L’Irlanda ha deciso di rompere gli schemi: dal 2026, 2.000 artisti riceveranno un reddito di base di 1.300 euro al mese, riconosciuti non come ‘assistiti’ ma come veri lavoratori che producono valore, pagano le tasse e fanno crescere l’economia culturale della nazione. Il programma pilota, partito nel 2022, ha già dimostrato che questa strategia non solo funziona ma produce un ritorno economico tangibile: in soli due anni, i vantaggi hanno superato gli investimenti pubblici.
Nel frattempo in Italia, Paese che dovrebbe essere la culla della creatività, il massimo che si ottiene sono bonus una tantum, bandi emergenziali e promesse puntualmente disattese. Siamo la patria di Leonardo, Raffaello e Puccini, ma ai nostri artisti viene chiesto di sopravvivere tra lavori saltuari e dignità negata. Ecco i dettagli.
Il paradosso italiano: tanti soldi, nessuna stabilità
Fa riflettere che il settore culturale italiano incida per oltre il 6% sul PIL nazionale, e impieghi circa 1,5 milioni di persone. Eppure i meccanismi di tutela sono sparsi, frammentari, legati a contingenze e sempre più spesso gestiti come meri aiuti temporanei. Qual è il messaggio, quindi, per chi sogna di vivere d’arte in Italia? “Lascia stare, non si campa di creatività”.
Il modello irlandese ribalta invece questa mentalità: investire in chi crea cultura non è assistenzialismo, ma sviluppo a lungo termine. Quanti giovani talenti italiani, oggi, sono costretti a scegliere tra emigrazione, abbandono dei sogni o lavori sottopagati solo perché la politica li considera troppo instabili?
Il bisogno di una rivoluzione culturale in Italia
L’iniziativa irlandese è anche una presa di posizione politica: gli artisti vengono finalmente riconosciuti come lavoratori e non come ‘sognatori precari’. Un segnale forte che mette all’angolo l’Europa e, soprattutto, il Governo italiano. Oggi nel nostro Paese la cultura è considerata ancora troppo spesso come un lusso per pochi, una decorazione, una festa da celebrare di tanto in tanto e poi dimenticare. Ma se altri Paesi riescono a garantire dignità e continuità all’arte, perché in Italia l’unica risposta resta un bando di emergenza, una detrazione fiscale, un bonus una tantum? Serve una rivoluzione della mentalità e degli investimenti, serve guardare all’Irlanda non con invidia ma con voglia di cambiamento. Per restituire finalmente a chi crea cultura la possibilità di viverne e far crescere il Paese in cui vive.