Governo, la stangata per chi non ha figli
D’altronde, il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti lo faceva presente già l’anno scorso, in tempi assai meno sospetti. “Più che incentivi, serve un’azione shock”, diceva il braccio destro di Meloni, “dobbiamo eliminare i disincentivi alla natalità. Non possiamo tassare i single come i genitori, perché chi ha figli sostiene costi che alterano la progressività fiscale”. All’epoca l’idea sul tavolo era di introdurre 10mila euro di nuove detrazioni all’anno per ogni nuovo nato fino ai 18 anni di età (o all’età della laurea). Ma fu subito accantonata per i costi eccessivi: 4 miliardi all’anno cumulati. Però da allora i ragionamenti sottobanco sono continuati.
Ora che la chiusura della Manovra si avvicina, quindi, torna la domanda cruciale all’interno dell’esecutivo: come fare a incentivare le famiglie numerose senza creare un buco nel bilancio dello Stato? L’ipotesi più logica è di “rifarsi” su chi non ha figli, ovviamene senza stare a distinguere se si tratta di scelte di vita o di impossibilità fisica. Il punto è che nonostante i bonus messi in campo finora per incentivare la natalità, dal bonus mamme (che va riconfermato) al bonus nido, il tasso delle nascite in Italia continua ad essere in caduta libera. Disincentivare la scelta di non avere figli, perciò, tassando maggiormente chi non li ha, potrebbe essere l’ultima opzione concreta per realizzare il piano pro-famiglia della destra di governo.
Le misure pro-famiglia allo studio
Veniamo quindi alle misure concrete al vaglio dell’esecutivo. Parlavamo dell’assegno unico figli, che dal 1° marzo 2022 ha sostituito le detrazioni per i figli a carico (escluse quelle per i figli dai 21 anni). Meloni e Giorgetti hanno assicurato a più riprese che l’assegno non sarà cancellato, ma sulla misura pende al momento una procedura di infrazione Ue per l’esclusione illegittima degli stranieri. Quindi è molto probabile una pesante “revisione”.
Intanto si fa largo l’ipotesi di alzare i tetti che vincolano alcune detrazioni al 19% connesse alle spese sostenute dalle famiglie. Attualmente le detrazioni per le attività sportive valgono al massimo 210 euro a figlio (dai 5 ai 18 anni di età), mentre gli affitti degli studenti fuori sede arrivano al massimo a 2.633 euro. Poi ci sono le rette per gli asili nido, fino a un massimo di 632 euro a figlio, l’abbonamento per i trasporti che vale 250 euro e infine la deduzione per i contributi pagati alle babysitter, fino a 1.549 euro. Alzare ulteriormente questi tetti significa in sostanza abbassare le tasse per chi fa figli. E un aiuto simile potrebbe arrivare anche dall’aumento delle deduzioni, che farebbe scendere di conseguenza il reddito da tassare per ogni nucleo familiare. Sono operazioni costose, tuttavia, che il Governo dovrà valutare con estrema attenzione.
Se Meloni deciderà di portare avanti queste agevolazioni per chi ha figli, dovrà per forza mettere dei paletti per ridurre i costi. Come ad esempio limitare gli interventi a chi ha già due o più figli. Un aiuto in extremis potrebbe arrivare anche dallo sfoltimento delle “tax expenditures”, cioè i 625 bonus fiscali già attivi che valgono 105 miliardi. Qualche taglio potrebbe liberare fondi per le famiglie. E altri fondi, come anticipato, potrebbero arrivare da tassazioni più sostanziose per i single e per chi non ha figli.
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Il Governo prende tempo
Al momento tutte le opzioni restano sul tavolo. Si capirà se, e in che misura, il Governo sarà coerente con i propri obiettivi pro-natalità. In vista della Manovra 2025, l’ultimo tentativo per “salvare la faccia” era stato affidato al viceministro all’Economia Maurizio Leo: un bonus secco tra i 2mila e i 4mila euro per ogni figlio in più, da trasformare poi in detrazione una volta completata la riforma fiscale. Detrazione crescente, al crescere del numero dei figli: quindi del 50% da zero a un figlio, del 66% da un figlio a due figli, e tasse azzerate con il terzo e quarto figlio. Non si hanno però notizie sull’avanzamento di questa possibile misura. La cosa più probabile è che sia stata accantonata per insufficienza di fondi. Nel dubbio, il Governo prende tempo.