Fisco, autonomi sotto i riflettori
Il Fisco è a caccia di evasori. È infatti emerso che da 7 mesi una task force congiunta di Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza ha puntato i riflettori sui redditi di alcune categorie di autonomi. Si va da bar e pasticcerie, che nel 2022 hanno dichiarato in media soltanto 12.266 euro, ai ristoranti, che in media si sono fermati a 15.153 euro. Ma le categorie attenzionate dal Fisco non si fermano certo qui.
Sempre nel 2022, i taxi hanno dichiarato solo 15.449 euro di reddito, mentre le discoteche hanno indicato poco di più: appena 17.566 euro. Poi seguono i meccanici e i carrozzieri, fermi a 26.851 euro, e i 26.035 euro in media degli operatori ‘balneari’. Va detto, però, che alcune categorie hanno fatto registrare redditi sensibilmente più alti: 46mila euro per gli avvocati, 55mila per i dentisti, 65mila euro per i commercialisti, fino ai 258mila euro delle società di noleggio auto. Ma ciò non toglie che le cifre riscontrate in media dal Fisco siano ben al di sotto di quanto considerato plausibile.
Gli obiettivi della task force
Se diamo un’occhiata alle tabelle su cui sta lavorando la task force del Fisco, emergono inoltre notevoli differenze di reddito da zona a zona. Un bar a Roma dichiara in media 9.412 euro, mentre lo stesso tipo di attività arriva a 13.742 euro a Napoli, e addirittura raggiunge quota 20.573 nella città di Milano. E le ‘incongruenze’ riscontrate dall’Agenzia sono ancora più evidenti nel caso degli operatori balneari: a Rimini viene dichiarato un reddito medio di 29.841 euro, molto meno di Tropea (32.769 euro) e decisamente al di sotto degli 89.132 euro di Taormina o dei 270.302 euro dichiarati a Lignano Sabbiadoro.
Sulla base di queste (preoccupanti) rilevazioni, l’obiettivo dichiarato della task force è stato quello di selezionare i contribuenti su cui puntare l’attenzione. E i risultati sono già sotto gli occhi di tutti. Nei mesi di luglio, agosto e settembre 2024, su 36mila controlli eseguiti dalla Guardia di Finanza è stata registrata la mancata emissione di uno scontrino nel 50% dei casi. Inoltre, i controlli su chi ha usufruito di regimi fiscali agevolati hanno permesso di riscontare irregolarità addirittura nel 75% dei casi. Ma la stretta del Fisco sui ‘furbetti’ sembra soltanto all’inizio.
L’accesso al concordato preventivo biennale
Nel frattempo, si avvicina una data cruciale per chi desidera evitare spiacevoli controlli mirati da parte dell’Agenzia. Entro il 31 ottobre, infatti, le partite IVA sottoposte agli indici di affidabilità (ISA) avranno l’opportunità di aderire al concordato preventivo biennale offerto dal Governo, stabilizzando così il dovuto per due anni.
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In sostanza, il Fisco proporrà alle partite IVA una cifra “bloccata” da pagare per il biennio 2024-2025, cifra basata su quanto dichiarato dai contribuenti considerati “affidabili” (cioè con 8 o più punti di ISA). E a questo si collegherà anche la possibilità di un ravvedimento per gli anni 2018-2022: chi vuole evitare controlli potrà farlo pagando il 5-10% se ha un indice ISA affidabile, il 20% se ha un indice tra i 6 e gli 8 punti, oppure tra il 30 e il 50% se considerato totalmente inaffidabile (quindi sotto i 6 punti).
Con l’ausilio di questo meccanismo l’Agenzia delle Entrate spera di convincere le partite IVA “inaffidabili” a pagare più tasse, offrendo in cambio un piccolo sconto sul dovuto e la promessa di minori controlli. Secondo le stime più recenti, il concordato preventivo potrebbe fruttare allo Stato un guadagno intorno ai 2 miliardi, che sarebbero subito utilizzati dal Governo per ridurre l’aliquota intermedia dell’Irpef dal 35 al 33%. Ma affinché si realizzino i piani dell’esecutivo, gli autonomi dovranno aderire in maniera piuttosto consistente. E non è affatto detto che questo accadrà.