Novità 104 legge stabilità: Il decreto-legge 48/2023, intitolato “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro“, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 4 maggio 2023. Questo decreto è stato approvato nel Consiglio dei Ministri il 1° maggio e contiene una serie di misure volte a promuovere l’inclusione sociale e favorire l’accesso al lavoro. Nonostante siano state diffuse anticipazioni dei contenuti e dichiarazioni da varie fonti, ora il testo ufficiale è disponibile e verrà presto sottoposto all’esame delle Camere per eventuali modifiche e la conversione in legge. L’analisi e le osservazioni si concentrano sugli aspetti legati alla disabilità, anche se il decreto affronta molti altri temi.
Novità 104 legge stabilità: le misure approvate
Assegno d’inclusione
Il decreto legge 48/2023 implementa la decisione del nuovo governo di rivedere e superare il Reddito di cittadinanza, introducendo una nuova misura chiamata Assegno di inclusione. Questa nuova misura limita fortemente il numero di beneficiari e modifica le formule e le procedure per favorire l’inclusione lavorativa delle persone che ricevono l’assegno.
Alcune delle formule utilizzate per calcolare i requisiti economici per accedere al nuovo beneficio sono molto simili a quelle già adottate per il Reddito di cittadinanza e il Reddito di inclusione. Tuttavia, alcuni nuovi criteri stabiliscono condizioni così restrittive da sollevare dubbi sul numero effettivo di persone che potranno accedervi, in particolare le persone con disabilità.
La logica dell’Assegno di inclusione è garantire a determinati nuclei familiari un importo annuo di 6.000 euro o, in casi eccezionali, 7.560 euro. Le due cifre sono adattate alla composizione del nucleo familiare. L’assegno copre la differenza tra i redditi già percepiti dal nucleo familiare, inclusi i sussidi di assistenza, e il limite di reddito, cioè l’importo mancante per raggiungere 6.000 o 7.560 euro moltiplicato per alcuni indicatori (scala di equivalenza) che saranno specificati successivamente.
I requisiti
Il primo requisito per accedere all’Assegno di inclusione è che il reddito del nucleo familiare non superi l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) di 9.360 euro. Questo limite è lo stesso previsto per il Reddito di cittadinanza. Va notato che nell’ISEE non vengono considerati i sussidi di assistenza erogati per la disabilità, come pensioni, assegni e indennità per le minorazioni civili. Inoltre, nell’ISEE viene preso in considerazione parte del patrimonio del nucleo, al netto di alcune franchigie.
Il secondo requisito, che va osservato attentamente, riguarda il reddito che viene preso in considerazione sia per l’accesso al beneficio che per il calcolo del suo importo. Anche qui, il meccanismo e la logica sono più o meno gli stessi adottati per il Reddito di cittadinanza.
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Il limite di reddito “base” per l’Assegno di inclusione è di 6.000 euro per l’intero nucleo familiare, lo stesso previsto per il Reddito di cittadinanza. Questo limite di reddito “base” viene elevato a 7.560 euro solo in due casi:
- Se il nucleo familiare è composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni;
- Se è composto da persone di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza.
Curiosamente, il testo del decreto non contempla l’ipotesi di un nucleo composto solo da una persona con disabilità grave o non autosufficiente o da più persone con disabilità grave, senza altri componenti, ai fini del limite di reddito maggiorato (7.560 euro).
La scala di equivalenza per l’Assegno di inclusione rappresenta la principale differenza rispetto a quella adottata per il Reddito di cittadinanza. Il limite di reddito base viene moltiplicato per diversi valori indicati nella scala di equivalenza. Il valore assegnato al nucleo che include un minore o una persona con disabilità (media, grave o non autosufficiente) o una persona di 60 anni e più è pari a 1.
