Per la nostra rubrica Storie SFL, oggi vi raccontiamo la storia di Delia (nome di fantasia ndr), che ci scrive il suo sfogo contro un sistema secondo lei debole sotto tutti gli aspetti.
Il sistema di sostegno economico e formativo, concepito per offrire un’ancora a chi è in difficoltà, si rivela invece una trappola burocratica inefficace, come emerge dalle vostre testimonianze, inclusa quella di Delia.
A Taranto, quella da cui proviene la giovane donna, come in molte altre città italiane, il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) non solo fallisce nel suo obiettivo di reinserire i cittadini nel mondo del lavoro, ma contribuisce a prolungare situazioni di precarietà economica e psicologica.
Sommario
Toggle350€ al mese: una cifra che insulta la dignità
E’ indubbio che 350 euro al mese sono una cifra estremamente esigua per soddisfare i bisogni di una persona. Questa somma, che dovrebbe essere un aiuto, non è palesemente sufficiente nemmeno a coprire le spese basilari come l’affitto, le bollette e il cibo. Come ci fa notare anche Delia, è un insulto alla dignità umana presentare questa cifra come una “soluzione” per chi vive in condizioni di disagio.
Storie SFL: corsi di formazione, un miraggio lontano
I corsi di formazione, inoltre, che dovrebbero essere il cuore pulsante di questo sistema, vengono spesso fatti con mesi di ritardo. E se i corsi non iniziano, le erogazioni nemmeno, mettendo di fatto i percettori nelle condizioni di non poter fruire del sussidio.
“Si dovrebbe partecipare a un corso di formazione per avere questi spicci, ma a Taranto i corsi sono usciti circa dopo 7 mesi l’inizio del sussidio stesso”. 7 mesi in cui ovviamente non hanno preso nulla.
Nel frattempo, i cittadini sono obbligati ad attendere, con giornate vuote e senza prospettive. Quando finalmente arrivano, questi corsi non prevedono alcuna retribuzione aggiuntiva, obbligando le persone a investire il proprio tempo senza un reale beneficio economico.
La beffa del “Progetto Gol 1”
Per molti, la frustrazione cresce ulteriormente con l’appartenenza a categorie come il “Progetto Gol 1”. Questa categoria, che teoricamente dovrebbe accelerare il processo di reinserimento lavorativo, si traduce spesso in un nulla di fatto: “AI CPI mi rispondono che appartenendo a questa categoria, in terria dovrebbero prendermi direttamente a lavorare e quindi tergiversano”.
Le promesse mancate del sistema
L’intero sistema (SIISL incluso) sembra quindi poggiarsi su una contraddizione insostenibile: si pretende di “attivare” i beneficiari attraverso corsi e percorsi di formazione, ma i corsi non sono accessibili e se ci sono sono inefficaci. La formazione non retribuita rappresenta una mancanza di rispetto per il tempo e le esigenze di chi si trova già in difficoltà.
I fruitori chiedono giustizia
Insomma, le ingiustizie sono state innumerevoli in questi lunghi 15 mesi di disastrosa esperienza SIISL.
A 33 anni, si chiede Delia, con una vita ancora davanti, è davvero plausibile “ritrovarsi senza un lavoro , senza poter partecipare a nessun corso e campare con 350 euro?
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