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Referendum 8-9 giugno: cosa potrebbe cambiare per i percettori

Si avvicina la data del referendum 8-9 giugno. Ecco i dettagli e cosa potrebbe cambiare per i lavoratori e i percettori di sussidi.

di Redazione
6 Giugno 2025
in Attualità
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L’8 e 9 giugno 2025 gli italiani saranno chiamati a votare su cinque quesiti referendari, che potrebbero segnare una svolta storica per il mondo del lavoro e per la cittadinanza, soprattutto per chi oggi si ritrova senza occupazione o vive grazie a sussidi come ADI, SFL o AUU. Per molti, questa è una rara occasione di incidere direttamente sulle regole che determinano la sicurezza del posto di lavoro, la dignità salariale e le opportunità di integrazione. Ma cosa potrebbe davvero cambiare per i lavoratori e per chi è in cerca di un futuro più stabile? Ecco di seguito tutti i dettagli.

Sommario

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  • Referendum giugno: cinque quesiti, una posta in gioco concreta
  • Cosa cambia per i percettori
  • Cosa significa votare ‘sì’ al referendum
  • Un’occasione per cambiare davvero

Referendum giugno: cinque quesiti, una posta in gioco concreta

I referendum sono abrogativi, ciò significa che chiedono di cancellare alcune norme oggi in vigore, ripristinando tutele che negli ultimi anni sono state progressivamente ridotte. I quesiti riguardano:

  • Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti: si propone di abrogare il decreto del Jobs Act che limita il reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento ingiusto, restituendo così ai lavoratori la possibilità di riavere il proprio impiego se il giudice lo ritiene illegittimamente tolto
  • Indennità per licenziamenti nelle piccole imprese: si vuole eliminare il tetto massimo di sei mensilità di risarcimento per chi viene licenziato senza giusta causa nelle aziende fino a 15 dipendenti, lasciando al giudice la valutazione dell’indennizzo più equo
  • Contratti a termine: si punta a ripristinare l’obbligo delle “causali”, cioè delle motivazioni oggettive, per poter assumere a tempo determinato oltre i 12 mesi, contrastando in questo modo la precarietà diffusa
  • Responsabilità solidale negli appalti: si chiede di estendere la responsabilità del committente anche agli infortuni sul lavoro nelle catene di appalto, per garantire più sicurezza e tutele reali
  • Cittadinanza italiana per stranieri: si propone di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale richiesto agli stranieri per richiedere la cittadinanza italiana, in modo tale da favorire l’integrazione di chi vive, lavora e studia nel nostro Paese.

Cosa cambia per i percettori

Leggi anche  ADI e SFL, flop del Governo? Parliamo in dati
Chi percepisce l’Assegno di Inclusione, il Supporto per la Formazione e il Lavoro o l’Assegno Unico Universale conosce bene la fragilità di un sistema che spesso lascia i più deboli senza tutele reali. Oggi, chi perde il lavoro rischia infatti di trovarsi in un limbo: i licenziamenti ingiusti sono difficili da contestare, il reintegro è quasi impossibile e i risarcimenti spesso non bastano nemmeno a coprire le spese di base.

Insomma, con il passaggio dei cinque referendum abrogativi anche i disoccupati potrebbero ritrovare più facilmente lavoro. Grazie a un sistema di tutele maggiori e a risarcimenti più giusti, in grado di aiutare davvero i percettori nei periodi di difficoltà (in attesa di un nuovo impiego). Quanto ai percettori di SFL, i corsi offerti potrebbero finalmente condurre a reali opportunità lavorative, perché ci saranno incentivi in più per assumere. E le assunzioni saranno complessivamente più agevolate rispetto a prima.

Le nuove regole proposte dai referendum puntano quindi a invertire questa tendenza negativa attuale, offrendo:

  • Più sicurezza: con il ritorno al reintegro in caso di licenziamento illegittimo. Chi viene mandato via senza motivo, quindi non sarà più costretto ad accontentarsi di un’indennità minima, ma potrà davvero sperare di riavere il proprio posto
  • Meno precarietà: reintrodurre l’obbligo delle causali per i contratti a termine significa scoraggiare l’abuso di rapporti precari e favorire l’assunzione stabile, soprattutto per giovani e donne
  • Risarcimenti più giusti: nelle piccole imprese, dove lavorano milioni di italiani, il giudice potrà valutare caso per caso l’indennizzo dovuto, tenendo conto della situazione personale e familiare del lavoratore
  • Più sicurezza negli appalti: estendere la responsabilità solidale significa che chi commissiona un lavoro non potrà più lavarsene le mani in caso di incidenti o infortuni, ma dovrà garantire il rispetto delle norme di sicurezza lungo tutta la filiera
  • Maggiore integrazione: facilitare l’accesso alla cittadinanza, per chi vive e lavora in Italia da almeno 5 anni, vuol dire dare una prospettiva concreta a milioni di persone che già contribuiscono alla nostra società, favorendo così la coesione e la crescita nel nostro Paese.

Cosa significa votare ‘sì’ al referendum

In sintesi, dunque, il ‘sì’ ai referendum dell’8-9 giugno significa:


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  • Costruire un mercato del lavoro più stabile e meno precario, dove il lavoro a tempo indeterminato torni a essere la regola e non l’eccezione
  • Restituire dignità a chi lavora: nessuno dovrebbe essere licenziato ingiustamente senza possibilità di difendersi e tornare al proprio posto
  • Dare voce ai più deboli: milioni di lavoratori delle piccole imprese, spesso esclusi dalle grandi tutele, potranno finalmente vedere riconosciuti i propri diritti in modo più equo
  • Garantire più sicurezza sul lavoro, in un Paese dove ogni anno si contano ancora troppi incidenti e morti decisamente evitabili
  • Aprire le porte dell’integrazione a chi vive, lavora e cresce in Italia, rafforzando così il tessuto sociale e culturale del Paese.

Un’occasione per cambiare davvero

Il voto dell’8 e 9 giugno è uno strumento di democrazia diretta: ogni cittadino può scegliere se mantenere lo status quo o dare una spinta verso un lavoro più giusto, sicuro e dignitoso. Non si tratta solo di diritti astratti, ma di possibilità concrete per chi oggi fatica a trovare un impiego stabile, per chi ha perso il lavoro e si è ritrovato a vivere di sussidi, per chi teme che un contratto a termine sia solo l’ennesima porta girevole verso la disoccupazione.

Affinché i referendum siano validi, è tuttavia necessario raggiungere il quorum: almeno il 50% più uno degli aventi diritto deve recarsi alle urne. Non votare, come suggerisce qualcuno ai piani alti del Governo,  significa invece lasciare le cose come stanno. Chi vuole davvero cambiare le regole del gioco, chi vuole più diritti e meno precarietà, deve partecipare e portare con sé amici e familiari.

L’8 e 9 giugno può essere il momento in cui chi oggi si sente ai margini, toverà finalmente una risposta concreta. Votare ‘Sì’ ai referendum significa scegliere un’Italia più giusta, più sicura e più inclusiva. Insomma, è un’occasione da non perdere per chi sogna un lavoro stabile, per chi vuole uscire dalla precarietà e per chi desidera un futuro migliore per sé e per i propri figli. Decidere di partecipare è già un primo passo verso il cambiamento. Conviene davvero farlo.

Tags: assegno di inclusionegovernoreferendum
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