Negli ultimi giorni, il caos attorno alle ricariche ADI ha raggiunto livelli paradossali. Code alle Poste, utenti confusi tra vecchie e nuove carte, doppi accrediti misteriosi, carte bloccate senza preavviso: un film già visto – o meglio, un disservizio annunciato – che questa volta era non solo prevedibile, ma perfettamente evitabile. Il colpevole? Non solo la gestione a dir poco approssimativa del rinnovo ADI da parte di INPS e Poste Italiane. Il vero errore di fondo – su cui nessuno sembra voler mettere l’accento – è la chiusura del servizio di visualizzazione del saldo online dell’Assegno di Inclusione da parte del Ministero del Lavoro. Ecco qui sotto i dettagli.
Addio al saldo ADI: una scelta sorprendente (ma a svantaggio dei cittadini)
Fino a qualche mese fa, ogni beneficiario dell’ADI poteva controllare gratuitamente il saldo e i movimenti dal portale web, tramite l’area personale INPS o l’app dedicata, oppure accedendo a MIA App. Un servizio ritenuto banale, ma che nel caso delle carte di welfare italiane è stato vietato per ragioni di efficienza e sicurezza, secondo la motivazione ufficiale. Il risultato, però, è stato tutto tranne che efficiente: i cittadini non sono più in grado di sapere in tempo reale se e quanto gli è stato accreditato, su quale carta e con che tempistica. In pratica, se vuoi sapere a che punto sei, devi prendere la tua carta ADI e andare fisicamente a uno sportello ATM o alle Poste. E tutto questo nel 2025, in un’Italia che si dice digitale e al passo con i tempi.
La tempesta perfetta: rinnovo e doppie carte (senza certezze)
Il primo rinnovo dell’Assegno di Inclusione era già complesso di suo. Migliaia di famiglie aspettavano la ricarica di agosto e anche l’extra legato al mese di sospensione. L’INPS aveva dato indicazioni, poi cambiate, sulle carte da usare, con la coesistenza di vecchie e nuove. E così il sistema di accredito ADI è andato in palla: alcune ricariche sono finite solo sulla nuova carta, altre su entrambe, altre ancora restano “congelate” per giorni senza spiegazione. Il risultato? Cittadini costretti a testare uno sportello dopo l’altro, magari dopo chilometri di autobus, solo per sapere se i soldi sono arrivati. Un disservizio grottesco che, se il saldo online fosse rimasto attivo, si sarebbe ridotto a…zero.Cosa sarebbe successo con il saldo ADI accessibile
Sorge allora una domanda semplice: quante file in meno ci sarebbero state alle Poste se i cittadini avessero potuto controllare saldo e movimenti dallo smartphone? Quanti avrebbero usato (giustamente) solo la carta riportante la ricarica reale, invece di rischiare doppie spese, sospensioni o addirittura obblighi di restituzione? Quanti problemi organizzativi sarebbero stati schivati senza costringere i più deboli – spesso anziani o disabili – a spostamenti stressanti per chiedere informazioni banali?
Il Ministero ha mai pensato, anche solo per un attimo, che l’accesso digitale al saldo non è “un gadget”, ma il minimo sindacale dei diritti per chi riceve un sussidio vitale come l’ADI? Anzi, uno strumento di trasparenza e responsabilizzazione, sia per chi usa la carta, sia per chi la gestisce.
Invece, ancora una volta, è la cultura della burocrazia (e del sospetto verso i poveri) a prevalere: non ti informo, non ti do strumenti, ti costringo ad affidarti al passaparola o, quando va male, alle “misteriose” comunicazioni telefoniche o agli impiegati delle Poste, che spesso ne sanno meno dell’utente.
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Le ragioni del caos ADI
In conclusione, è evidente che il caos di questi giorni non dipende solo da una malagestione tecnica. È il prodotto diretto di una scelta miope, che ha reso meno trasparente, meno accessibile e più costoso (in termini di tempo e dignità) l’accesso all’ADI.
Se il saldo fosse stato ancora visibile online, non ci sarebbero state file infinite né caos diffuso. I cittadini si sarebbero potuti affidare ai dati – e non alle chiacchiere. Insomma, se davvero l’obiettivo è essere al servizio delle famiglie in difficoltà, la prima cosa da fare (subito) è riattivare un servizio digitale efficiente e garantire il diritto di sapere, in ogni momento, dove sono finiti i propri soldi. Il pasticcio ADI è stato (anche) una scelta politica: ora che ne vediamo le conseguenze, sarebbe il caso di cambiare rotta. Sul serio.
E mentre attendiamo che il Governo torni sui suoi passi, vi suggeriamo di firmare qui la petizione per il ripristino del saldo ADI. Perché ogni firma fa la differenza. E insieme possiamo farci finalmente sentire.