Taglio Irpef 2026, cosa cambia davvero con la nuova Manovra

Redazione

2 Ottobre 2025

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Il tema del taglio Irpef torna protagonista con la Manovra 2026: il Governo punta a ridurre l’aliquota del secondo scaglione, ma la portata della misura e il reale vantaggio per i contribuenti saranno limitati e circoscritti. Vediamo cosa prevedono davvero le nuove ipotesi e chi sarà coinvolto.

Il cuore della Manovra: sconto del 2% sull’aliquota Irpef intermedia

I tecnici del Ministero dell’Economia e delle Finanze stanno lavorando a una rimodulazione selettiva dell’Irpef, con l’obiettivo di ridare respiro al ceto medio, grande ‘colonna’ della fiscalità italiana. L’intervento più probabile è il taglio dell’aliquota dal 35% al 33% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro. Sembrerebbe quindi esclusa l’ipotesi di estendere lo sconto anche ai redditi fino a 60.000 euro, opzione che comporterebbe un costo strutturale troppo elevato per le casse dello Stato (circa 5 miliardi annui contro i 2,7-2,8 miliardi dell’ipotesi attuale).

Scaglioni e simulazioni: quanto si risparmia davvero?

Secondo le simulazioni del Centro Studi di Unimpresa, il beneficio per i contribuenti sarà reale ma non eclatante. Chi ha un reddito lordo di 30.000 euro risparmierà circa 40 euro l’anno, che salgono a 240 euro per chi guadagna 40.000 euro e toccano un massimo di 440 euro per chi è a quota 50.000 euro lordi (pari a circa 37 euro al mese). Oltre questa soglia, nessun vantaggio aggiuntivo: il risparmio resta ‘congelato’ perché l’aliquota superiore – quella al 43% – non verrà alzata a 60.000 euro come ipotizzato inizialmente.

La Manovra 2026, così strutturata, mira a favorire in modo la fascia media dei lavoratori, ma il risparmio massimo resta comunque contenuto rispetto alle aspettative: secondo le stime della Fondazione Studi Commercialisti, già lo scorso anno si ipotizzavano per questa Manovra benefici tra i 37 e i 52 euro netti al mese per le fasce di reddito interessate.

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Tutti i limiti del nuovo Irpef

Nonostante l’obiettivo dichiarato sia quello di agevolare il ceto medio, gli effetti reali saranno piuttosto selettivi. Il 76,87% di tutta l’Irpef raccolta arriva da una minoranza di contribuenti (27,41%) che dichiarano oltre 29mila euro l’anno. Sul piatto, resta il dato strutturale: l’Irpef è una tassa fortemente progressiva, ma in larga parte a carico del ceto medio che sostiene anche il peso delle principali voci di spesa pubblica — pensioni, sanità, istruzione, assistenza.

Come sottolineato dal vicepremier Tajani, “se vogliamo avere più risorse per infrastrutture, sanità, ricerca, serve un sistema fiscale più equilibrato”, ma le novità in cantiere sono, almeno per ora, piuttosto circoscritte.


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Prospettive e difficoltà

Resta quindi vivo il tema del ‘disequilibrio’, con gran parte del gettito gravante proprio sui redditi medi. La Manovra 2026, giocoforza, si limita a un piccolo passo: il taglio dell’aliquota dal 35% al 33% garantirà sì un po’ d’ossigeno alle famiglie e ai lavoratori dipendenti, ma i margini di manovra sono ridotti e non si vedono all’orizzonte sconvolgimenti per i redditi più alti.

La vera sfida sarà capire se questa limatura fiscale potrà tradursi in un beneficio tangibile per chi ogni giorno sostiene il paese, o se si tratterà ancora una volta di un aiuto simbolico, con effetti limitati sulle buste paga reali.