Guida alla domanda per l’indennità di accompagnamento INPS

admin

30 Ottobre 2025

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L’indennità di accompagnamento è un sostegno economico fondamentale che l’INPS eroga ogni mese a chi si trova in una condizione di invalidità totale e, per questo, non è più autonomo. Parliamo di persone che non possono compiere gli atti più semplici della vita quotidiana o non riescono a camminare senza un aiuto costante.

Una cosa importante da sapere subito: questa prestazione non dipende dal reddito del nucleo familiare. È un supporto cruciale pensato esclusivamente per garantire l’assistenza necessaria, indipendentemente dalla situazione economica.

A chi spetta l’indennità di accompagnamento

Una persona anziana riceve assistenza da un operatore sanitario in un ambiente domestico
Guida alla domanda per l'indennità di accompagnamento INPS

Capire se si ha diritto all’accompagnamento è il primo, fondamentale passo per avviare la pratica. A differenza di tanti altri aiuti statali, qui il focus non è sul portafoglio, ma al 100% sulla condizione di salute della persona.

Per poter accedere a questo beneficio, però, non basta avere una patologia seria. Bisogna soddisfare dei requisiti ben precisi, sia sanitari che amministrativi. È l’impatto che quella malattia ha sull’autonomia di una persona a fare davvero la differenza agli occhi della legge.

I requisiti chiave da conoscere

I criteri per ottenere il riconoscimento sono piuttosto netti e si possono riassumere in pochi punti essenziali. Vediamoli insieme.

  • Invalidità totale e permanente (100%): Il primo paletto è che la commissione medico-legale dell’INPS abbia già accertato un’invalidità al 100%.
  • Impossibilità di deambulare: La persona non è in grado di camminare da sola, nemmeno con l’aiuto di stampelle o deambulatori, e ha bisogno della presenza fissa di un accompagnatore per muoversi.
  • Incapacità di compiere gli atti quotidiani: In alternativa al punto precedente, la condizione è riconosciuta se la persona non riesce a svolgere le azioni base della vita (come lavarsi, vestirsi, mangiare o prendersi cura di sé) senza l’assistenza continua di qualcuno.

In parole povere, la legge vuole tutelare chi non è più autosufficiente. Che si tratti di un anziano con Alzheimer, di una persona con gravi problemi neurologici o di chiunque si trovi in una condizione simile, il principio è sempre lo stesso: garantire dignità e un supporto concreto.


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I requisiti da controllare prima di iniziare: sanitari e amministrativi

Prima ancora di avviare la pratica per l’accompagnamento, è fondamentale fermarsi un attimo e valutare con onestà la situazione. Non basta infatti avere una diagnosi grave: l’INPS analizza l’impatto reale che la malattia ha sulla vita di tutti i giorni. I criteri sono molto specifici e si dividono in due grandi filoni: sanitari e amministrativi.

Il cuore di tutto è il requisito sanitario. Non è sufficiente avere un’invalidità riconosciuta al 100%. Bisogna dimostrare di trovarsi in una di queste due condizioni: o l’impossibilità di camminare da soli, senza l’aiuto continuo di un’altra persona, oppure l’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita, come mangiare, lavarsi o vestirsi.

Un esempio classico? Pensiamo a un anziano con una forma avanzata di demenza: anche se fisicamente è in grado di muoversi, potrebbe non essere più capace di gestire la propria igiene o di nutrirsi senza assistenza costante. Questo scenario rientra perfettamente nella definizione di “incapacità di compiere gli atti quotidiani”.

I criteri amministrativi: attenzione a non sottovalutarli

Oltre alla condizione fisica, l’INPS fa delle verifiche burocratiche che sono altrettanto decisive per l’esito della domanda. Assicurati di avere tutto in regola.

  • Cittadinanza e residenza: Devi essere cittadino italiano, europeo, oppure extracomunitario con un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Ovviamente, è richiesta la residenza stabile in Italia.
  • Nessun ricovero a carico dello Stato: L’indennità non viene concessa se la persona è ricoverata in una struttura sanitaria (con retta interamente pagata dallo Stato o da un ente pubblico) per più di 30 giorni.
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Preparare con cura tutti i documenti fin dall’inizio è un passaggio cruciale. A questo proposito, per capire meglio come muoverti, puoi approfondire le nuove procedure per i certificati di invalidità in questo nostro articolo.

