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Tra reddito e speranza di vita, la voragine Nord-Sud

Si allarga la forbice tra Mezzogiorno e Nord Italia. Soprattutto in termini di sanità, speranza di vita e reddito familiare. Ecco tutti i dati.

di Tommaso Pietrangelo
15 Luglio 2024
in Attualità
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Tra reddito e speranza di vita, la voragine sempre più profonda tra Nord e Sud. Si allarga (ancora) il divario tra Italia settentrionale e Mezzogiorno: nel 2023 è stata registrata la forbice finora più ampia tra il Nord e il Sud del Paese. A parlarne è l’ultima analisi fornita dall’Istituto Demoskopika, che ha sviluppato un indice apposito per il calcolo del divario in alcuni settori chiave. Dall’occupazione alla sanità, passando per il reddito familiare e la speranza di vita. Vediamo qui sotto tutti i dettagli sulla voragine che si allarga, giorno dopo giorno, all’interno del nostro Paese.

Sommario

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  • Dal reddito alla sanità, si allarga la voragine Nord-Sud
  • La disoccupazione e il reddito familiare
  • Speranza di vita e sanità, Nord contro Sud
  • Gli indici di ricchezza e povertà
  • L’unico barlume: i tassi di occupazione
  • Cosa concludere

Dal reddito alla sanità, si allarga la voragine Nord-Sud

L’ultima analisi dell’Istituto Demoskopika traccia un quadro complicato. Si parla del divario Nord-Sud nei 10 anni che vanno dal 2013 al 2023, con un indice creato ad hoc sulla base di alcuni settori-chiave, economici e sociali. Nel periodo di riferimento, si legge, l’indice in questione ha raggiunto il massimo valore l’anno scorso (100 punti), mentre nel 2013 si attestava sui 92,5 punti. Tradotto: la forbice tra Nord e Sud si è allargata parecchio, e la colpa è soprattutto di fattori in caduta libera come il reddito, la sanità, la speranza di vita e la povertà. Pochissime purtroppo le note positive.

Ecco i settori presi in analisi dall’indagine:

  • Disoccupazione
  • Occupazione
  • Reddito familiare
  • Speranza di vita
  • Sanità
  • Ricchezza
  • Povertà

La scelta di questi settori non è stata casuale, ma ben ponderata. Ci si è basati su fattori come la reperibilità della serie storica del dato, l’ufficialità o autorevolezza delle fonti, e anche la rilevanza socio-economica dell’indicatore. Quindi il quadro che emerge può essere considerato attendibile. Vediamo punto per punto di cosa si tratta.

La disoccupazione e il reddito familiare

Prima nota dolente: la disoccupazione. Il Mezzogiorno presenta tassi di disoccupazione molto più alti rispetto al Nord. Nel 2023, la disoccupazione al Nord era stimata al 4,6%, contro il 14,0% del Sud Italia. Certo, è vero che in valori percentuali il divario sembra essersi ridotto, dal 2013 ad oggi: prima 11,5 punti percentuali di differenza sulla disoccupazione, oggi 9,4 punti. Ma quello che conta, e che preoccupa parecchio, sono piuttosto i valori in termini assoluti.

Nel Sud e nelle isole, nel 2023 i disoccupati erano il doppio di quelli del settentrione. Cioè un milione da una parte, contro 592mila persone in cerca di occupazione dall’altra. La differenza si attesta quindi sui 433mila individui: che inevitabilmente in gran parte saranno costretti a emigrare (al nord o all’estero) per trovare un qualche spiraglio di occupazione futura.


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E anche sul fronte del reddito disponibile familiare, la forbice Nord-Sud è allarmante. Si è passati da una differenza reddituale di 12.969 euro a famiglia, nel 2013, a un distacco di 16.916 euro nel 2023 (+30,4%). Ciò vuol dire che al Nord le famiglie hanno in media un potere d’acquisto ben maggiore rispetto a quelle che vivono nel Mezzogiorno. Aggiungiamoci l’inflazione, e lo spettro dell’autonomia differenziata che dovrebbe allargare la forbice ancora e ancora. E il piatto del disastro è servito.

