Illegalità e costo alle imprese, i dati
I dati di Confcommercio per l’anno appena trascorso, il 2023, sono allarmanti. L’illegalità è costata alle imprese italiane del commercio e dei pubblici esercizi 38,6 miliardi di euro. A rischio, per questo motivo, più di 268 mila posti di lavoro, e questa è soltanto la “punta dell’iceberg”. Perché andando ad analizzare nel dettaglio i numeri, sono pochi i settori che si salvano.
Si parte dall’abusivismo commerciale, che secondo Confcommercio nel 2023 è costato 10,4 miliardi di euro alle aziende, mentre il solo abusivismo nel campo della ristorazione pesa 7,5 miliardi di euro. Segue, in questa classifica davvero poco invidiabile, il “contributo” della contraffazione, che costa 4,8 miliardi, ma ancora peggio fa il taccheggio, che arriva a un valore di 5,2 miliardi di euro.
Alti costi criminali, come ferimenti, assicurazioni e spese difensive, pesano su imprese e pubblici esercizi ben 6,9 miliardi di euro. Infine, non va dimenticato l’apporto della cyber-criminalità, cioè 3,8 miliardi di costi in più. Una montagna che pesa sullo sviluppo dell’intero paese, quella delle pratiche illegali. Ed è significativo, nonché sintomatico di una tale deriva illegale, che alcune pratiche siano addirittura percepite come in aumento dagli imprenditori del terziario italiano.
L’aumento di usura e furti
Su tutte le pratiche criminali svetta l’usura. Sempre Confcommercio riferisce infatti che per il 24,4% degli imprenditori del terziario l’usura è in aumento rispetto al passato. Il 23,5% lamenta poi un aumento nel numero di furti agli esercizi commerciali, mentre il 21,3% degli imprenditori italiani ha notato una crescita nel 2023 di aggressioni e violenze, così come degli atti di vandalismo (21,1%).
Spaventa in generale la possibilità di rimanere esposti a fenomeni criminali, che è un timore condiviso da più di un imprenditore su tre. I furti rappresentano in questo senso la paura più grande: il 30,4% degli imprenditori teme per la propria incolumità, quella dei collaboratori e per la sicurezza della propria impresa. Il 22,2% degli imprenditori teme invece, fortemente, la possibilità di esposizione a usura e racket.
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La concorrenza sleale alle imprese
Altro capitolo è quello della concorrenza illegale. Sei imprese su dieci, cioè 62,8%, si considerano penalizzate dall’abusivismo commerciale e dalla contraffazione dilagante. Gli effetti più pesanti e duraturi sono quelli dati dalla concorrenza sleale (secondo il 59,9% degli imprenditori) e dalla riduzione dei ricavi (per il 29,1%).
Non giova neanche il comportamento dei singoli consumatori, che tendono a preferire prodotti contraffatti poiché acquistabili a un minor prezzo. Un consumatore su quattro (24,2%), ci dice Confcommercio, ha comprato un prodotto contraffatto o un servizio illegale nel corso del 2023. Di questi, il 70,6% ha usato un canale online, mentre il 45,6%, quasi la metà, ha concluso acquisti illegali esclusivamente online.
I prodotti contraffatti più comprati nel 2023, in Italia, risultano essere i capi di abbigliamento (64,1%), la pelletteria (32,4%) e a seguire le calzature (31%). All’italiano medio piace dunque vestire bene (ma non troppo) a patto che non si venga scoperti. Anche l’intrattenimento illegale passa dall’online: l’86,4% di musica, film e abbonamenti tv; il 65,9% dei prodotti di elettronica; il 59,5% di profumi e cosmetici; e addirittura i parafarmaci, con il 58,6%.
Le ragioni dell’illegalità nelle pratiche
Le ragioni del boom di pratiche illegali in Italia, per quanto riguarda consumatori e imprese, risultano tanto semplici quanto sconfortanti. Infatti l’acquisto di prodotti o servizi illegali è in gran parte “giustificato” da motivazioni di convenienza economica. Per il 71,3% dei consumatori, acquistare prodotti contraffatti equivale a fare un buon affare, inoltre viene ritenuto, dal 74,4%, normale e anche utile per chi si trova in difficoltà economiche. La cosa più tragica, poi, è che il 65,5% dei consumatori è ben consapevole del rischio concreto di incorrere in sanzioni amministrative. Eppure lo fa lo stesso.
C’è anche chi tenta di comportarsi legalmente, però. Il 66,4% dei consumatori è a conoscenza, infatti, che sui canali di vendita online è più facile cadere in acquisti (inconsapevoli) di merce contraffatta. Mentre al 21,5% degli intervistati è successo di acquistare online prodotti falsi con la convinzione assoluta che si trattasse di originali. C’è insomma una lotta impari, continua, tra chi acquista illegalmente per convenienza, e le imprese che tentano in ogni modo di arginare queste pratiche illegali. Difficile dire chi sta “vincendo”, al momento.