Avere un quadro chiaro dei requisiti è il primo passo per non perdere tempo e risorse. Ecco una tabella che riassume i punti salienti da tenere a mente.

Riepilogo dei requisiti chiave

Tipo di Requisito Dettagli specifici Note importanti
Sanitario Invalidità civile totale e permanente al 100%. L’invalidità al 100% è la base, ma non basta da sola.
Sanitario Impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore. Deve essere una necessità costante e non occasionale.
Sanitario Incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita (es. igiene, nutrizione). Riguarda l’autonomia nelle azioni essenziali di ogni giorno.
Amministrativo Cittadinanza italiana/UE o permesso di soggiorno CE di lungo periodo. È necessario avere anche la residenza stabile e abituale in Italia.
Amministrativo Non essere ricoverati a titolo gratuito in istituti per più di 30 giorni. Si riferisce a strutture con retta interamente a carico dello Stato.

Come vedi, i criteri sono molto netti. Verificare punto per punto questa lista ti aiuterà a capire se ci sono le basi per presentare la domanda con buone probabilità di successo.

Come si presenta la domanda all’INPS?

Una volta appurato di avere i requisiti, è il momento di avviare l’iter per la domanda di accompagnamento. Il percorso, sappilo, parte sempre dal medico di base, che in questa fase gioca un ruolo a dir poco fondamentale.

Il primo passaggio obbligatorio è la compilazione del certificato medico introduttivo (modello SS3). È il tuo medico curante a doversene occupare: questo documento, che attesta le patologie e la reale condizione di non autosufficienza, viene inviato direttamente all’INPS per via telematica. Una volta fatto, il medico ti consegnerà un codice univoco, indispensabile per andare avanti.

Inoltrare la richiesta vera e propria

Con il codice del certificato medico in mano, il tempo stringe: hai 90 giorni per presentare la domanda di invalidità civile, che include anche la richiesta di accompagnamento. Attenzione a non superare questo termine, perché il certificato scade e dovrai richiederne uno nuovo da capo.

Per inviare la domanda, hai due strade principali:

  • Online sul sito INPS: Se hai dimestichezza con il digitale, puoi fare tutto in autonomia. Ti basterà accedere al portale con le tue credenziali SPID, CIE (Carta d’Identità Elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi) e seguire la procedura guidata.
  • Tramite patronato o associazione di categoria: Se invece preferisci un supporto concreto, puoi affidarti a un patronato. Loro gestiranno l’intera pratica al posto tuo, assicurandosi che ogni campo sia compilato correttamente e che non ci siano intoppi.

È interessante notare come il supporto alle persone con disabilità si stia evolvendo. Un esempio concreto arriva dalla Toscana, che ha recentemente stanziato 25,7 milioni di euro aggiuntivi per il triennio 2025-2027 destinati ai progetti di Vita Indipendente, portando il budget totale a ben 71,7 milioni per far fronte al numero crescente di richieste.

Un consiglio pratico: dopo aver inviato la domanda, il passo successivo sarà la convocazione per la visita medico-legale. Preparati per tempo e porta con te tutta la documentazione sanitaria aggiornata: referti, cartelle cliniche e qualsiasi altro foglio che possa dimostrare chiaramente la tua condizione. Più sei preparato, meglio è.

Documenti da preparare

Una calcolatrice e dei documenti su una scrivania, simbolo della preparazione burocratica
Guida alla domanda per l'indennità di accompagnamento INPS

Una domanda di accompagnamento incompleta è una delle cause più comuni di ritardo, se non di vero e proprio respingimento. Per non correre questo rischio, la mossa vincente è preparare con cura tutti i documenti prima ancora di avviare l’iter.

