Mentre il Governo si affanna a stanziare nuovi incentivi per bambini e genitori – dal Bonus Nido al Bonus nuovi nati, passando per l’Assegno unico, le maggiorazioni e i congedi – la realtà ci restituisce una verità molto più amara: la denatalità in Italia continua a galoppare e nessun assegno sembra in grado di invertire la rotta. Siamo diventati il Paese dei bonus una tantum, delle misure straordinarie annunciate in pompa magna che però, guardando i dati, funzionano più sul piano delle statistiche che su quello della demografia. Ecco qui sotto i dettagli.
Pioggia di bonus, ma cala la natalità
I numeri parlano chiaro: nel 2024 sono venuti al mondo solo 370mila bambini, ben diecimila in meno rispetto all’anno precedente. Il tasso di fertilità è sceso a un record negativo di 1,18 figli per donna. Di fronte a questo scenario, la risposta istituzionale è sempre la stessa: incentivi, contributi, bonus di ogni genere. L’ultimo nato è il Bonus Nido 2026, che allarga la platea includendo anche micronidi e sezioni primavera, promette rimborsi a chi presenta la ricevuta e apre persino la porta all’assistenza domiciliare per i piccoli malati certificati.
Anche gli importi cambiano (e sono più generosi per i nati dal 2024): si va da 1.500 a 3.600 euro l’anno, in base all’ISEE. Insomma, le risorse arrivano. Ma la domanda che nessuno osa fare è: quanti genitori decidono davvero di allargare la famiglia solo grazie a un bonus? E quanto pesa il contributo unico di 1.000 euro per i nuovi nati, se tutto il resto – dal lavoro instabile, agli affitti alle stelle, alle scuole d’infanzia che non si trovano – rema costantemente contro la natalità?
Assegni, congedi, bonus: il mosaico che non fa sistema
Non si può negare che il mosaico di aiuti sia oggi vasto come non mai: dall’Assegno Unico (che può superare i 200 euro mensili coi requisiti giusti) alle maggiorazioni per famiglie numerose, dal piccolo contributo mensile per le mamme lavoratrici all’ampliamento del congedo parentale, portato all’80% per i primi tre mesi. Sullo sfondo, si muove anche una galassia di sostegni locali: voucher per la mensa, sussidi regionali per i libri di scuola, bonus sport. Ma tutto questo gran rumore di carte e bandi sembra avere un impatto solo marginale su chi davvero dovrebbe cambiare il destino del Paese: i giovani ancora senza figli.
Perché la verità è semplice: mettere al mondo un bambino non è solo una questione economica, è un azzardo sociale. Gli aiuti a pioggia fanno notizia, ma non risolvono il malessere di fondo: una società che rende la genitorialità una corsa a ostacoli tra costi, solitudine, burocrazia, precarietà e mancanza di servizi. Tanto che, nonostante i record di bonus erogati, il numero di figli continua a crollare. Se non ci si decide a intervenire davvero su lavoro, casa, parità di genere e servizi per la prima infanzia, questi sostegni rischiano di essere solo palliativi: un cerotto su una ferita che si allarga.
Bonus ma non solo: serve cambiare contesto
Insomma, i contributi aiutano, ma non bastano a rimettere in moto il desiderio di diventare madre o padre in un Paese che – dati alla mano – continua a preferire altre priorità. Finché fare un figlio sarà vissuto come un rischio, ai limiti del lusso, nessun bonus riuscirà a invertire la rotta della denatalità. Servono investimenti (veri) su asili, sul lavoro stabile, sul diritto a una genitorialità meno solitaria e sacrificante. Solo allora, forse, torneremo non solo a parlare di aiuti alle famiglie, ma a vedere le culle finalmente più piene.
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