Dal 2032 andare in pensione in anticipo potrebbe diventare ancora più difficile: la Manovra 2026, allo stato attuale degli emendamenti, introduce infatti una doppia stretta sulle pensioni anticipate e sul valore del riscatto della laurea, mentre dal 1° luglio 2026 è previsto un meccanismo di adesione automatica ai fondi pensione per i nuovi assunti. Su alcuni di questi punti, però, il Governo ha già annunciato l’intenzione di rivedere il testo, in particolare per evitare effetti retroattivi sui riscatti già effettuati.Ecco tutti i dettagli.
Pensioni 2026, finestre più lunghe per la pensione anticipata
Oggi chi accede alla pensione anticipata può farlo con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne), attendendo tre mesi tra la maturazione del requisito e il primo assegno, la cosiddetta “finestra mobile”. L’emendamento del Governo alla Manovra 2026, tuttavia, prevede che questa finestra si allunghi gradualmente, a partire dal 2032. Chi maturerà i requisiti entro il 2033 dovrà quindi attendere quattro mesi, mentre nel 2034 l’attesa salirà a cinque mesi e a regime, dal primo gennaio 2035, la finestra mobile toccherà i 6 mesi.
In pratica, chi avrà finalmente maturato tutti i contributi necessari dovrà restare senza pensione per mezzo anno dopo l’uscita dal lavoro, sostenendo da solo le spese in questa fase di transizione. E secondo le simulazioni citate dai sindacati, combinando finestre più lunghe e futuri adeguamenti alla speranza di vita, di fatto la soglia contributiva effettiva rischia di spingersi verso i 43 anni e 9 mesi nel giro di un decennio.
Riscatto della laurea triennale ‘al ribasso’ (con correttivi attesi)
Il secondo intervento in Manovra riguarda chi ha scelto di riscattare gli anni di studio universitari, in particolare la laurea triennale, per anticipare l’uscita dal lavoro. Le nuove regole non eliminano il riscatto, ma ne riducono il peso ai fini della pensione anticipata: dal 2031 in poi, infatti, una parte dei mesi riscattati non sarà più conteggiata integralmente.
Il taglio, secondo l’attuale formulazione, sarebbe progressivo: 6 mesi in meno per chi matura i requisiti nel 2031, 12 mesi nel 2032, 18 mesi nel 2033, 24 mesi nel 2034, fino ad arrivare a 30 mesi per chi arriverà ai requisiti dal 2035 in avanti. In questo modo, alcuni lavoratori che hanno pagato per riscattare la laurea potrebbero ritrovarsi a dover accumulare fino a 46 anni e 3 mesi di contributi, prima di accedere alla pensione.
Proprio su questo punto, però, è arrivato un primo dietrofront politico: la presidente del Consiglio ha annunciato che la norma dovrà essere “corretta” e che chi ha già riscattato la laurea non si vedrà cambiare le regole in corsa, escludendo quindi effetti retroattivi e lasciando aperta la possibilità di limare ulteriormente le penalizzazioni future.
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Previdenza integrativa automatica per il Tfr
Accanto alla stretta sulle uscite anticipate, la Manovra potrebbe introdurre anche un meccanismo di adesione automatica alla previdenza complementare. Dal 1° luglio 2026, infatti, per i nuovi assunti nel settore privato una parte del Tfr verrebbe destinata automaticamente ai fondi pensione, a meno che il lavoratore non si opponga esplicitamente entro un certo termine (il cosiddetto silenzio-assenso). L’idea è quella di far crescere la platea di chi accumula una pensione integrativa a fronte di assegni pubblici destinati a essere meno generosi, ma anche su questo fronte non si escludono limature in fase di approvazione definitiva, alla luce delle critiche arrivate su libertà di scelta e impatto per le imprese.
In sintesi, la combinazione di finestre più lunghe, tagli (ancora da definire nel dettaglio) al valore del riscatto di laurea e spinta obbligata sui fondi pensione ridisegna in chiave più restrittiva l’accesso alla pensione anticipata, scaricando una parte crescente della protezione previdenziale sulla previdenza complementare. Ma il quadro normativo è ancora in evoluzione, e potrebbe essere ammorbidito nei prossimi passaggi parlamentari.