Cosa è il patto di inclusione sociale? Chi deve firmarlo e quando? Vediamo insieme i punti principali del patto e come funziona.
Patto di inclusione sociale: cosa è?
Precisa la circolare INPS che: “L’obiettivo del patto di inclusione è quello di accompagnare il sostegno economico, con un progetto concretamente orientato alla rimozione delle cause che sono alla base della
condizione di povertà”
Questo significa che tutti i percettori ADI “anche se esclusi dagli obblighi di attivazione lavorativa, sono comunque tenuti ad aderire a un percorso personalizzato di inclusione sociale finalizzato alla sottoscrizione del patto di inclusione“.
Sono esclusi dall’adesione al percorso di inclusione (anche se possono parteciparvi su base volontaria) i componenti over 60, e quelli affetti da disabilità, oltre che alle donne vittima di violenza.
Inoltre, viene specificato nel successivo passaggio che: “Ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del D.M. n.154/2023, in esito alla valutazione multidimensionale dell’intero nucleo familiare effettuata dai servizi sociali, con riferimento ai soli componenti di età compresa tra i diciotto e i cinquantanove anni, che esercitano le
responsabilità genitoriali, tenuti agli obblighi di attivazione lavorativa, sono individuati i componenti attivabili al lavoro, obbligati al percorso di attivazione lavorativa”.
Nel prossimo paragrafo, poniamo degli esempi pratici per facilitare la comprensione delle disposizioni in materia.
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Patto di inclusione sociale: chi deve firmarlo?
I soggetti che devono obbligatoriamente firmare il patto di inclusione sono coloro di età compresa tra i 18 ed i 59 anni, che esercitano la responsabilità genitoriale ma che non hanno carichi di cura.
Hanno “carichi di cura” coloro che hanno:
- almeno 1 figlio fino a 3 anni di età
- un figlio disabile (o un componente del nucleo affetto da disabilità)
- almeno 3 figli minorenni
Queste persone sono esonerate dalla sottoscrizione del Patto di inclusione per ciò che riguarda gli obblighi lavorativi, e possono partecipare ai progetti di inclusione lavorativa solo su base volontaria. Sono esclusi, inoltre:
- over 65
- disabili
- donne vittime di violenza
Coloro che invece non hanno carichi di cura, non sono affetti da disabilità e non sono vittime di violenza, devono parteciparvi obbligatoriamente, e attivarsi al lavoro. Facciamo degli esempi:
- Esempio 1: nucleo composto da 2 genitori di 40 anni, un figlio di 10 e uno di 9. In questo caso, dovranno attivarsi al lavoro, poiché i figli non hanno meno di 3 anni, e hanno solo due figli minorenni.
- Esempio 2: nucleo composto da 2 genitori di 50 anni, un figlio disabile. In questo caso, se ad esempio è la madre a essere la caregiver, (la notizia dovrebbe essere comunicata ai servizi sociali durante il colloquio) allora lei sarà esonerata dalla sottoscrizione del patto di inclusione e dai relativi obblighi di attivazione al lavoro. Il padre, invece, dovrà seguire i percorsi di inserimento lavorativo, pena la decadenza dal beneficio.
- Esempio 3: nucleo composto da padre 60enne, madre 59enne, due figli di 25 e 27 anni. Il padre è esonerato dalla frequenza dei suddetti corsi e dagli obblighi lavorativi. La madre è attivabile la lavoro (perché viene calcolata nella scala di equivalenza ADI in quanto coniuge, e quindi fruisce della prestazione). I figli, invece, sono esclusi da qualsiasi obbligo, in quanto maggiorenni, e non rientranti nelle scale di equivalenza. Possono, tuttavia, fare richiesta per il Supporto per la formazione.
In sintesi, devono firmare il Patto di inclusione e attivarsi al lavoro. tutti i soggetti tra i 18 ed i 59 anni che:
- rientrano nelle scale di equivalenza
- e che che non hanno carichi di cura poiché ad esempio o figli non sono in così tenera età (seppur minorenni) o perché non hanno prossimi congiunti disabili da accudire.