Storie ADI: protagonista della storia di oggi è Antonio, 45enne magazziniere di Palermo, che ha perso l’impiego nel 2023 e ha due figli adolescenti a carico. Antonio si è affidato all’Assegno di Inclusione, ma un problema legato al PAD (Patto di Attivazione Digitale) lo ho messo in una situazione estremamente grave. Ecco i dettagli e come è andata a finire per Antonio.
Storie ADI, la battaglia di Antonio tra speranza e frustrazione
Antonio (nome di fantasia), 45 anni, vive a Palermo e lavora saltuariamente come magazziniere. Dopo la perdita del suo impiego fisso nel 2023 e con due figli adolescenti a carico, ha deciso di affidarsi all’Assegno di Inclusione nella speranza di trovare un po’ di stabilità. La sua storia, fatta di attese, errori burocratici e tentativi di rialzarsi, racconta le difficoltà di chi cerca di non affondare in un sistema che spesso sembra più un ostacolo che un aiuto.
Antonio aveva sentito parlare dell’Assegno di Inclusione da un amico e, dopo vari tentennamenti, si era rivolto a un CAF a dicembre 2024 per presentare la domanda. “Non ero sicuro di avere tutti i requisiti, ma ormai ero con l’acqua alla gola”, spiega. La pratica va quindi avanti, e a gennaio 2025 arriva la conferma: domanda accolta, primo pagamento previsto per febbraio. Ma il sollievo di Antonio dura poco.
L’illusione del primo accredito e l’arrivo della sospensione
A febbraio, Antonio riceve il primo accredito: poco meno di 700 euro. “Non era la soluzione a tutto, ma almeno potevo pagare l’affitto e saldare qualche bolletta rimasta in sospeso”, racconta. Intanto i figli, finalmente, possono permettersi qualche piccolo extra, come una pizza il sabato sera o un libro nuovo per la scuola.La tranquillità però dura solo un mese. A marzo, infatti, il pagamento non arriva. Antonio si collega al portale INPS e trova la domanda sospesa per “mancata partecipazione al Patto di Attivazione Digitale”. Non aveva mai ricevuto una mail, né una chiamata: solo una notifica generica sul sito, che lui – poco pratico di tecnologia – aveva ignorato, pensando fosse solo un avviso di routine. “Mi sono sentito in colpa e arrabbiato allo stesso tempo. Possibile che basti un clic mancato per perdere tutto?”.
La corsa contro il tempo e la speranza tradita
Antonio si precipita quindi al CAF, dove gli spiegano che deve prenotare un nuovo appuntamento con i servizi sociali e attendere una nuova convocazione. Nel frattempo, le spese si accumulano e la tensione in casa cresce. “I ragazzi mi chiedevano quando sarebbe tornato il sussidio, ma io non sapevo cosa rispondere. Ogni giorno era una lotta contro l’ansia e la vergogna”.
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A fine aprile, finalmente, arriva la convocazione. Antonio partecipa all’incontro e aggiorna la sua posizione, sperando in una riattivazione rapida e magari nel recupero degli arretrati. Ma maggio passa senza novità: nessun accredito, nessuna comunicazione chiara. “Ogni volta che controllavo il conto, speravo in un miracolo. Ma non è mai arrivato”, spiega Antonio.
Un finale sospeso, tra amarezza e resilienza
A giugno, Antonio si ritrova ancora in attesa. Il CAF gli dice che la pratica è “in lavorazione”, ma nessuno sa dargli una tempistica precisa. Nel frattempo, ha dovuto chiedere aiuto ai parenti per pagare le utenze e mettere insieme la spesa. “Non volevo arrivare a questo punto”, aggiunge Antonio, “ma quando hai dei figli non puoi permetterti l’orgoglio”.
Antonio oggi vive in una situazione di incertezza, con la paura che anche un piccolo errore possa costargli tutto. “L’Assegno di Inclusione doveva essere una rete di sicurezza, invece è diventata una corsa a ostacoli”, conclude. “Non so se riuscirò mai a recuperare quello che ho perso, ma non posso permettermi di mollare.”
La storia di Antonio è quella di tanti italiani. Che tra obblighi, scadenze e notifiche poco chiare, rischiano di perdere il filo e di vedere svanire l’aiuto tanto atteso. E insomma il sistema ADI, pensato per proteggere i più fragili, a volte finisce per lasciarli ancora più soli.