Non c’è pace per chi fa fatica ad arrivare a fine mese. Mentre nei palazzi del potere si discute di grandi manovre e si brinda a numeri e percentuali, nelle case degli italiani – quelli veri, quelli che contano gli spiccioli per fare la spesa – arriva l’ennesima doccia fredda. L’Assegno di Inclusione, quella misura che doveva rappresentare la scialuppa di salvataggio per i “dimenticati”, si trasforma nell’ennesima trappola burocratica, nell’ennesimo schiaffo alla dignità.
La notizia, nascosta tra le pieghe di un emendamento riformulato alla Legge di Bilancio, ha il sapore amaro del tradimento. Il primo mese di rinnovo dell’assegno sarà dimezzato. Sì, avete letto bene: tagliato del 50%.
Il gioco delle tre carte sulla pelle degli ultimi
Ci avevano raccontato che le cose sarebbero cambiate in meglio. L’articolo originale della manovra sembrava portare una buona notizia: la cancellazione di quel mese di “sospensione” obbligatoria tra i primi 18 mesi di sussidio e il rinnovo per altri 12. Sembrava un atto di civiltà: permettere la continuità del sostegno senza lasciare le famiglie scoperte per trenta giorni.
E invece? Invece il governo ha deciso di fare il gioco delle tre carte. Con una mano ti tolgono la sospensione temporale, dicendoti che il pagamento sarà consecutivo, ma con l’altra ti sfilano metà dei soldi. L’emendamento parla chiaro: l’ulteriore anno di contributo potrà essere consecutivo, ma il primo assegno sarà dimezzato.
È una logica perversa: ti do i soldi subito, senza farti aspettare il mese di stop, ma in cambio mi prendo la metà della tua sopravvivenza. Come se le bollette si potessero pagare a metà, come se la fame si potesse mettere in pausa al 50%.
100 milioni di risparmi: fare cassa sulla miseria
La motivazione tecnica è forse la parte più insultante di questa vicenda. Secondo la relazione tecnica, questa “geniale” operazione permetterà allo Stato di risparmiare circa 100 milioni di euro.
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Cento milioni. Una cifra che nel bilancio di uno Stato è un granello di sabbia, ma che viene grattata via dal fondo del barile, togliendola direttamente dalle tasche di chi non ha nulla.
Mentre si trovano risorse per tutto il resto, mentre si tutelano interessi e privilegi, si decide di fare cassa sulla miseria. È la filosofia del “forte con i deboli e debole con i forti”. Quei 100 milioni non sono “sprechi” tagliati: sono carne viva, sono riscaldamenti che non verranno accesi, sono dispense che resteranno vuote.
Promesse tradite e realtà crudele
Dov’è finito il governo che prometteva di non lasciare indietro nessuno? Questa misura non è inclusione, è ragioneria applicata alla disperazione. Trasformare un diritto al sostegno in un percorso a ostacoli, dove ogni rinnovo nasconde una penalizzazione, è indegno di un Paese civile.
La continuità dell’assegno non dovrebbe essere barattata con il suo importo. È una beffa atroce pensare che, per non aspettare un mese, si debba accettare di ricevere metà dell’aiuto. I cittadini sono stanchi di essere trattati come numeri su un foglio Excel da far quadrare. Questa stretta sull’Assegno di Inclusione è la prova definitiva: quando c’è da stringere la cinghia, il Governo sceglie sempre la pancia di chi è già vuota.