Stop a pensioni anticipate per invalidi e non vedenti: la riforma Amato, anche conosciuta come legge 503/92, ha rappresentato un importante pilastro del nostro sistema pensionistico, perché nello stabilire nuovi criteri per il pensionamento, ha al contempo previsto la tutela delle categorie di lavoratori fragili, quali invalidi e non vedenti, disponendo le norme sul loro pre-pensionamento.
Ora si va verso uno stop alle tutele. Ed è subito caos.
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ToggleStop a pensioni anticipate per invalidi e non vedenti: arriva la stretta
Il sistema pensionistico sempre più in crisi e l’affacciarsi del Bonus Maroni, che a gamba tesa fa il suo ritorno nel nostro sistema pensionistico, sono il chiaro segno della volontà del governo di mettere un freno alle pensioni, prima che il sistema previdenziale arrivi al tracollo.
Se da un lato con il bonus Maroni si è voluto chiaramente incentivare i lavoratori a rimandare la pensione, dall’altro lato la volontà dei vertici governativi di intervenire sulle pensioni in maniera drastica appare ormai chiara ed evidente: niente più sconti pensionistici, anche a invalidi e non vedenti. Ma ad una condizione: solo se hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996.
Le disparità di trattamento: si punta il dito su iniquità
Sono invece fatti “salvi” i lavoratori che hanno iniziato a lavorare fino al 31 dicembre 1995. La scelta non è casuale: si tratta della linea immaginaria che segna lo spartiacque tra pensione contributiva e retributiva.
Ma già si grida all’iniquità: invalidi e non vedenti versano in una situazione diversa rispetto ai comuni cittadini, per tanto, dividerli in due gruppi in base alla tipologia di pensione che andranno a percepire, va a risultare una grave violazione della persona. Indipendentemente dall’anno in cui hanno iniziato a lavorare, invalidi e non vedenti affrontano numerose sfide quotidiane e non possono quindi essere penalizzati sulla base dell’anno di inizio della loro professione.
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Viene da chiedersi allora come mai una legge che dovrebbe tutelare le persone con disabilità, si fa invece fautrice di trattamenti differenziati e crea disparità. In tanti infatti, anche all’opposizione, stanno auspicando una revisione legislativa in tal senso.