A questo valore di 1 si aggiungono i seguenti valori:
- 0,5 per ogni altro componente con disabilità o non autosufficienza;
- 0,4 per ogni altro componente con età pari o superiore a 60 anni;
- 0,4 per ogni altro componente maggiorenne con carichi di cura;
- 0,15 per ogni minore di età fino a due;
- 0,10 per ogni ulteriore minore di età oltre il secondo.
Il termine “componente con carichi di cura” si riferisce a una persona presente nel nucleo in cui ci sono bambini minori di tre anni, tre o più figli minori, persone con disabilità o non autosufficienza. La dizione “ogni altro” utilizzata nel testo del decreto lascia supporre che questo valore venga conteggiato solo quando il primo componente (persona con disabilità o di 60 anni e più) sia già stato considerato per il diritto all’accesso al beneficio.
Il valore massimo ammissibile è 2,2 o 2,3 in presenza di componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza. Ad esempio:
- In un nucleo con una persona non autosufficiente e un genitore di 62 anni, il valore sarebbe 1 + 0,5 = 1,5. In questo caso, il limite di reddito sarebbe 6.000 x 1,5 = 9.000 euro.
- In un nucleo con una persona non autosufficiente e un genitore di 75 anni, il valore sarebbe 1 + 0,5 = 1,5. In questo caso, il limite di reddito sarebbe 7.560 x 1,5 = 11.340 euro.
- In un nucleo con due genitori e due minori, di cui uno con disabilità grave, il valore sarebbe 1 + 0,5 + 0,15 + 0,4 = 2,05. In questo caso, il limite di reddito sarebbe 6.000 x 2,05 = 12.300 euro.
Il valore massimo (2,3) si raggiunge, ad esempio, in un nucleo in cui ci sono due persone con disabilità non autosufficienti e due anziani. In questo caso, il reddito ammesso sarebbe di 17.388 euro (che sarebbe anche il limite massimo teorico del contributo successivo). Tuttavia, questa è una situazione molto improbabile poiché le due persone non autosufficienti probabilmente ricevono già una pensione e un aumento o sono già beneficiarie di sussidi di assistenza. Questo influisce direttamente sull’accesso al beneficio e sulla sua effettiva entità.
Va notato che il testo del decreto nella parte relativa alla scala di equivalenza presenta delle definizioni approssimative, tanto da far ritenere che quanto sopra esposto rappresenti l’ipotesi più ottimistica, nella sua incertezza.
Altri requisiti
Per poter accedere all’Assegno di inclusione, oltre ai requisiti precedentemente menzionati, sono previsti anche vincoli sul patrimonio. Questi vincoli includono:
- Il valore del patrimonio immobiliare diverso dalla casa di abitazione, come definito ai fini dell’ISEE, non deve superare i 30.000 euro, mentre il valore della casa di abitazione non deve superare i 150.000 euro ai fini dell’IMU.
- La soglia del patrimonio mobiliare, che include titoli, conti correnti e altri beni mobili, non deve superare i 6.000 euro. Questa soglia viene aumentata di 2.000 euro per ogni componente aggiuntivo nel nucleo familiare dopo il primo, fino a un massimo di 10.000 euro. Inoltre, la soglia viene ulteriormente aumentata di 1.000 euro per ogni minorenne successivo al secondo componente. I massimali sopra menzionati vengono aumentati di 5.000 euro per ogni componente del nucleo familiare in condizione di disabilità e di 7.500 euro per ogni componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza.
Questi vincoli sul patrimonio sono stabiliti per determinare l’ammissibilità e il livello di sostegno fornito attraverso l’Assegno di inclusione.
Cosa include
L’Assegno di inclusione include tutti i redditi imponibili ai fini IRPEF, redditi agricoli, redditi fondiari e altre componenti reddituali esenti da imposta. Sono inclusi anche gli assegni per il mantenimento di figli, trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, compresi i pagamenti ricevuti da amministrazioni pubbliche. Nel calcolo del reddito, vengono considerate anche le pensioni, gli assegni per invalidità, cecità, sordità e l’indennità di frequenza.
