Paghetta di Stato, la Germania pensa al futuro (e l’Italia sta a guardare) 

Redazione

4 Settembre 2025

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L’idea tedesca di una ‘paghetta di Stato’ da 10 euro al mese per ogni bambino, per costruire un primo fondo pensione pubblico a favore delle nuove generazioni, scardina molte certezze e fa inevitabilmente riflettere sull’immobilismo dell’Italia sul fronte delle politiche previdenziali. Mentre in Germania si discute seriamente la proposta del Kinderstartgeld – un fondo che, a partire dal primo gennaio 2026, garantirà a ogni bambino residente dai 6 ai 18 anni un versamento mensile esentasse destinato a restare vincolato fino alla pensione – da noi si continua a rimandare ogni riflessione profonda su una crisi sistemica che ci sta già travolgendo. Vediamo qui sotto i dettagli.

Paghetta di Stato, la Germania guarda al futuro

In Germania siamo di fronte a un piano che, almeno sulla carta, mira a responsabilizzare lo Stato e i cittadini sulla necessità di pensare a lungo termine. Non si tratta di una misura puramente simbolica: seppure l’importo sia esiguo (10 euro possono apparire un’inezia), la portata politica e culturale è enorme. Si riconosce la necessità di affiancare alla previdenza pubblica una ‘goccia costante’ di contribuzione differita. Nell’era della denatalità e della crescita esponenziale degli anziani rispetto ai lavoratori, l’equità intergenerazionale non può più essere una dichiarazione d’intenti. E il nervo scoperto, per Berlino, sta nel mettere lo Stato accanto alle famiglie, dando anche ai figli delle fasce più deboli una base di partenza.

I numeri della crisi demografica e previdenziale in Germania

Quella tedesca è una risposta concreta agli allarmi lanciati dagli esperti governativi: nel 1990, cinque lavoratori mantenevano un pensionato, nel 2021 erano tre, nel 2035 saranno due. I numeri non lasciano spazio a retorica, solo a scelte coraggiose. Scelte che invece il nostro Paese non sembra disposto a prendere in considerazione. 

Il triste immobilismo italiano

E in Italia? La discussione sul nostro sistema pensionistico si trascina senza vero slancio, tra sterili battaglie ideologiche e provvedimenti-tampone. Le riforme strutturali restano miraggi troppo costosi per Governi fragili e poco lungimiranti. Il dibattito è spesso fermo sulle ‘quote’ e sull’età pensionabile, senza alcuna visione sul futuro dei giovani e sulla sostenibilità di lungo periodo. In Italia, insomma, manca drasticamente il coraggio di sperimentare sul serio strumenti di accumulo previdenziale destinati ai più giovani: mai è stato proposto che lo Stato mettesse in moto un meccanismo simile a quello tedesco o ai modelli già presenti in Israele, USA, Canada e Regno Unito.

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Giovani e disuguaglianze: il vero nodo italiano

Ma in realtà non c’è da stupirsi granché, dato che da noi la scarsa attenzione ai giovani è la norma. Di fronte a un sistema contributivo sempre più fragile, si preferisce l’opera di ‘maquillage’ per rassicurare l’elettorato anziano – il vero bacino di consensi – piuttosto che progettare un futuro. Le famiglie che possono, fanno da sé: aprono libretti di risparmio ai figli, affidandosi al caso o a qualche iniziativa bancaria qua e là. Ma senza una regia pubblica resta impossibile colmare i gap sociali originati da condizioni familiari diseguali, e si perpetua una forbice che condanna i meno fortunati.

Il coraggio che manca al nostro Paese

Siamo in un’Italia in cui discutere di “capitale iniziale pubblico per ogni neonato” sarebbe considerato eresia dalla politica, troppo impegnata a difendere piccoli interessi e incapace di guardare oltre la scadenza della prossima legislatura. Anche laddove spunti la discussione sull’educazione finanziaria nelle scuole, tutto resta sulla carta; tanto meno si pensa a rendere sistematico l’avvicinamento dei giovani ai fondamentali della previdenza e dei mercati finanziari per garantirsi un futuro dignitoso.


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Il coraggio tedesco di discutere di queste soluzioni, per quanto perfettibili o costose, evidenzia lo spirito pragmatico di un Paese che accetta la sfida della realtà, senza nascondersi dietro ai numeri. L’Italia resta invece prigioniera di un populismo previdenziale che rischia di lasciare in eredità solo debiti e promesse non mantenute. Fino a quando continueremo a ignorare la questione, i giovani italiani saranno destinati a realizzare che lo Stato, semplicemente, non ha mai pensato a loro davvero.