Le pensioni INPS di gennaio 2026 arriveranno qualche giorno più tardi rispetto al consueto, complice il 1° gennaio festivo e il tempo tecnico necessario per applicare i nuovi importi rivalutati. Gli assegni comprenderanno l’aumento dell’1,4% legato all’adeguamento all’inflazione, ma sul cedolino torneranno anche le addizionali regionali e comunali, con possibili conguagli fiscali rispetto agli anni precedenti. Ecco qui sotto il calendario completo dei pagamenti di gennaio 2026.
Pagamenti pensioni gennaio 2026, il calendario
A gennaio 2026 le pensioni arriveranno con qualche giorno di ritardo rispetto al solito, dato che l’accredito non potrà avvenire il primo giorno ma slitterà al secondo giorno bancabile del mese. Con il 1° gennaio festivo, il secondo giorno utile è sabato 3 gennaio: in quella data saranno pagati solo i trattamenti accreditati presso Poste Italiane, mentre chi riceve la pensione tramite conto corrente bancario vedrà l’accredito soltanto lunedì 5 gennaio.
Per il ritiro in contanti agli sportelli postali, invece, è previsto il solito calendario alfabetico scaglionato in base all’iniziale del cognome:
- Cognomi dalla A alla C: venerdì 2 gennaio 2026
- Cognomi dalla D alla K: lunedì 5 gennaio 2026
- Cognomi dalla L alla P: mercoledì 7 gennaio 2026 (poiché il 6 è festivo)
- Cognomi dalla Q alla Z: giovedì 8 gennaio 2026.
Cosa è incluso nella pensione di gennaio 2026
Nel cedolino di gennaio 2026 i pensionati troveranno diverse voci che possono far variare, in più o in meno, l’importo rispetto a dicembre. Da un lato, con il nuovo anno riparte la trattenuta delle addizionali regionali e comunali, sospese sul rateo di dicembre: queste imposte, riferite al reddito dell’anno precedente, vengono prelevate in 11 rate da gennaio a novembre e possono quindi far risultare l’assegno di inizio anno più leggero.
Gennaio è anche il mese in cui scatta la perequazione annuale delle pensioni, cioè l’adeguamento all’inflazione misurata dall’Istat. Per il 2026 il decreto del MEF fissa un indice dell’1,4%: l’aumento pieno spetta sulla quota di pensione fino a 4 volte il trattamento minimo (circa 2.413,60 euro lordi mensili nel 2025), mentre sulle fasce superiori la percentuale si riduce all’1,26% tra 4 e 5 volte il minimo e all’1,05% oltre tale soglia. In pratica, gli assegni medio-bassi beneficeranno della rivalutazione piena, mentre le pensioni più alte vedranno un incremento proporzionalmente più contenuto.
Per chi percepisce importi intorno al trattamento minimo, è prevista inoltre una rivalutazione straordinaria che dovrebbe portare il minimo a circa 611 euro nel 2026, con un beneficio massimo stimato in poco più di 100 euro lordi su base annua.
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Infine, gennaio è il mese dei conguagli fiscali: l’INPS ricalcola definitivamente Irpef e addizionali sulla base di quanto realmente percepito nel 2025 (arretrati, una tantum, ricostituzioni), correggendo le trattenute effettuate in modo presuntivo durante l’anno. Se dal conteggio emerge un debito d’imposta, questo viene quindi recuperato direttamente sulla pensione di gennaio – e, se necessario, anche su quella di febbraio – con trattenute che in alcuni casi possono ridurre sensibilmente l’importo del cedolino. Per i pensionati con redditi più bassi esiste tuttavia una tutela specifica: quando il reddito annuo da pensione non supera i 18.000 euro lordi, e il debito Irpef è superiore a 100 euro, il recupero deve essere rateizzato da gennaio a novembre, così da diluire l’impatto e rendere la decurtazione mensile più sostenibile.