Tuttavia, le erogazioni a fronte di rendicontazione di spese sostenute e le erogazioni sotto forma di buoni servizio o altri titoli che sostituiscono servizi non sono incluse.
Il decreto prevede che chi rientra nei criteri, anche se di poco, possa comunque ricevere un beneficio minimo di 480 euro all’anno, pari a 40 euro al mese. Inoltre, è importante notare che l’accesso effettivo all’Assegno di inclusione potrebbe essere limitato, e il numero di persone con disabilità che possono beneficiarne potrebbe essere ridotto, a causa del calcolo del reddito e delle altre prestazioni assistenziali ricevute.
Come fare domanda
La domanda per l’Assegno di inclusione deve essere presentata all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale). Se il richiedente soddisfa i requisiti necessari, l’INPS informerà che, per ricevere il beneficio economico, è necessario registrarsi presso il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL) e firmare un patto di attivazione digitale. Il richiedente deve autorizzare esplicitamente la trasmissione dei dati relativi alla domanda ai centri per l’impiego, alle agenzie per il lavoro e agli enti autorizzati all’attività di intermediazione.
Secondo il decreto, il SIISL sarebbe lo strumento per attivare percorsi personalizzati per i beneficiari dell’Assegno di inclusione, garantendo il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni e promuovendo percorsi autonomi di ricerca del lavoro e il potenziamento delle competenze da parte dei beneficiari. Inoltre, il SIISL avrebbe anche scopi di analisi, monitoraggio, valutazione e controllo dell’Assegno di inclusione.
Le famiglie beneficiarie dell’Assegno di inclusione, dopo aver firmato il patto di attivazione digitale, devono aderire a un percorso personalizzato di inclusione sociale o lavorativa, con un patto di servizio personalizzato noto come patto di inclusione. I membri del nucleo familiare maggiorenni, che esercitano la responsabilità genitoriale, che non sono occupati, non frequentano corsi di studio regolari e non hanno carichi di cura, sono tenuti all’obbligo di partecipazione e devono essere attivamente coinvolti in tutte le attività formative, lavorative e misure di politica attiva previste dal progetto di inclusione sociale e lavorativa.
Sono esclusi da questi obblighi le persone di età pari o superiore ai 60 anni, le persone con disabilità e le persone affette da patologie oncologiche.
L’Assegno viene revocato se i membri del nucleo familiare non esenti non partecipano, senza giustificato motivo, alle iniziative formative o di riqualificazione o a altre iniziative di politica attiva o di attivazione, o se non rispettano gli impegni concordati con i servizi sociali nell’ambito del percorso personalizzato. La revoca viene effettuata anche se non accettano, senza giustificato motivo, un’offerta di lavoro.
Si fa presente che il decreto 48/2023 assegna ai servizi sociali il compito di valutare multi dimensionalmente i bisogni del nucleo familiare, al fine di stipulare un patto per l’inclusione. Tuttavia, il decreto non fornisce una descrizione precisa delle procedure operative, delle responsabilità, delle competenze e delle correlazioni con i servizi già esistenti, ad eccezione del fatto che la gestione informatica è affidata all’INPS.
Come viene erogato
Una volta approvato, l’Assegno di inclusione viene erogato mensilmente attraverso la Carta di inclusione. L’Assegno ha una durata iniziale di 18 mesi. Dopo questo periodo, può essere rinnovato per ulteriori 12 mesi. Tuttavia, tra un rinnovo e l’altro, è prevista un’interruzione di un mese nella erogazione del beneficio.
Incentivi per le assunzioni
Il decreto 48/2023 prevede incentivi per i datori di lavoro che assumono beneficiari dell’Assegno di inclusione, ma l’impatto potrebbe essere limitato a causa della ristretta platea dei potenziali beneficiari.