Speranza di vita e sanità, Nord contro Sud

Un altro fattore preso in esame dall’Istituto Demoskopika è la speranza di vita. Tra Sud e Nord, anche qui, c’è parecchia disparità. La speranza di vita – cioè il numero di anni che una persona può aspettarsi di vivere – nel 2023 era di 83,6 anni nel Nord e 82,1 anni nel Sud e isole (1,6 anni di differenza). Mentre 10 anni prima, nel 2013, il distacco era più ridotto: 82,7 anni al Nord e 81,6 anni nel Mezzogiorno (quindi 1,1 anni). Perciò nel giro di una decade il sud ha perso circa cinque mesi di longevità rispetto al settentrione d’Italia. E in parte, ovviamente, c’entra la situazione sanitaria fuori controllo.

Basta fare riferimento ai livelli essenziali di erogazione dei servizi sanitari (Lea). La qualità della sanità è nettamente superiore al Nord, e il divario non ha fatto altro che crescere negli ultimi anni. Se nel 2017 l’indice segnava un distacco di 57,2 punti, nel 2022 i punti erano già 68,3. In pratica aumenta la disparità nell’accesso ai servizi sanitari essenziali (ma anche la qualità dei servizi stessi). Motivo per cui è ormai prassi recarsi al Nord per operazioni delicate o ricoveri che al Sud non sarebbero possibili.

Gli indici di ricchezza e povertà

Gli ultimi dati poco confortanti riguardano ricchezza e povertà. Il biennio 2022-2023 è stato il peggiore. Al Nord, il prodotto interno lordo pro-capite è passato da 32.919 euro nel 2013 a 36.904 euro nel 2023, mentre al Sud (nello stesso periodo di riferimento) si è passati da 17.980 euro a 19.821 euro. Quindi il divario si è allargato, ancora una volta: adesso supera i 17 mila euro.

Quanto all’indice di povertà, nel 2023 le persone a rischio povertà nel Mezzogiorno erano 4 milioni in più rispetto al Nord. In particolare, 6,7 milioni di quasi-poveri al Sud a fronte dei poco più di 2,7 milioni nel settentrione. E anche il tasso di povertà parla chiaro: nel 2023 al Nord era al 9,9%, contro il 33,7% del Sud. Una differenza di 23,8 punti percentuali. Che erano solo 22,9 punti nel lontano 2013.

L’unico barlume: i tassi di occupazione

Ma se una nota positiva c’è, in tutto questo, sta nella distanza Nord-Sud a livello di tassi di occupazione. Nel 2013 eravamo a un divario del 22,4%, che è sceso a 21,2% nel 2023. Stessa storia per il tasso di disoccupazione, con un passaggio dall’11,5 % del 2013 al 9,4% del 2023. Insomma la percentuale di occupazione aumenta in modo congruo tanto al Nord quanto nel Mezzogiorno. Tanto che nel 2023, l’occupazione al Nord si è attesta al 69,4%, e al Sud ha fatto registrare un 48,2%. Quindi un divario di 21,2 punti percentuali, rispetto ai 22,4 punti percentuali dell’anno 2013.

Ma ancora una volta, è l’analisi in valori assoluti a darci un metro giusto della situazione. Numeri alla mano, scopriamo che nel 2023, nel Mezzogiorno, erano 5,8 milioni gli occupati in meno rispetto al Nord. Quindi i tassi raccontano una verità a metà. La realtà dei fatti è molto più nera.

Cosa concludere

Viene da concludere che c’è poco da stare sereni. E non siamo solo noi a dirlo, ma anche chi da anni è di questo mestiere. Come il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio, che dopo la diffusione di questi numeri allarmanti, chiude il cerchio con un appello sentito: “Costruire un’autonomia consapevole piuttosto che differenziata o, peggio ancora, gridata. Altrimenti c’è il concreto rischio di una guerra civile psicologica e dell’acuirsi di un devastante scontro ideologico tra Nord e Mezzogiorno”.

Invece l’autonomia differenziata (e inconsapevole), voluta fortemente dal Governo, va veloce verso un’attuazione sicura. Col rischio che l’appello di Rio diventi presto, molto presto, quello di una triste Cassandra inascoltata.

 

Tags: nordredditosud
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