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Sfruttamento sul lavoro: dipendenti a Catania pagati 1,6 euro l’ora  

Una vicenda sconfortante riaccende i riflettori sullo sfruttamento lavorativo in Italia. A Catania, 37 dipendenti sono stati pagati 1,6 euro l'ora.

di Tommaso Pietrangelo
1 Giugno 2025
in Lavoro, Attualità
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Arriva da Catania una notizia sconfortante, legata allo sfruttamento sul lavoro di 37 dipendenti in un supermercato. Secondo quanto emerso dalle indagini della guardia di finanza, i lavoratori in questione sarebbero stati impiegati per un numero di ore nettamente superiore a quello stabilito dal contratto. E, cosa ancora più grave, la retribuzione oraria sarebbe stata addirittura al di sotto dei 2 euro. Una pagina triste, che purtroppo riaccende i riflettori su pratiche di sfruttamento e caporalato che da anni dilagano in Italia. Spesso, i datori di lavoro in difficoltà si rifanno su lavoratori inermi, che non possono dire di ‘no’ a offerte indegne, perché anche quel poco che ricevono serve comunque per andare avanti. Ma il problema è sistemico. E le responsabilità non sono solo da attribuire a chi sfrutta. Ecco i dettagli.

Sommario

Toggle
  • Sfruttamento sul lavoro, il caso di Catania
  • I dettagli sulla violazione alle norme di sicurezza e igiene
  • Come erano sfruttati i dipendenti del supermercato
  • Il dramma dello sfruttamento sul lavoro in Italia

Sfruttamento sul lavoro, il caso di Catania

Un “abuso dello stato di bisogno”. Così è stata definita l’azione di chi a Catania, nel supermercato di Biancavilla, ha sfruttato dipendenti offrendo paghe da fame. Nella città siciliana sono stati 37 i lavoratori impiegati per “un numero di ore nettamente superiore rispetto a quelle previste da contratto, con retribuzioni che, nei casi più gravi, si sarebbero attestate a 1,6 euro l’ora con stipendi mensili di 7-800 euro per i giovani a fronte di oltre 60 ore settimanali di lavoro”.

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Questo è quanto emerso dalle indagini portate avanti dalla guardia di finanza nel suddetto supermercato, che hanno poi portato all’arresto – per caporalato e autoriciclaggio – del rappresentante legale e del direttore commerciale della struttura. Entrambi i responsabili, al momento, sono ai domiciliari. E hanno inoltre subito il sequestro preventivo della società il cui valore è stimato in 3 milioni di euro.

Ai due responsabili, inoltre, è stata contestata “l’omessa corresponsione di retribuzioni negli anni per circa 1.600.000 euro e di contributi previdenziali per 1.150.000 euro”. Una vicenda triste e preoccupante, che solleva interrogativi pesanti. Dato che l’aver assicurato alla giustizia i responsabili, ora, non cancellerà anni di possibili soprusi subiti.

I dettagli sulla violazione alle norme di sicurezza e igiene

Dalla storia di Catania emergono altri dettagli, che acuiscono il senso di impotenza di fronte a certi comportamenti, che vanno al di là della semplice scorrettezza. Ai due indagati, infatti, la procura di Catania avrebbe anche contestato la “reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti o, comunque, sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la reiterata violazione di orario di lavoro, di periodi di riposo, dell’aspettativa obbligatoria e delle ferie”.

E non è tutto. Perché si parla anche di violazioni alle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro. In modo particolare, sarebbe venuto a galla il fatto che “buona parte dei lavoratori veniva impiegata per circa 65 ore settimanali, a fronte di contratti che prevedevano un impegno di 40 ore, fruendo di soli due riposi settimanali al mese”.


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Come erano sfruttati i dipendenti del supermercato

Come sottolineato dal procuratore Curcio, responsabile dell’indagine in corso, dalle analisi approfondite sarebbe emersa anche “una situazione di estremo stato di bisogno economico, comune a tutti i dipendenti i quali, pur consapevoli delle violazioni” avevano “accettato le condizioni…non avendo altra valida alternativa”.

I lavoratori coinvolti, aggiunge la procura, “tra la possibilità di non percepire alcuna fonte di reddito e quella di subire lo sfruttamento lavorativo, non avevano potuto fare altro che accettare e subire questo ultimo”. Ergo, le 37 vittime di sfruttamento avevano optato tutte per il male minore. E ovviamente nessuno ha battuto ciglio finché non sono venuti a galla i presunti comportamenti contestati dalla procura.

Il dramma dello sfruttamento sul lavoro in Italia

Si torna quindi al discorso generale, quello di un Paese in stato di crisi lavorativa permanente. Dove ai datori di lavoro è permesso di sfruttare i lavoratori, perché le alternative a paghe ignobili non esistono, almeno sul mercato attuale. Secondo il Pd, questa vicenda non fa che dimostrare l’estrema urgenza di “una legge sul salario minimo che il governo continua a negare in maniera sempre più incomprensibile”.

Mentre per Uil e Ulitucs l’indagine dimostra che “servono più controlli e più ispezioni, per sradicare un fenomeno diffuso”. E la Cisl propone la costituzione di “un comitato permanente interforze che affronti efficacemente tutte le forme di lavoro povero”. Al di là delle proposte, giuste e comprensibili, resta però, come al solito, il silenzio di chi ci governa. Raramente (per non dire ‘mai’), esecutivo e maggioranza si sono presi la responsabilità effettiva di quanto sta accadendo non solo nella provincia di Catania, ma in tutta la Penisola. Non sono state avanzate soluzioni plausibili. Non c’è stato un reale impegno per migliorare le condizioni di milioni di lavoratori sfruttati con paghe da fame. E ci chiediamo se con questo tipo di Governo, in questo ambito, sia davvero possibile un lieto fine.

Tags: governolavoratori dipendentisfruttamento lavorativo
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