Secondo l’articolo 10 del decreto, i datori di lavoro privati che assumono beneficiari dell’Assegno di inclusione con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o mediante contratto di apprendistato possono beneficiare di un’esenzione del 100% dei contributi previdenziali per un massimo di dodici mesi, fino a un importo massimo annuo di 8.000 euro, ad eccezione dei premi e dei contributi dovuti all’INAIL.
In pratica, il datore di lavoro non verserebbe i contributi previdenziali per un anno o verserebbe solo la parte che supera gli 8.000 euro. L’esonero diventa parziale (50% con un limite di 4.000 euro) nel caso di contratti a tempo determinato o stagionale.
Questo incentivo si applica sia ai lavoratori senza disabilità che ai lavoratori con disabilità, a condizione che siano beneficiari dell’Assegno di inclusione. In tutti i casi, è previsto anche un contributo aggiuntivo del 30% per le agenzie per il lavoro, calcolato sull’esonero riconosciuto alle aziende, se queste ultime hanno svolto un’attività specifica di mediazione.
Il decreto cerca anche di formalizzare il riconoscimento del valore dell’intermediazione e dell’accompagnamento delle persone con disabilità nel loro ingresso nel mondo del lavoro. Viene previsto un contributo per gli enti che hanno svolto un’attività di mediazione per l’inserimento lavorativo e che garantiscono la presenza di una figura professionale responsabile dell’inserimento lavorativo per un massimo di 12 mesi. Il contributo può essere del 60% dell’importo riconosciuto alle aziende nel caso di contratti a tempo indeterminato e dell’80% nel caso di contratti a tempo determinato o stagionale, con un importo massimo di 4.800 euro per i contratti a tempo indeterminato e di 3.200 euro per gli altri casi, ma gli importi possono variare in base ai contributi previdenziali effettivi versati e quindi anche il contributo alle aziende potrebbe essere inferiore.
Gli enti che possono accedere al contributo
Il decreto 48/2023 include teoricamente enti del Terzo settore e imprese sociali che si occupano della tutela della disabilità, ma specifica che devono essere autorizzati all’attività di intermediazione, limitando così il numero potenziale di soggetti coinvolti. Tuttavia, il riconoscimento del ruolo e delle competenze di questi soggetti entra in contrasto con l’importo limitato del contributo massimo riconosciuto. Ad esempio, l’importo massimo di 4.800 euro dovrebbe coprire i costi dell’intermediazione (incontri, selezione, colloqui) e la presenza di una figura professionale per 12 mesi. Senza risorse aggiuntive significative, questa soluzione non sembra né attraente né sostenibile.
È importante sottolineare che la legge 68/1999 sul collocamento mirato prevede già in parte dei contributi agli enti che lavorano per il sostegno e l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità. Tali contributi potrebbero essere erogati dai Fondi regionali per l’occupazione dei disabili, ma la loro gestione e disponibilità non sono uniformi in tutto il Paese.
È inoltre opportuno ricordare che l’articolo 13 della stessa legge 68/1999 prevede incentivi significativi per l’assunzione di persone con disabilità. Il decreto 48/2023 consente la cumulabilità di questi incentivi con quelli introdotti dal decreto stesso (solo per i titolari dell’Assegno di inclusione).
In particolare, la legge 68/1999 prevede i seguenti incentivi:
- Un incentivo pari al 70% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali per ogni lavoratore con disabilità assunto con contratto a tempo indeterminato e con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% (per 36 mesi).
- Un incentivo del 35% nel caso di invalidità compresa tra il 67% e il 79% (per 36 mesi).
- Un incentivo pari al 70% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali per ogni lavoratore con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, per 60 mesi, in caso di assunzione a tempo indeterminato o di contratti a tempo determinato di almeno dodici mesi e per tutta la durata del contratto.
