Manovra 2025, i nodi del Governo
Si attendeva l’invio a Bruxelles del Piano Strutturale di Bilancio verso la metà del mese. Un passo fondamentale, definito giustamente da Repubblica come “la carta d’identità di una programmazione economica, quindi anche politica, fatta di riforme e investimenti. E di impegni sul deficit da tagliare e sul debito da contenere”. Ma il Governo temporeggia ed è già chiaro che la presentazione slitterà (almeno) a fine mese, con una palese mancanza di rispetto delle nuove regole Ue. Il secondo passo, per noi il più cruciale, è la chiusura della Manovra 2025. Una Manovra da 25 miliardi di euro, a cui però mancano al momento una decina di miliardi.
La logica economica suggerirebbe allora l’innalzamento delle tasse o altri tagli, per trovare una quadra prima della fine del mese. Ma Meloni non ha intenzione di cedere su alcuni punti promessi da tempo: il taglio del cuneo fiscale va portato a casa, così come l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef, costi quel che costi. Poi ci sarebbero altri cavalli di battaglia, come l’alleggerimento del carico fiscale per il cosiddetto ceto medio. E anche l’assegno unico (che andrà ritoccato per rimediare a delle storture nella normativa originaria). E infine il bonus mamme e un possibile ritocco di Quota 103 sul fronte pensioni. La coperta però è corta, come detto. A qualcosa il Governo dovrà rinunciare.
Il taglio delle tasse e l’operazione ceto medio
Prima priorità della Manovra: la conferma del taglio del cuneo fiscale per 14 milioni di lavoratori, cioè quelli con reddito entro i 35mila euro. Segue poi l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef, anche questo promesso a più riprese e difficilmente rimandabile. Il terzo punto cruciale, invece, è l’alleggerimento del carico fiscale per il ceto medio, che non ha potuto godere finora del taglio del costo del lavoro e neppure della semplificazione Irpef. Si parla di un totale di 8 milioni di contribuenti, per cui l’esecutivo vorrebbe ridurre l’aliquota intermedia dal 35 al 33% e rialzare da 50 a 60mila euro il limite del reddito per il secondo scaglione. Questo favore al ceto medio costerebbe però 4 miliardi di euro. Anche qui, il nodo è dove si troveranno le risorse.
L’assegno unico e il bonus mamme
Nella Manovra 2025 dovrebbe arrivare anche la conferma attesissima dell’assegno unico figli. C’è tuttavia una disputa in atto con l’Unione Europea, perché il Governo dovrà introdurre dei correttivi obbligatori per rimediare a una stortura nella normativa originaria. Infatti l’assegno unico concorre all’Isee, quindi aumenta il reddito delle famiglie numerose e ne penalizza l’accesso ad altre misure di sostegno al reddito. Un tavolo ad hoc sull’Isee avrà quindi il compito di correggere se possibile questo pasticcio.
Quanto al bonus mamme, altra misura cara a Meloni, la Manovra punta a riconfermarlo per le mamme lavoratrici e anche estenderlo (non si sa bene con quali fondi) alle lavoratrici autonome con partita Iva. Si aggiungerebbero quindi all’agevolazione 2 milioni di donne lavoratrici non dipendenti: insieme alle mamme con tre o più figli dovrebbero godere del 100% della quota dei contributi per l’invalidità, vecchiaia e superstiti a carico del lavoratore fino al 18esimo anno d’età dell’ultimo figlio. Si parla in sostanza di quasi 250 euro al mese, ovvero 3mila euro annui.
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Le altre misure allo studio per la manovra 2025
Se rimarrà qualche soldo, il Governo dovrebbe provare a intervenire per modificare Quota 103. Si sta studiando al momento un prolungamento delle finestre di uscita dagli attuali 3 mesi a 6-7 mesi, per tutti quei lavoratori che optano per l’anticipo con 42 anni e 10 mesi di contributi – 41 anni e 10 mesi per le donne – e a prescindere dall’età anagrafica.
E infine dovrebbe essere confermata la tassazione al 5% per i premi di produttività entro i 3mila euro, per tutti i redditi fino a 80mila euro. Ma il condizionale è come sempre d’obbligo.
Le scadenze in arrivo
Torniamo ora al punto di partenza. Per chiudere la Manovra 2025 il Governo è alla ricerca di 10 miliardi di euro. Ancora prima, cioè a fine settembre, il Piano strutturale di bilancio andrà notificato in Parlamento e soprattutto alla Commissione Europea. Poi entro il 15 ottobre l’esecutivo Meloni dovrà approvare il Documento programmatico di bilancio con le misure della nuova Manovra, da trasmettere nuovamente alle Camere e anche a Bruxelles. Insomma, la partita va chiusa obbligatoriamente nel giro di un mese.
Perché il entro il 30 ottobre arriverà in Parlamento la Legge di Bilancio 2025, per il via all’iter di esame che dovrà concludersi entro il 31 dicembre di quest’anno. Nel frattempo è atteso anche il giudizio sui conti italiani da parte di S&P Global e Fitch (18 ottobre) e quello di Moody’s (22 novembre). Ai piani alti c’è da rimboccarsi le maniche e, per chi è superstizioso, incrociare anche un paio di dita.
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