Extraprofitti delle banche, l’ultima proposta del Governo
I tempi sono maturi. Stiamo entrando nella settimana decisiva per la definizione del Piano Strutturale di Bilancio, e la Manovra 2025 andrà chiusa entro l’inizio del prossimo mese. Ma dato che mancano ancora fondi, soprattutto per garantire le misure allo studio per famiglie e imprese, torna in auge l’idea di tassare gli extra-profitti degli istituti bancari. Si sta pensando in pratica a un ‘prelievo solidale’ dell’1-2% sugli utili degli ultimi 12 o 24 mesi, somma che darebbe un notevole contributo a misure come il taglio del cuneo fiscale, gli sgravi Irpef e il Bonus tredicesima.
Un prelievo di questo tipo, secondo gli analisti di Intermonte, potrebbe valere anche 1,7 miliardi, nel caso in cui avesse una durata di 24 mesi. Se invece il prelievo verrà applicato solo sugli ultimi 12 mesi, la cifra potrebbe arrivare a 900 milioni circa. Questa tipologia di tassazione sarebbe ossigeno per un Governo in alto mare, e avrebbe (dicono sempre gli analisti) un impatto solo “marginale” sulle banche, dato che rappresenterebbe solo lo 0,4% della capitalizzazione di mercato dei titoli coinvolti e il 3% dei loro profitti.
Ma l’idea convince solo una parte dell’esecutivo, e in più le Borse hanno già reagito malissimo a queste nuove voci di tassazione sugli extraprofitti. Nella mattinata di martedì (24 settembre), tutti i titoli del comparto finanziario sono crollati: Bper ha ceduto il 2,1%, Banco Bpm l’1,7%, Unicredit l’1,6%, Popolare di Sondrio l’1,5%, Mps l’1,3% e infine Intesa l’1,1%.
Il cortocircuito nella maggioranza
Alla pessima reazione delle Borse si aggiungono anche dissapori all’interno di maggioranza e Governo. Forza Italia si oppone assolutamente a ogni forma di tassazione sugli extraprofitti. “Siamo contrari”, ammonisce il vicepremier Antonio Tajani, “si danneggerebbero le banche di prossimità e si creerebbe incertezza sui mercati a danno dell’Italia”. Secondo il leader di FI, infatti, una tassa generalizzata sul comparto bancario sarebbe deleteria soprattutto per le banche popolari e di credito cooperativo, che invece rendono un servizio essenziale al Paese erogando prestiti a cittadini e aziende.
Molto più possibilista, al contrario, è la posizione di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni non esclude a priori un prelievo dalle banche: tutto dipenderà dall’analisi degli ultimi dati Istat. Solo allora, spiega il capogruppo alla Camera Tommaso Foti, sarà possibile valutare se “è necessario chiedere un contributo di solidarietà ad alcuni settori che sono nelle condizioni di versarlo perché hanno realizzato utili molto rilevanti in questi anni”.
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Le banche intanto fanno trapelare preoccupazione e profonda insoddisfazione. Il presidente di Abi (Associazione Bancaria Italiana), Antonio Patuelli, ha ripetutamente sottolineato che sul sistema bancario si abbattono già imposte maggiori rispetto a quelle pagate negli altri settori: c’è l’Ires 24%, la cedolare secca sui dividendi al 26%, e anche l’addizionale Ires per le banche al 3,5% e l’Irap al 5,45%. Starà a questo punto al Governo, in tempi brevi, trovare il modo di convincere gli istituti bancari da un lato, e dall’altro non scontentare una parte della maggioranza.
Cosa dicono i sindacati
Sul tema della tassazione degli extraprofitti si sono espressi anche i sindacati, schierati in sostanza dalla parte dei cittadini, delle imprese e delle famiglie italiane. Non intervenire decisamente sugli extraprofitti, dicono, sarebbe un grave errore da parte del Governo, dato che solo nei primi 6 mesi del 2024 le banche hanno già generato utili oltre i 12 miliardi di euro. Secondo uno studio di Unimpresa, le tasse pagate dalle banche nel 2023, su un totale di 40,6 miliardi di utili, ammontavano a 8,1 miliardi. Che corrisponde a una tax rate (rapporto tra tasse versate e profitti generati) di appena il 20,1%. Mentre il cittadino medio e le aziende superano stabilmente il 42% di tasse versate.
È evidente che esiste una disparità di trattamento enorme. Le banche continuano a generare profitti “monstre”, ma pagano tasse irrisorie rispetto alla maggioranza degli italiani. Un prelievo tra i 900 milioni e gli 1,7 miliardi sarebbe il minimo per contribuire al funzionamento della macchina dello Stato. E un buon Governo dovrebbe insistere su questa linea, perché ha tutto il potere per farlo.