La domicilio fiscale è un concetto cruciale nel diritto tributario, poiché determina quale stato ha il diritto di tassare il reddito di un individuo. In Italia, l’articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) delinea chiaramente chi è considerato soggetto passivo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). La residenza fiscale si basa sull’iscrizione anagrafica, il domicilio o la residenza ai sensi del Codice Civile, ma cosa significa concretamente essere residenti e come gestire le situazioni di acquisto o perdita della residenza nel corso dell’anno?
Cos’è il domicilio fiscale
Il concetto di domicilio, come definito dall’articolo 43 del Codice Civile, è il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari. La residena, invece, è il luogo in cui si svolge la sua vita privata.
Non sempre domicilio e residenza coincidono: una persona può avere il suo domicilio fiscale altrove, perché è lì che si svolge la sua vita lavorativa.
Residenza anagrafica
La residenza anagrafica è il luogo in cui una persona è ufficialmente registrata presso gli archivi anagrafici di una determinata municipalità o territorio. Questa registrazione è basata sull’abitazione principale di un individuo e rappresenta un elemento fondamentale per le questioni amministrative e di governo locale.
La residenza anagrafica è spesso associata al domicilio, ma a livello giuridico vi è una differenza tra le due: mentre la residenza anagrafica viene usata principalmente per scopi amministrativi (come ad esempio comunicazioni), il domicilio è quello che stabilisce gli obblighi fiscali.
Gestione della variazione di residenza
La normativa italiana, tuttavia, non fornisce una regola specifica per gestire la casistica di acquisto o perdita della residenza nel corso dell’anno, comunemente conosciuta come “split year” o “frazionamento dell’anno d’imposta“. In questi casi, si fa affidamento alle regole stabilite nelle Convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia con gli altri stati coinvolti.
Scarica la nostra app e risparmia con i bonus attivi in Italia:
Ad esempio, nelle Convenzioni con la Svizzera e la Germania, si stabilisce che una persona che trasferisce definitivamente il proprio domicilio da uno stato contraente all’altro cessa di essere assoggettata alle imposte nel primo stato non appena avviene il trasferimento. Al contrario, nel secondo stato, l’assoggettamento inizia dalla stessa data. Se il cambio di residenza è solo parziale durante l’anno, l’assoggettamento alle imposte è regolato in base alle disposizioni specifiche di ciascuna convenzione.
Inoltre, ricordiamo che il criterio della residenza, così come quello del domicilio, è spesso fondamentale per l’erogazione di bonus e sussidi, come nel caso, ad esempio, dell’Assegno Unico.
Principi di tassazione e convenzioni bilaterali
La normativa italiana, nel caso di convenzioni che non prevedono espressamente il frazionamento dell’anno fiscale, mantenga l’obbligo di tassazione in Italia per tutto l’anno d’imposta in questione, nonostante il cambio di residenza avvenuto nel corso dell’anno.
Differenza tra residenza e domicilio ai fini fiscali
In sintesi, la differenza fondamentale tra residenza è domicilio è che:
- Il domicilio, come definito dal Codice Civile, è il luogo in cui una persona “ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”;
- la residenza fiscale, d’altra parte, è più ampia e include in generale la dimora abituale del cittadino, ovvero il luogo in cui si svolge la sua sfera privata, noto anche come “dimora abituale”.