L’Istat certifica un tasso di disoccupazione ai minimi storici e un aumento degli occupati, mentre la premier Giorgia Meloni, a inizio anno, si affrettava a rivendicare con orgoglio un presunto “record” frutto dell’azione del suo Governo. Eppure dietro i numeri positivi, e gli slogan di partito, la realtà dipinta dai dati è molto diversa. L’Italia resta fanalino di coda in Europa per tasso di occupazione e lavoro femminile, gli inattivi sono ancora troppi (circa 1 su 3) e a essere sinceri, l’“onda lunga” del miglioramento economico è iniziata ben prima dell’arrivo della premier a Palazzo Chigi. In questo quadro tutt’altro che roseo, resta comunque, per il cittadino medio, qualche speranza di trovare occupazione nel settore tecnologico, uno dei pochi in costante espansione anche da noi. Vediamo qui sotto tutti i particolari.
Lavoro, i dati Istat e le dichiarazioni di Meloni
Gli ultimi dati Istat hanno certificato quanto segue: il tasso di occupazione in Italia ha raggiunto il 63%, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 4%, un livello che il Governo si è affrettato a definire “storico”. Secondo la ministra del Lavoro Elvira Calderone, dunque, “il governo Meloni può rivendicare con orgoglio” i numeri riferiti dall’Istituto Nazionale di Statistica. Ma se si analizza con attenzione, la fotografia dell’occupazione nel nostro Paese non poi è così lusinghiera.L’Italia infatti rimane ultima in Ue per tasso di occupazione, dietro a Paesi come la Grecia (63,3%), la Romania (64,2%) e la Spagna (66%). Ed è fanalino di coda anche per quanto riguarda l’occupazione femminile, ferma a un misero 53,2%. Eppure la Premier Meloni non ha esitato a rilasciare dichiarazioni roboanti. “Abbiamo il tasso di occupazione più alto dalla Spedizione dei Mille”, ha detto il capo del Governo, “e il tasso di disoccupazione più basso da quando è stato lanciato il primo iPhone”. Addirittura, la leader di Fratelli d’Italia si è dichiarata “particolarmente orgogliosa del fatto che, sotto il primo Governo guidato da una donna, il tasso di occupazione femminile sia il più alto di sempre e che per la prima volta abbiamo superato il tetto dei 10 milioni di donne lavoratrici”.
I veri meriti dell’inversione di rotta
Meloni ha anche parlato di una sostanziale “inversione di rotta”, avviata esclusivamente grazie al suo esecutivo. Ha ignorato, però, stranamente, il fatto che la crescita degli occupati sia partita in realtà durante il Governo Draghi, mentre il Governo di destra, insediatosi nell’ottobre 2022, ha semplicemente ereditato una tendenza positiva già avviata.
Secondo un’analisi di Pagella Politica, infatti, il Governo Draghi è stato il più efficace nel creare posti di lavoro, con una media di 54.200 nuovi occupati al mese, seguito da quello di Giorgia Meloni con 35.290 occupati mensili. E anche i governi Gentiloni e Renzi, in precedenza, hanno registrato crescite rilevanti: rispettivamente 27.410 e 23.210 nuovi occupati in media. Il ‘miracolo’, se c’è stato, è quindi frutto di politiche e dinamiche economiche avviate ben prima dell’entrata in carica dell’attuale esecutivo. Un dettaglio che sarebbe lecito non ignorare.
Il problema demografico e la qualità dell’occupazione
In ogni caso, al di là dei meriti di questo o quel Governo, la crescita dell’occupazione certificata da Istat presenta limiti evidenti. Un aspetto cruciale riguarda la qualità di questa occupazione. Gli ultimi due anni hanno visto l’aumento di 1 milione di lavoratori a tempo indeterminato e di 150 mila lavoratori autonomi, ma sono diminuiti di 350 mila unità i contratti a termine. Inoltre, l’incremento degli occupati è stato trainato principalmente dagli over 50, con un aumento di 800 mila unità, mentre i giovani tra i 15 e i 24 anni hanno perso complessivamente 43 mila posti di lavoro.
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Questo squilibrio riflette una dinamica demografica preoccupante: la popolazione italiana continua a invecchiare, mentre le nuove generazioni faticano a inserirsi nel mercato del lavoro. E in più rimane allarmante il dato sugli inattivi, cioè coloro che non lavorano e non stanno cercando un impiego. Nel nostro Paese, ad oggi, circa un terzo della popolazione in età lavorativa rientra in questa categoria, un dato che colloca l’Italia (ancora una volta) tra gli ultimi posti in Europa.
Lavoro tech, l’unico spiraglio di luce
Se il quadro generale del mercato del lavoro, in Italia, è tutt’altro che brillante, esiste quantomeno un un’eccezione positiva rappresentata dal settore del tech. Secondo i dati elaborati da Hunters Group, la domanda di professionisti in ambito tecnologico crescerà nel 2025 del 10%, trainata dall’espansione della digitalizzazione e dall’adozione di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale e la cyber sicurezza. In particolare, le figure più richieste saranno:
- Ingegneri esperti in IA e machine learning, con retribuzioni che variano dai 40mila ai 70mila euro annui
- Data Analyst e Data Scientist, con stipendi medi tra i 40mila e i 65mila euro
- Analisti di cybersecurity, che possono guadagnare dai 28mila ai 37mila euro a seconda dell’esperienza
- Ruoli come DevOps Engineer, Solution Architect o Cloud Engineer, che offrono prospettive di carriera interessanti e stabili.
Il settore tech rappresenta dunque una delle poche opportunità sicure di trovare lavoro, soprattutto per le giovani generazioni. Motivo per cui investire nella formazione tecnologica, oggi, dovrebbe essere una priorità per qualsiasi Governo che voglia realmente affrontare il problema della disoccupazione nel nostro Paese. Non bastano i toni trionfalistici e gli spot elettorali. E non è accettabile che l’Italia sia tra le ultime in Europa per occupazione complessiva e lavoro femminile. Se davvero si vuole un’inversione di rotta, come dichiara Giorgia Meloni, allora è essenziale investire nei settori innovativi e affrontare al contempo le disuguaglianze strutturali che ancora penalizzano il nostro mercato del lavoro. Altrimenti le parole della destra restano soltanto una promessa vuota.