Un errore nel pagamento dell’Imu 2025 non è raro e può riguardare sia chi ha versato meno del dovuto, sia chi si è ritrovato a pagare un importo superiore a quello corretto. In entrambi i casi, è possibile intervenire per sistemare la propria posizione: da un lato, evitando le sanzioni piene grazie al ravvedimento operoso; dall’altro, chiedendo il rimborso o la compensazione dell’eccedenza versata. Ecco tutti i dettagli qui sotto.
Cos’è l’Imu e come si paga
L’Imu (Imposta Municipale Propria) è un’imposta patrimoniale dovuta da chi possiede immobili diversi dall’abitazione principale non di lusso, e si applica a fabbricati, terreni agricoli e aree edificabili. Per il 2025, il calendario prevedeva il primo acconto entro il 16 giugno e il saldo finale entro il 16 dicembre, con la possibilità di pagare tutto in un’unica soluzione a giugno. Una volta passate entrambe le scadenze, eventuali errori o omissioni non vanno più corretti semplicemente con un normale versamento, ma rientrano nelle regole del ravvedimento o delle richieste di rimborso.
Errori prima della scadenza: come integrare
Se ci si accorge di aver pagato meno prima della scadenza della rata (acconto o saldo), la soluzione è semplice: basta compilare un nuovo modello F24 con gli stessi dati del precedente, indicando nella colonna “importi a debito” solo la parte mancante. In questo modo, sommando il primo pagamento e quello integrativo, il totale versato entro il termine risulta corretto e non si applicano sanzioni. Per un versamento eccessivo sull’acconto, invece, l’eccedenza può spesso essere portata in compensazione sul saldo, riducendo quanto dovuto a dicembre.
Errori dopo la scadenza: il ravvedimento operoso
Se il problema emerge dopo il 16 giugno o il 16 dicembre, oppure ci si è proprio dimenticati di pagare, entra in gioco il ravvedimento operoso. Questo strumento consente di regolarizzare il tributo pagando:
- L’Imu non versata (totale o parziale)
- Una sanzione ridotta, legata ai giorni di ritardo
- Gli interessi.
Più velocemente si interviene, meno si paga di sanzioni e interessi.
Le diverse tipologie di ravvedimento operoso
Nel caso si scelga la strada del ravvedimento operoso, la misura della sanzione dipende dal tempo trascorso dalla scadenza:
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- Entro 14 giorni: Ravvedimento super breve, con sanzione pari allo 0,083% per ogni giorno di ritardo
- Dal 15° al 30° giorno: Ravvedimento breve, con sanzione fissa dell’1,25% sull’imposta dovuta
- Dal 31° al 90° giorno: Ravvedimento medio, con sanzione dell’1,39%
- Oltre 90 giorni ed entro 1 anno: Ravvedimento lungo, con sanzione del 3,125%
- Dopo 12 mesi: Ravvedimento lunghissimo, con una sanzione pari al 3,572% dell’importo dovuto.
Se la regolarizzazione avviene dopo un verbale di constatazione, ma prima dell’atto di accertamento vero e proprio, può essere applicata un’ulteriore sanzione pari a circa il 4,17% dell’importo dovuto. Il ravvedimento, però, è possibile solo non è stato notificato un avviso di accertamento.
Chi controlla l’Imu e quando scatta la prescrizione
Il controllo sui versamenti Imu è di competenza del Comune, che in caso di mancato o insufficiente pagamento emette un avviso di accertamento e può affidare la riscossione all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. L’ente locale ha tempo fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui l’imposta era dovuta per notificare l’accertamento: l’Imu 2025, quindi, si prescrive se non vengono notificati atti entro il 31 dicembre 2030 o, secondo alcune prassi, dal 1° gennaio 2031.
Come verificare e come richiedere il rimborso
Chi ha dubbi sul pagamento effettivo dell’Imu può controllare in diversi modi:
- Attraverso il cassetto fiscale dell’Agenzia delle Entrate
- Nell’area pagamenti di Poste Italiane, se ha usato un bollettino postale
- Rivolgendosi all’Ufficio Tributi del Comune o consultando la sezione Imu del sito comunale.
Se emerge un versamento in eccesso, è possibile chiedere il rimborso al Comune con apposita istanza motivata, allegando copie dei pagamenti e indicando l’IBAN per l’accredito. La richiesta va presentata, di norma, entro cinque anni dal pagamento errato o dal momento in cui si è maturato il diritto alla restituzione.