Come viene erogato
L’erogazione dei contributi alle aziende viene gestita dall’INPS, utilizzando specifiche risorse trasferite dallo Stato che appartengono al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, come stabilito dall’articolo 13 della legge 68/1999. Di solito, il Fondo viene rifinanziato attraverso interventi normativi, spesso inclusi nella legge di bilancio, e successivamente trasferito all’INPS per l’attuazione.
Purtroppo, da diversi anni si verifica lo stesso scenario: prima della metà dell’anno, il Fondo assegnato all’INPS si esaurisce e le richieste di incentivi rimangono in sospeso. A ciò si aggiungono i ritardi a livello ministeriale nell’assegnazione dei fondi per l’anno in corso. Nel 2023, il Fondo ammonta a 76.220.440 euro, che risulta essere insufficiente. Alla luce di queste evidenze, ci si sarebbe aspettati un intervento incisivo in un decreto sul lavoro per affrontare questa problematica.
Terzo settore e assunzioni
L’articolo 28 del decreto 48/2023 istituisce un fondo destinato a fornire un contributo agli enti del Terzo settore che assumono giovani con disabilità, nell’età compresa tra 18 e 35 anni. Per l’anno 2023, il fondo dispone di 7 milioni di euro. Si tratta di una riassegnazione delle risorse, non di nuovi finanziamenti, provenienti da un altro fondo non utilizzato chiamato “Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità“. Questo fondo era finalizzato a fornire un indennizzo agli enti che gestiscono tali strutture per gli effetti della pandemia da Covid-19, ed era inizialmente di 40 milioni di euro. Per quanto riguarda gli effetti futuri in termini di indebitamento e fabbisogno, si farà affidamento su altre fonti di finanziamento.
È importante sottolineare che le assunzioni devono coinvolgere persone con disabilità di età compresa tra 18 e 35 anni e i contratti devono essere firmati tra il 1° agosto 2022 e il 31 dicembre 2023.
Le modalità
Il decreto 48/2023 stabilisce che le modalità di ammissione, quantificazione ed erogazione del contributo, nonché le procedure per presentare le domande e i controlli, saranno definite successivamente mediante un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o dei Ministri delegati per le disabilità e del lavoro e delle politiche sociali, in accordo con il Ministero dell’economia e delle finanze. Questo decreto dovrà essere pubblicato entro il 1° marzo 2024. Ciò significa che, al momento, non è possibile determinare l’importo effettivo che sarà erogato per ogni persona assunta, né se il contributo sarà una tantum o continuativo. È importante notare che il termine per le potenziali assunzioni beneficiarie scade prima che vengano definite le modalità e i criteri per i contributi.
Le organizzazioni ammesse al contributo
Gli enti del Terzo settore, che includono le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali (incluse le cooperative sociali) e le reti associative, possono beneficiare delle disposizioni del decreto. Queste organizzazioni possono essere sia registrate ufficialmente come enti del Terzo settore, sia in fase di registrazione (trasmigrazione) presso il registro pertinente. Inoltre, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) rientrano anch’esse tra i potenziali soggetti beneficiari delle misure previste dal decreto.
Attività socio-educative a favore dei minori
L’articolo 42 del decreto istituisce un nuovo Fondo per le attività socio-educative a favore dei minori, con una dotazione di 60 milioni di euro per il 2023. L’obiettivo dichiarato è quello di sostenere le famiglie e facilitare la conciliazione tra vita privata e lavoro. Il fondo finanzierà le iniziative dei Comuni per le attività socio-educative destinate ai minori, che potranno essere realizzate anche in collaborazione con enti pubblici e privati.
Le attività supportate includono il potenziamento dei centri estivi, dei servizi socio-educativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa rivolti ai minori. Un successivo decreto di ripartizione stabilirà i criteri di assegnazione delle risorse e le modalità di controllo sull’utilizzo dei fondi trasferiti. Purtroppo, nel testo non sono fornite indicazioni specifiche sulle garanzie di pari opportunità per i minori con disabilità.