L’assegno di mantenimento è una misura economica riconosciuta in caso di separazione o divorzio, il suo obiettivo è quello di i garantire il sostegno al coniuge economicamente più debole.
Tuttavia, una delle questioni più dibattute riguarda il diritto a riceverlo nel caso in cui il beneficiario non si impegni attivamente nella ricerca di un lavoro.
Assegno di mantenimento: il principio di autosufficienza
Negli ultimi anni, la giurisprudenza italiana ha progressivamente ridelineato i criteri per l’attribuzione dell’assegno di mantenimento, con attenzione particolare all’autosufficienza economica dell’ex coniuge richiedente.
La Corte di Cassazione ha infatti stabilito che il mantenimento non può rappresentare una rendita vitalizia, ma deve avere una funzione di sostegno temporaneo, che incoraggi al contempo l’autonomia economica del beneficiario.
Dunque, posto tale principio, l’ovvia conseguenza è che l’assegno non rappresenta un sostegno da corrispondere a vita quanto invece un sostegno di transizione, fino a che l’ex coniuge non sarà di nuovo economicamente indipendente. Stando così le cose, l’ex partner deve quindi attivamente cercare lavoro e prodigarsi per trovare un nuovo impiego.
Obbligo dell’ex coniuge di trovare lavoro
Uno degli aspetti più rilevanti riguarda la responsabilità del coniuge economicamente più debole di attivarsi per cercare un’occupazione. Secondo diverse sentenze, chi riceve l’assegno di mantenimento ha l’obbligo di attivarsi per trovare un impiego compatibile con le proprie capacità e competenze. In caso contrario, il giudice potrebbe ridurre o addirittura revocare il contributo economico.
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Ovviamente, questo non rappresenta una costante ma tale obbligo può variare in base ai diversi casi. In diverse sentenze, infatti, vengono tenute in considerazione diversi fattori e variabili che potrebbero invertire l’obbligo di ricerca di un lavoro.
Giurisprudenza e casi pratici
Numerose sentenze hanno confermato questo da un lato l’orientamento dell’obbligo di ricerca attiva del lavoro. Ad esempio, la Cassazione ha negato l’assegno di mantenimento a un ex coniuge che, pur essendo in grado di lavorare, non aveva fatto alcuno sforzo per cercare un’occupazione.
In questi casi, il giudice valuta diversi fattori, tra cui:
- età e le condizioni di salute del richiedente;
- livello di istruzione e le esperienze lavorative;
- opportunità di impiego disponibili nel mercato del lavoro.
Chiaramente, se l’età o le condizioni di salute non lo permettono, l’ex coniuge non è obbligato a ricercare un lavoro. Tuttavia, è anche vero che viene considerato il suo livello di istruzione, le sue capacità, e le esperienze lavorative. All’interno di contesti poco scolarizzati o difficilmente impiegabili per diversi fattori o condizioni, il giudice potrebbe valutare la situazione orientandosi verso una non occupabilità del soggetto in questione.
Si tratta ovviamente di casi eccezionali, poiché salvo casi straordinari, l’ex coniuge viene quasi sempre ritenuto perfettamente idoneo all’attività lavorativa.
Se il beneficiario dimostra di essersi attivato nella ricerca di lavoro ma senza successo, il diritto all’assegno può essere confermato, anche se solo in via temporanea e soggetto a revisione.