Recentemente, la Corte di Cassazione ha posto l’accento su un aspetto spesso trascurato della responsabilità infermieristica, evidenziando come la prima valutazione all’interno del Pronto Soccorso possa essere determinante, talvolta persino per la vita (o la morte) di una persona. Lo ha fatto con la sentenza n. 15076/2025 della IV Sezione penale, tramite la quale è stato respinto il ricorso di un’infermiera, condannata quindi al risarcimento danni dopo un decesso. Ecco tutti i dettagli e cosa cambierà adesso dopo la nuova sentenza della Cassazione.
Pronto Soccorso, la Cassazione ‘contro’ gli infermieri
Secondo le linee guida emanate dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2021, il triage in Pronto Soccorso – cioè il metodo di valutazione usato per assegnare un grado di priorità per il trattamento dei pazienti – deve essere affidato a infermieri esperti e formati specificamente per questo compito. Questi professionisti, quindi, devono essere sempre presenti nell’area di accoglienza, pronti a valutare i segni e i sintomi di ogni paziente per identificare situazioni potenzialmente pericolose e stabilire il corretto livello di priorità per l’accesso alle cure mediche.
Questo significa che gli infermieri di triage non sono meri esecutori di protocolli, ma rivestono “un ruolo attivo e cruciale nella valutazione della gravità delle condizioni del paziente fin dal suo ingresso, con la responsabilità di attribuire un codice di priorità che possa fare la differenza tra la vita e la morte”. Ecco spiegata, dunque, la recente sentenza n. 15076/2025 della IV Sezione penale della Corte di Cassazione. Tramite la quale, nel caso specifico preso in esame, è stato respinto il ricorso presentato da un’infermiera coinvolta in un caso di decesso per omicidio colposo. Ed è stata confermata, quindi, la condanna al risarcimento dei danni.
Il caso che ha portato alla sentenza della Cassazione
La vicenda in questione riguardava una paziente affetta da asma, arrivata in Pronto Soccorso e valutata con un codice verde, una scelta ritenuta errata che avrebbe poi portato a un ritardo critico nell’intervento medico e al successivo arresto cardiaco della suddetta paziente.
Nella sua analisi, la Cassazione ha dato particolare rilievo alle Linee Guida 2021 sul triage, considerate un riferimento essenziale per definire le responsabilità e le azioni richieste agli infermieri che operano in prima linea. Secondo queste linee, il triage non può essere considerato una mera formalità burocratica, ma è un processo complesso e dinamico che richiede competenze avanzate e capacità di analisi clinica. Gli infermieri incaricati di questa funzione devono quindi essere in grado di andare oltre la semplice raccolta dei dati, valutando attentamente i segni e i sintomi presentati da ogni paziente per individuare tempestivamente le condizioni che possono mettere a rischio la vita delle persone.
Non è compito dell’infermiere formulare una diagnosi medica, certo. Ma è invece suo dovere monitorare e sorvegliare i cosiddetti “eventi sentinella”, cioè quegli episodi avversi che possono causare morte o danni gravi e che, se non vengono gestiti correttamente, minano la fiducia dei cittadini nel Servizio Sanitario Nazionale.
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Cosa cambia dopo la sentenza sugli infermieri
La Cassazione ha dunque chiarito che l’attività dell’infermiere di triage non può e non deve ridursi alla semplice misurazione dei parametri vitali, o alla compilazione di moduli amministrativi. Invece l’infermiere è chiamato a svolgere una valutazione clinica attenta, proattiva e responsabile, intervenendo con tutte le azioni necessarie per evitare l’aggravarsi di situazioni cliniche potenzialmente critiche.
In sintesi, quindi, il triage rappresenta un momento cruciale nel percorso di cura del paziente in Pronto Soccorso. L’infermiere che lo svolge ha una responsabilità enorme, non solo dal punto di vista professionale ma anche giuridico. Perché una sua valutazione superficiale (o errata) può compromettere la sicurezza del paziente e comportare gravi ripercussioni sia per la salute che per la fiducia nella sanità pubblica. La sentenza della Cassazione ribadisce l’importanza di affidare il triage a personale preparato, consapevole e formato, capace di agire con prontezza e responsabilità per tutelare la vita e la salute di ogni persona che si rivolge al Pronto Soccorso. Altrimenti ricadrà anche sugli infermieri l’obbligo di risarcimento dei danni provocati.