Per la rubrica “Sfruttamento del lavoro” oggi vi raccontiamo le storie di Igor e Pietro, due uomini del Sud, protagonisti di episodi di sfruttamento del lavoro spiacevoli ed inaccettabili.
Come i nostri Igor e Pietro, sono tantissime le persone che subiscono il peso di doversi “sottomettere” a paghe misere e spesso senza un contratto regolare, spinti dalla necessità di poter garantire a sé stessi ad ai propri cari una vita dignitosa.
Il nostro intento, come abbiamo diverse volte ribadito, è quello di dare risonanza alle vostre voci e alle vostre storie, perché chi come i protagonisti delle nostre storie si trova nella stessa situazione, trovi conforto e al contempo il coraggio di dire “basta” a situazioni ai limiti del buon senso comune.
La storia di Igor: “Ho lavorato per 4 euro l’ora e non mi hanno pagato”
Igor scrive: “Ho lavorato per una agenzia di sicurezza come portierato, a Napoli, per 4 euro l’ora. Tutte le notti per 6 giorni su 7 dalle 00 alle 08″ Il primo pagamento, scrive Igor, sarebbe dovuto avvenire “a 60 giorni” ma, dice, ” non è avvenuto”
Pur di non abbandonare il lavoro, Igor aveva deciso di non licenziarsi e attendere il pagamento, fiducioso che prima o poi sarebbe avvenuto: “Sono rimasto altri 2 mesi e niente soldi, ho denunciato tutto all’ispettorato del lavoro ma niente. Allora mi sono rivolto al mio avvocato, ho vinto la causa e l’agenzia mi deve circa 2500 euro ma il proprietario non ha nulla da perdere”.
In poche parole, neppure la sentenza di un giudice può nulla: il proprietario dell’agenzia, forse in fallimento o chissà per quale altro motivo, risulta non possedere nulla. E in Italia, la legge è chiara a riguardo: il pignoramento si può fare solo se ci sono delle somme da pignorare, ma se il debitore non risulta avere nemmeno un euro (anche per via, forse, di furberie varie) come si può costringerlo a pagare? La risposta è semplice: non si può.
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E lo sa bene Igor, che infatti, amaramente con conclude la sua lettera con la sola verità di cui è in possesso: “Morale della favola? Ho perso tempo e soldi! Bello, vero?!”.
Ci troviamo dunque di fronte a una delle grandi incongruenze che caratterizzano le storie di sfruttamento del lavoro: non solo sono sfruttato, ma tu non mi paghi nemmeno. Quale altro affronto alla dignità umana potrebbe essere compiuto da datori di lavoro completamente sordi a qualsivoglia miraggio di umanità?
Pietro: “13 anni di lavoro in nero per 16 ore al giorno”
Pietro, 53 anni, ha lavorato per 13 anni in nero, con turni stremanti: “dalle 5 del mattino alle 21“. Si tratta di un totale di 16 ore giornaliere, praticamente due giornate lavorative in una sola. La paga? Appena “20 euro al giorno”. Stiamo parlando di poco più di 1 euro l’ora. Ovviamente il tutto in nero.
Con il reddito di cittadinanza, dice Pietro, arrivava a appena a coprirci le spese “erano 500 euro ma non bastavano, perché avendo una bimba da mantenere che non vive con me, ma al cui mantenimento devo per forza provvedere, è impossibile”.
Vive in affitto, Pietro, in un alloggio popolare che era dei suoi genitori, e almeno sul fronte affitto è protetto, dato che lui stesso lo definisce “piccolo”.
Ora, dice, ha “aperto gli occhi” e ha lasciato il lavoro che lo retribuiva appena 1 euro l’ora. Ma vivendo in Calabria sperare di trovare un lavoro è impossibile e allora arriva la conclusione della sua lettera, come un colpo al cuore: “Come è possibile che la scelta sia diventata quella tra il fare lo schiavo o il farla finita?”.
Come è possibile? Ce lo chiediamo anche noi. E mai come ora, mi risuona in mente una canzone di qualche anno fa, che sembra scolpire nella pietra l’attuale situazione dell’Italia intera:
“Dov’è che i muri si sono chiusi addosso
Muri che avevamo costruito Nella sabbia e per la sabbia Forse per avere ancora a tiro l’onda?” – Vinicio Capossela