Il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) spetta al lavoratore subordinato alla chiusura del rapporto lavorativo, indipendentemente dalle ragioni che ne hanno determinato la cessazione. Se il TFR non viene pagato regolarmente, quindi, il lavoratore ha il diritto di sollecitare il pagamento al datore di lavoro nelle modalità più opportune. Vediamo quali sono i passi legali e burocratici che può intraprendere.
Cosa fare se il TFR non viene pagato
Il Trattamento di Fine Rapporto, o TFR, spetta per legge al lavoratore subordinato al momento della chiusura del rapporto lavorativo, indipendentemente dalle ragioni che l’hanno causata (che sia per licenziamento, dimissioni o raggiungimento dell’età pensionabile). Deve essere accantonato mensilmente dal datore di lavoro, in modo tale da creare una compensazione adeguata quando si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.Può accadere, tuttavia, che il datore di lavoro si rifiuti di corrispondere il TFR. Oppure che non risulti in grado di corrispondere il trattamento poiché non ha messo da parte le somme dovute. In questi casi, esistono delle garanzie specifiche fornite dalla legge al lavoratore, che permettono di recuperare la somma del TFR in maniera del tutto legittima. Ecco che cosa è possibile fare.
Il recupero giudiziale del TFR
Una delle principali strategie da adottare, in caso di mancato pagamento del TFR, consiste nella trasmissione di una lettera formale al datore di lavoro. Tramite questa lettera il lavoratore inoltra una richiesta di chiarimento, investigando quali sono le reali intenzioni del datore di lavoro. Se a questo punto il datore decide di non pagare ugualmente, o addirittura non riscontra la diffida, sarà opportuno rivolgersi a un rappresentante legale per ricevere assistenza e dare eventualmente avvio a un’azione giudiziale di recupero crediti.
Si può richiedere ad esempio un decreto ingiuntivo, in base al quale il Giudice del Lavoro emetterà un ordine di pagamento provvisoriamente esecutivo nel giro di un paio di settimane. All’interno di questo decreto, il Giudice ingiungerà al datore di lavoro di pagare quanto dovuto al lavoratore a titolo di TFR, con l’aggiunta delle spese legali sostenute dal lavoratore per ottenere l’ingiunzione di pagamento. A questo punto, in caso di mancata impugnazione da parte del datore, il decreto del Giudice equivale a una sentenza e permette di dare avvio alla fase esecutiva, congelando ad esempio il conto corrente del datore di lavoro o pignorando beni aziendali.
In più, se sono presenti i presupposti, è possibile presentare un’istanza di fallimento nei confronti della società datoriale. Ovviamente, però, il fallimento può rivelarsi deleterio sia per il datore di lavoro che per il lavoratore, anche se per quest’ultimo esistono alcune tutele speciali garantite dall’INPS.
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Il fondo di garanzia INPS per il recupero del TFR
In caso di fallimento della società datoriale, il lavoratore ha disposizione alcune opzioni per tutelarsi. Ad esempio, qualora si sia insinuato nel fallimento – cioè qualora abbia presentato nella procedura fallimentare una domanda per ottenere il pagamento del suo credito – il lavoratore può rivolgersi direttamente all’INPS per ricevere la liquidità non pagata. Questo grazie all’esistenza del cosiddetto Fondo di Garanzia, che permette ai lavoratori dipendenti di ottenere dall’INPS:
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Quando si presenta domanda all’INPS per questa procedura, andrà allegata secondo prassi tutta la documentazione relativa all’insinuazione nel passivo fallimentare e alla quantificazione del credito. A questo punto, solo dopo aver verificato la correttezza della domanda e della documentazione presentata, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale provvederà al pagamento delle somme dovute. È quindi importantissimo, anche nel caso di aziende in crisi (o addirittura fallite) agire con rapidità e in maniera corretta così da non vedere pregiudicati i propri diritti al credito.