Era MIA (Misura di Inclusione attiva), per poi passare a GIL (Garanzia per l’inclusione). Adesso invece il nuovo Reddito di Cittadinanza assume un ulteriore volto, quello di ADI, ovvero Assegno di inclusione.
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Nel corso di questi ultimi mesi, si è parlato tanto dei mutamenti che orbitano attorno al Reddito di cittadinanza, e tante sono state le proposte per una sua “ristrutturazione”, che talvolta hanno anche diviso gli esponenti politici concentrandoli a poli opposti.
Se da un lato la premier Giorgia Meloni si era orientata verso un suo forte ridimensionamento, se non addirittura per una sua abolizione, non sono mai sembrati essere d’accordo con lei gli esponenti della Lega, che invece si sono sempre accomodati su posizioni meno drastiche, pur rimanendo concordi con la premier sulla necessità di un cambiamento dell’attuale sussidio.
Ora, tale cambiamento sembra essersi fatto tangibile, soprattutto con la nuova bozza del Decreto Lavoro, e nasce una nuova idea di sussidio che è appunto l’ADI. Vediamo insieme di cosa si tratta.
ADI, dal Reddito di cittadinanza all’Assegno di Inclusione
Insomma, l’addio a RdC è ormai vicino. A sostituirlo sarà proprio l’Assegno di Inclusione, i cui requisiti d’accesso saranno più rigidi. Il sussidio entrerà in vigore dal 1° gennaio 2024 e potrà beneficiarne una platea più ristretta di persone.
Si tratta di quei nuclei familiari composti da over 60, da disabili e minori, con ISEE non superiore a 9.360,00 Euro (come già era per il reddito di cittadinanza, accantonata dunque l’idea di abbassare la soglia ISEE). Il reddito familiare non deve superare i 6.000 euro.
Mantenute le scale di equivalenza, secondo le quali l’importo base di 500 euro ottenuto dal richiedente sarà come sempre moltiplicato per un valore attribuito al nucleo in base alla situazione specifica fondata sul criterio della criticità. Ad esempio:
- famiglia con disabile grave: si moltiplica l’importo base (500 euro) per 3,3 (il punteggio massimo in scala di equivalenza attribuito a un componente affetto da grave disabilità e al richiedente). Quindi: 500*3,3=1.650.
Per tutti gli altri, ovvero per coloro che non hanno all’interno del nucleo un disabile grave, i punteggi da attribuire a ciascun membro sono:
- +valore 1 per il richiedente;
- +0,5 per ogni componente con disabilità non grave;
- +0,4 per ogni componente over 60;
- +0,15 per minori fino a 2 figli;
- +0,10 per i minori dal terzo in poi.
Il richiedente deve inoltre essere residente in Italia da almeno 5 anni (non più 10).
Assegno di inclusione: gli importi
I nuclei che sono in possesso dei requisiti d’accesso, potranno beneficiare di un sussidio pari a 500 euro mensili, con un ulteriore contributo di 280 euro mensili se vivono in affitto, fermi restando i calcoli sulla scala di equivalenza.
L’assegno sarà erogato per diciotto mesi e potrà essere rinnovato, dopo la sospensione di un mese, per ulteriori di dodici mesi.
ADI: patrimonio mobiliare e immobiliare
Quanto al patrimonio immobiliare, non dovrà superare i 30.000,00 Euro, e si riferisce a immobili diversi dalla propria abitazione. Tuttavia, anche la propria abitazione ai fini IMU non dovrà superare i 150.000 euro di valore.
Limiti anche sul patrimonio mobiliare, che non potrà superare i 6.000,00 Euro, elevabili ad ulteriori 2.000 euro per ogni componente diverso dal primo, per un massimo di 10.000 euro.
Altro requisito per il patrimonio mobiliare è non possedere motoveicoli di cilindrata superiore a 1600 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, che siano stati immatricolati nei sei mesi precedenti alla domanda per ADI.
L’inserimento nel mondo del lavoro
L’Assegno di inclusione non spetterà innanzitutto a quanti abbiano:
- rassegnato le loro dimissioni nei 12 mesi antecedenti alla richiesta;
- siano stati sottoposti a misure cautelari personali, a misure di prevenzione o siano stati condannato in via definitiva.
Esclusi questi casi peculiari, chi beneficia dell’assegno di inclusione diventa, sin da subito, attivabile al lavoro e dovrà iscriversi al sistema informativo di inclusione sociale e lavorativa (SIISL), sottoscrivendo un patto di attivazione digitale.
Entro 120 giorni dalla sottoscrizione del patto digitale, il beneficiario dovrà presentarsi per il primo appuntamento davanti ai servizi sociali, e dovrà farlo ogni 90 giorni, o il beneficio verrà sospeso.
I componenti del nucleo tra i 18 ed i 59 anni diversi dal richiedente dovranno recarsi presso i centri per l’impiego e sottoscrivere un percorso di inclusione sociale e lavorativa, o la misura verrà revocata.
Si perde il beneficio quando il richiedente o gli altri componenti del nucleo rifiutino offerte di lavoro:
- a tempo indeterminato;
- a termine, di durata di oltre 12 mesi. su tutto il territorio italiano;
- a termine di durata inferiore ai 12 mesi e ad un massimo di 80 km da casa;
- un lavoro a tempo pieno o a tempo parziale, non inferiore al 60% dell’orario a tempo pieno.
Strumento di attivazione: l’alternativa ad ADI
Quanti invece non hanno i requisiti per ottenere l’assegno, da settembre 2023 potranno fruire dello Strumento di attivazione al lavoro, che si rivolge ai soggetti di età compresa tra i 18 ed i 59 anni che abbiano un ISEE inferiore a 6000 euro annui.
I richiedenti dovranno dunque stipulare il patto di servizio personalizzato, mediante il quale verranno messi in contatto con una piattaforma mediante la quale riceveranno offerte di lavoro e verranno inseriti in progetti di formazione. Il sussidio ha la durata di 12 mesi, e permetterà di ricevere un importo mensile di 350 euro.
Insomma, a conti fatti, fatta eccezione per lo Strumento di attivazione (SDA) pare poche cose siano cambiate rispetto al passato, e ciò che legittimamente viene da chiedersi è: ha veramente avuto senso una riforma strutturale (o spacciata per tale) del Reddito di cittadinanza, per poi lasciare tutto praticamente immutato, non senza aver generato forse ancora più confusione nei cittadini?
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