Il classico cane che si morde la coda. E la speranza di chi evade sta sempre nella prossima rottamazione. Vediamo i dettagli qui sotto.
Evasione fiscale, scatta l’allarme
L’allarme della magistratura contabile è evidente. Dal 2019 ad oggi, gli accertamenti sulle evasioni fiscali sono crollati del 34,4%. Un’enormità. E il calo dei controlli va di pari passo con la mancanza di serietà da parte degli italiani. Chi evade, infatti, se viene colto sul fatto di solito sorvola finché non arriva una salvifica rottamazione. Come riporta Il Sole24Ore: “A fronte degli importi richiesti a seguito di comunicazioni di irregolarità, solo poco più del 20% viene corrisposto”.
La drammaticità della situazione è raccontata bene dal presidente di coordinamento delle sezioni Riunite in sede di controllo, Enrico Flaccadoro. Nonostante gli avvisi bonari del Fisco, l’80% delle tasse contestate non viene mai pagato. Quindi non è una sorpresa che l’Italia sia tra i peggiori Paesi europei per evasione fiscale. E il motivo sta da una parte nel comportamento del popolo, abituato alla cultura della furbizia senza conseguenze. Ma dall’altra parte anche nel Governo, che fa i condoni, sotto elezioni, soprattutto per garantirsi i voti dell’elettorato. Poi tutto viene dimenticato.
Il problema rottamazioni
L’Italia è il Paese dell’evasione. Dunque. Ma anche delle rottamazioni. Che sono sempre più frequenti, di ogni colore politico, e arrivano (di solito) quando c’è da ricavarne un tornaconto elettorale. Il Sole24Ore parla ancora di “radicate aspettative di successive rottamazioni”, modo elegante per dire che i contribuenti italiani, se raggiunti da contestazioni del Fisco, scelgono di non rispondere in attesa di una salvezza fiscale. Quindi si preferisce farsi iscrivere a ruolo, convinti che la prossima rottamazione risolverà tutto. E in più, quando la rottamazione arriva, la maggioranza degli evasori paga solo la prima rata. Poi torna a evadere.
Altra conseguenza di questo meccanismo “diabolico”, cioè di cittadini che passano la palla al Governo e Governo che la rimanda volentieri indietro, è che il magazzino della riscossione in Italia è cresciuto vertiginosamente. Anno dopo anno, si è formata una montagna di soldi non incassati, che ora supera quota 1.200 miliardi di euro. Quasi il Pil di un piccolo Stato. E in più gli accertamenti del Fisco sono in flessione, come sottolinea la Corte dei Conti. Quindi la montagna continuerà a salire, a meno di piacevoli sorprese.
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Le colpe del Fisco e quelle dello Stato
La Corte dei conti punta il dito contro il Fisco: accertamenti in flessione e meno attenzione su chi evade. Nel 2023 sono stati circa 175mila i controlli, cioè -7,5% rispetto al 2022, e addirittura 34,4% in meno se confrontiamo il dato con il 2019. Il motivo è duplice, secondo quanto emerge da un’inchiesta de Il Sole24ore. Uno: la riduzione netta del personale che dovrebbe occuparsi degli accertamenti. Due: palese difficoltà nell’utilizzare i dati delle banche tributarie.
Alla riduzione del personale si è iniziato a far fronte, ma solo nel 2023. Il piano prevede 4.113 nuove assunzioni entro la fine di quest’anno. Però non c’è al momento soluzione per arrivare a un pieno utilizzo delle banche dati tributarie e, soprattutto, di quelle relative alle fatture elettroniche e ai rapporti finanziari. Sarebbe essenziale lo sviluppo e l’incrocio dei database, ma in ogni caso la Corte fa presente che questo non è abbastanza: il lavoro sui database “dovrebbe comunque essere affiancato da una maggiore frequenza dei controlli, non limitati alle posizioni rilevanti, ma caratterizzati da un’azione più estesa, necessaria per contrastare l’evasione diffusa”.
Quindi torniamo sempre lì, al modesto numero di controlli fiscali. Un indicatore lampante della situazione è il caso delle partite Iva destinatarie del nuovo concordato preventivo. Nel corso del 2023 sono stati eseguiti controlli solo sul 4,3% dei contribuenti soggetti agli Isa, gli indici di affidabilità fiscale. Il resto sfugge agilmente ai radar.
Insomma, come sottolinea sempre Il Sole24Ore, tutto questo “accade perché la ‘guerra’ del Fisco contro l’evasione non appare esattamente a tutto campo, sempre a leggere i numeri della Corte dei conti. Gli accertamenti, cioè la mossa principe dell’amministrazione a caccia di chi non dichiara, sono in continua flessione”. E allora lo Stato cosa propone? Qual è la soluzione del Governo, a una mancanza così evidente di introiti, a un’evasione endemica, a un menefreghismo culturale che va a braccetto con l’assenza di controlli? La risposta, sembra, è continuare a sorvolare. Si punterà sulla prossima rottamazione. Si aggiungerà qualche migliaio di funzionari per poter dire che si è fatto qualcosa. Sì, ma è davvero così?