Ma davvero è legale rivendere prodotti acquistati online? La rivendita di prodotti comprati su internet è un tema che interessa sempre più persone, soprattutto chi si avvicina al mondo dell’arbitraggio e del dropshipping. Ma è davvero legale comprare oggetti su internet e rivenderli senza partita IVA? Quali sono i limiti, i rischi e gli obblighi fiscali? Ecco qui sotto una guida chiara e aggiornata su questo tema, con tutti i dettagli in merito e le risposte a eventuali dubbi o perplessità.
È legale rivendere prodotti acquistati online?
Sì, la legge italiana consente di rivendere prodotti acquistati online, a patto che si rispettino alcune condizioni. Non esiste infatti un divieto generale alla rivendita: chi acquista un bene nuovo (ad esempio una borsa, un paio di scarpe, un computer) può rivenderlo anche subito dopo l’acquisto, senza dover pagare commissioni al produttore o al rivenditore originario. Questo vale anche per prodotti coperti da marchi o diritti d’autore, purché si ceda il bene materiale e non una copia digitale (ad esempio, non è consentito vendere file mp3 o ebook tramite download diretto).
Tuttavia, la situazione cambia radicalmente quando la rivendita diventa un’attività abituale e organizzata, cioè quando si entra nel campo dell’imprenditoria commerciale. E inoltre, è utile tenere a mente una differenza sostanziale, cioè quella tra la l’arbitraggio e il dropshipping, forme del tutto diverse di rivendita di prodotti.Arbitraggio e dropshipping: cosa sono e come funzionano
L’arbitraggio (o reselling) consiste nell’acquistare prodotti (nuovi o usati) a prezzi vantaggiosi, spesso su marketplace o durante promozioni, per poi rivenderli a un prezzo superiore su altre piattaforme. Il dropshipping è invece un modello di business in cui il venditore non possiede fisicamente la merce, ma la ordina dal fornitore solo dopo aver ricevuto l’ordine dal cliente finale. In seguito, il fornitore spedisce direttamente la merce al cliente finale, mentre il venditore si occupa solo della promozione e della gestione della vendita.
Entrambe le attività, al di là delle differenze, possono essere svolte online, tramite e-commerce, social network o marketplace come eBay, Amazon o Vinted.
Vendere senza partita IVA: quando è possibile?
Tornado alla rivendita abituale e occasionale di prodotti, senza partita Iva, la normativa italiana distingue nettamente tra queste due forme di “reselling”.
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Vendita occasionale
È permesso vendere prodotti acquistati online senza partita IVA solo se l’attività è occasionale, non organizzata e non rappresenta la principale fonte di reddito. Inoltre:
- L’attività non deve essere svolta con mezzi tipici di un’impresa (magazzino, sito e-commerce con carrello, pubblicità strutturata, marketing, ecc.)
- Non deve esserci una ripetitività delle operazioni commerciali né una strategia finalizzata alla crescita del business
- Le vendite devono riguardare beni di proprietà personale o di seconda mano, non un’attività sistematica di acquisto per la successiva rivendita
In genere, la soglia di riferimento per l’attività di vendita occasionale è di 5.000 euro annui di ricavi: oltre questa cifra, l’attività viene considerata abituale e scatta l’obbligo di partita IVA.
Vendita abituale e organizzata
Al contrario, se la rivendita di prodotti diventa abituale, sistematica e organizzata, è obbligatorio aprire la partita IVA, iscriversi alla Camera di Commercio e rispettare tutti gli adempimenti fiscali e previdenziali previsti per le attività commerciali.
E questo vale sia per l’arbitraggio che per il dropshipping, anche se i guadagni sono inferiori a 5.000 euro annui: il limite dei 5.000 euro, infatti, ha a che fare solo i contributi previdenziali, non con l’obbligo di partita IVA.
Obblighi fiscali e rischi per chi vende senza partita IVA
Chi vende online senza partita IVA, ma in modo abituale o organizzato, rischia:
- Sanzioni amministrative per esercizio abusivo di attività commerciale
- Multe fiscali per mancata dichiarazione dei redditi e omessa fatturazione
- Sanzioni penali in caso di evasione fiscale o vendita di prodotti non conformi alle normative (contraffazione, violazione di diritti d’autore, ecc.)
- Obbligo di risarcire eventuali danni ai consumatori in caso di prodotti difettosi o non conformi.
Inoltre, chi vende prodotti nuovi online, anche occasionalmente, deve rispettare le norme sulla tutela dei consumatori (come diritto di recesso, garanzia legale, privacy).
In sintesi, rivendere prodotti acquistati online è legale in Italia, ma solo se l’attività è occasionale e non organizzata. Arbitraggio e dropshipping senza partita IVA sono consentiti solo in casi sporadici e di modico valore. Se l’attività diventa abituale, invece, scatta l’obbligo di apertura della partita IVA, con tutti gli adempimenti fiscali e legali previsti. Operare senza regolarizzare la propria posizione espone a rischi fiscali e sanzioni anche pesanti. Quindi meglio informarsi e agire in modo trasparente fin dall’inizio.