’1,7% e gli analisti prevedono che si possa arrivare attorno al 2% entro fine anno. Questo significa che il valore degli aiuti statali dovrà essere rivisto al rialzo, per evitare che il potere d’acquisto delle famiglie venga ulteriormente eroso: ciò che oggi si paga con 541,66 euro probabilmente domani costerà di più, rendendo indispensabile una rivalutazione dell’importo.

Se le proiezioni si avvereranno, quindi, il nuovo adeguamento determinerebbe un aumento annuo dell’Assegno di Inclusione di circa 130 euro, che si traduce in una decina di euro in più ogni mese, portando l’assegno a circa 552 euro mensili. Pur non trattandosi di somme elevate, è comunque un incremento concreto che può davvero fare la differenza per chi si trova ai limiti della povertà. Questa correzione non sarà così incisiva come la revisione del 2025, ma rappresenta ugualmente un segnale di attenzione: il Governo vuole che la misura segua l’evoluzione del costo della vita e continui a sostenere le fasce più fragili della popolazione.

La stretta contro chi lavora in nero

Dal 1° gennaio 2026, scattano inoltre nuove e severe regole contro il lavoro irregolare tra i beneficiari dell’Assegno di Inclusione. Il Decreto Sicurezza sul lavoro ha innanzitutto rivoluzionato le tempistiche delle sanzioni: non serviranno più sentenze definitive per agire, sarà sufficiente un verbale di accertamento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Immediatamente, chi impiega lavoratori irregolari che prendono il sussidio vedrà decurtati 6 punti dalla patente a crediti per ogni lavoratore (cinque per la violazione di base e uno come aggravante): considerando che le imprese partono da 30 punti e sotto i 15 sono bloccate nei cantieri, bastano quindi due infrazioni per rischiare la sospensione dell’attività.

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Le conseguenze per i percettori ADI

E non è tutto, perché le conseguenze sul lavoro in nero riguarderanno non solo le imprese, ma anche gli stessi percettori dell’Assegno. Chi percepisce ADI e viene scoperto a lavorare in nero, infatti, perderà subito il beneficio e dovrà restituire quanto incassato, rischiando anche una denuncia penale per truffa ai danni dello Stato. Il messaggio è chiaro: chi riceve aiuti sociali non può sfruttare contemporaneamente il lavoro irregolare per aumentare il reddito.

Perché questa stretta?

Il giro di vite nasce da una convinzione diffusa: molti percettori dei benefici sarebbero impiegati irregolarmente, soprattutto nei cantieri dove il lavoro nero è abituale. Con le nuove regole, dal 2026 la tolleranza sarà zero: la sanzione scatta subito, senza possibilità di difesa o regolarizzazione retroattiva. Si vogliono così proteggere i lavoratori davvero vulnerabili, impedendo abusi che danneggiano la collettività e falsano il mercato.

Uno sguardo al futuro

L’aumento dell’Assegno di Inclusione rappresenta un segnale di attenzione per chi è davvero in difficoltà, mentre le nuove norme sono un avvertimento per chi vorrebbe aggirare il sistema. Le imprese dovranno vigilare con attenzione sulle assunzioni, e i beneficiari del sostegno dovranno scegliere: rispettare le regole o rinunciare al beneficio. Il 2026 si annuncia come un anno di transizione fondamentale, che potrebbe ridisegnare la tutela sociale e il controllo nel mercato del lavoro.