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Avere sottomano una checklist chiara può fare tutta la differenza. Assicurati di raccogliere ogni pezzo del puzzle burocratico per non dover interrompere la procedura e dare all’INPS un quadro completo e corretto della situazione.

La documentazione essenziale

Ecco cosa non può assolutamente mancare nel fascicolo che andrai a comporre:

  • Documento d’identità e codice fiscale della persona che richiede l’indennità.
  • Certificato medico introduttivo (modello SS3), che il tuo medico curante avrà già trasmesso telematicamente all’INPS.
  • Documentazione medica specialistica a supporto. Parliamo di referti di visite, cartelle cliniche di eventuali ricoveri o esami diagnostici che attestino chiaramente la condizione di non autosufficienza.

Una volta che la domanda viene approvata, c’è un altro passaggio: l’INPS richiederà la compilazione del modello AP70. Questo modulo serve a comunicare i dati socio-economici e, soprattutto, le coordinate bancarie per l’accredito dell’assegno. A questo proposito, può esserti utile il nostro approfondimento su cosa sapere del modello ICLAV, che contiene informazioni pratiche per chi affronta queste procedure.

Cosa fare se la domanda viene respinta

Ricevere un verbale negativo dall’INPS può essere un colpo duro, ma è importante non scoraggiarsi. Non è la fine del percorso, ma semplicemente l’inizio di una nuova fase: quella del ricorso giudiziario. Si tratta, di fatto, dell’unica strada percorribile quando si è convinti che la valutazione della commissione medica non sia corretta.

Per avviare questa procedura, la prima regola è la tempestività. Hai un termine molto stretto, solo sei mesi dalla data in cui ricevi la notifica del verbale, per presentare il tuo ricorso. È un limite perentorio: se lo superi, perdi la possibilità di contestare la decisione e dovrai ricominciare tutto da capo con una nuova domanda.

L’azione legale vera e propria inizia con un Accertamento Tecnico Preventivo (ATP). In questa fase, il giudice nomina un esperto, un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), che altro non è che un medico specializzato. Il suo compito è rivalutare la tua condizione di salute per stabilire, in modo imparziale, se possiedi i requisiti per l’indennità di accompagnamento.

Il parere del CTU è il punto di svolta. Se il medico ti darà ragione, il giudice non farà altro che confermare la sua perizia. A quel punto, l’INPS sarà obbligata per legge a riconoscerti l’indennità e a versarti anche tutti gli arretrati. Se invece il parere fosse negativo, la causa si estinguerebbe. Proprio per questo è fondamentale affidarsi subito a un avvocato specializzato, che sappia come preparare al meglio la strategia e valorizzare la documentazione medica.

I dubbi più comuni sull’accompagnamento

Quando si inizia il percorso per la domanda di accompagnamento, è più che normale avere mille domande. Facciamo un po’ di chiarezza rispondendo ai quesiti più frequenti che ci vengono posti, così da sciogliere ogni dubbio.

Una delle prime domande è quasi sempre sulla cumulabilità. La risposta è sì: l’indennità di accompagnamento si può sommare tranquillamente alla pensione di invalidità civile. Il motivo è semplice: rispondono a due bisogni diversi. La pensione serve al sostentamento, l’accompagnamento a garantire l’assistenza continua.

Compatibilità, tempi e minori

E se c’è un ricovero? Qui le cose cambiano. Se la persona viene ricoverata in una struttura sanitaria con retta a totale carico dello Stato (o di un ente pubblico) per più di 30 giorni, l’erogazione dell’indennità viene sospesa per quel periodo.

Quanto alle tempistiche di risposta INPS, possono essere variabili, la legge è chiara. L’INPS ha un massimo di 30 giorni di tempo per concludere la pratica, a partire dalla data della visita della commissione medico-legale.

Anche i minori, infine, possono avere diritto all’indennità. Si tratta di un tema delicato, con casistiche specifiche, come ad esempio l’indennità di accompagnamento per minori con diabete.

Non dimentichiamolo mai: l’indennità di accompagnamento è un diritto fondamentale. È pensato per restituire dignità e dare un supporto concreto a chi non è più autosufficiente, a prescindere dall’età.