Con una circolare INPS annuncia la proroga del sostegno al reddito settore moda. La misura di sostegno si rivolge ai settori tessile, abbigliamento, calzaturiero, conciario e pelletteria (TAC).
Il messaggio sottolinea l’entità e la persistenza della crisi che attanaglia il comparto moda in Italia. L’iniziativa, prevista dal decreto legge n. 160/2024 e modificata dalla legge n. 199/2024, punta a garantire continuità di supporto per i datori di lavoro che affrontano difficoltà operative e produttive.
Sostegno al reddito settore moda: un aiuto a un settore in dilagante difficoltà
Il comparto moda, storicamente uno dei pilastri del “Made in Italy”, si trova oramai da anni sotto pressione a causa di una diversi dfattori.
La globalizzazione ha intensificato la competizione con mercati dove i costi di produzione sono notevolmente inferiori, e la pandemia, insieme alle successive crisi energetiche e logistiche hanno aggravato la situazione.
Un peso in indifferente è poi dato dalle modalità di acquisto, oramai sempre più improntate alla fast fashion e agli e-commerce. Questo ha portato ad una drastica riduzione della domanda per molte aziende italiane, e ad avvertirne il contraccolpo sono state in special modo le piccole e medie imprese.
Per questo, lo Stato ha deciso di intervenire a supporto, mettendo in atto delle misure straordinarie che rappresentano una sorta di palliativo, indubbiamente necessario.
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Proroga del sostegno al reddito
La proroga delle 12 settimane di sostegno al reddito, ora richiedibile fino al 31 gennaio 2025, evidenzia come si tratti di una misura emergenziale, che di certo, comunque, non potrà risolvere la crisi della moda non è un fenomeno passeggero, e molti esperti di settore ritengono sia necessario in futuro intervenire con aiuti strutturali piuttosto che con semplici palliativi temporanei
Una strategia emergenziale può funzionare?
La misura in oggetto, sebbene possa tornare utile, non affronta le cause profonde della crisi, come la difficoltà di accesso ai mercati internazionali, l’innovazione insufficiente e il mancato adattamento alle nuove tendenze sostenibili.
Inoltre, concentrandosi sui datori di lavoro, il provvedimento non prevede misure dirette per i lavoratori, molti dei quali rischiano di subire una riduzione delle ore lavorative o addirittura la perdita del posto.
Senza contare che gli interventi proposti non tengono conto delle sfide legate alla competitività globale del settore moda italiano, che necessita di investimenti in digitalizzazione, formazione e sostenibilità per competere con altri grandi mercati come Cina, Stati Uniti e India.
In sostanza, Il decreto legge e le successive modifiche legislative rappresentano una risposta reattiva alla crisi, ma non sfruttano appieno l’opportunità di riformare il comparto moda. In un momento storico in cui l’industria globale si sta muovendo verso l’economia circolare e la sostenibilità, il sostegno dovrebbe essere condizionato a piani di ristrutturazione e innovazione delle imprese beneficiarie.
Ad esempio, un ampliamento degli incentivi per investire in tecnologie verdi, produzione responsabile e digitalizzazione potrebbe non solo stabilizzare il settore nel breve termine, ma anche gettare le basi per una ripresa più solida e competitiva nel lungo periodo.