Il trattamento integrativo in busta paga, meglio conosciuto come bonus Irpef, è una misura nata con l’obiettivo di ridurre il cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi. Grazie a questo meccanismo, i beneficiari ricevono un incremento mensile dello stipendio, senza dover presentare richieste specifiche o affrontare procedure complesse.
Negli ultimi anni, il sistema è stato soggetto a diverse modifiche, soprattutto a seguito delle riforme fiscali introdotte dal governo. A partire dal 2025, infatti, sono previsti cambiamenti significativi per quanto riguarda gli importi, le fasce di reddito e le modalità di erogazione del bonus.
Cos’è il trattamento integrativo (o bonus Irpef)?
Il trattamento integrativo è un’agevolazione fiscale destinata ai lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, introdotta con il Decreto Cura Italia nel 2020. Il suo scopo principale è quello di aumentare il reddito disponibile per questi lavoratori, attraverso un credito d’imposta erogato direttamente in busta paga.
Questo beneficio ha sostituito il precedente Bonus Renzi, che prevedeva un importo di 80 euro al mese, aumentando la somma a 100 euro mensili, per un totale massimo annuo di 1.200 euro.
Una delle caratteristiche principali del trattamento integrativo è che non concorre alla formazione del reddito imponibile, il che significa che l’importo percepito non è soggetto a tasse o contributi previdenziali.
A partire dal 2025, a seguito della riforma fiscale, il trattamento integrativo subirà modifiche sostanziali, con un diverso sistema di assegnazione basato sugli scaglioni di reddito.
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Trattamento integrativo 2025: quali sono le novità?
Le principali modifiche introdotte nel 2025 riguardano la redistribuzione del bonus in base al reddito annuo del lavoratore. Se fino al 2024 il trattamento integrativo spettava ai lavoratori con un reddito fino a 40.000 euro, dal 2025 i criteri di assegnazione cambiano.
Le nuove fasce di reddito previste per il 2025 sono:
- inferiore a 15.000 euro: in questo caso, il lavoratore percepirà il bonus massimo di 1.200 euro annui (100 euro al mese) senza alcuna riduzione;
- compreso tra 15.000 e 28.000 euro: in questo caso, l’importo del trattamento integrativo sarà progressivamente ridotto in base al reddito;
- superiore a 28.000 euro; per questa categoria di lavoratori il bonus non sarà più erogato.
Questa riforma implica che molti lavoratori che fino al 2024 percepivano il trattamento integrativo non ne avranno più diritto. Tuttavia, per coloro che rientrano nei nuovi limiti, l’importo erogato sarà in linea con quello degli anni precedenti.
Un altro aspetto importante riguarda le detrazioni da lavoro dipendente, che continueranno a essere calcolate in base alle nuove fasce di reddito, mantenendo un sistema progressivo per evitare penalizzazioni eccessive.
Come funziona il trattamento integrativo in busta paga?
Il trattamento integrativo viene erogato direttamente in busta paga dal datore di lavoro, che opera come sostituto d’imposta. Questo significa che il lavoratore non deve presentare alcuna richiesta: l’importo viene automaticamente aggiunto alla retribuzione mensile, a condizione che rientri nei limiti di reddito previsti dalla legge.
Per determinare se un lavoratore ha diritto al bonus, il datore di lavoro effettua una stima del reddito annuale, calcolando l’importo mensile moltiplicato per 12, 13 o 14 mensilità. In base a questo calcolo, il trattamento integrativo viene:
- erogato per intero, se il reddito stimato è inferiore a 15.000 euro annui;
- erogato in misura ridotta, se il reddito stimato è compreso tra 15.000 e 28.000 euro;
- non erogato, se il reddito stimato è superiore a 28.000 euro.
Alla fine dell’anno, con il conguaglio fiscale, viene verificato se l’importo erogato è corretto o se sono necessari eventuali aggiustamenti.
Conguaglio fiscale: cosa succede se l’importo è errato?
Se, a fine anno, il reddito effettivo del lavoratore è diverso da quello stimato inizialmente, possono verificarsi due scenari:
- conguaglio a credito: il lavoratore ha ricevuto meno di quanto gli spettava e ottiene un rimborso in busta paga;
- conguaglio a debito: il lavoratore ha ricevuto più del dovuto e deve restituire l’importo in eccesso.
Se l’importo da restituire supera 60 euro, la legge prevede che il recupero avvenga in otto rate mensili a partire dalla retribuzione di dicembre.
Per evitare situazioni di debito, i lavoratori possono richiedere di non ricevere il bonus mensilmente e di percepirlo in un’unica soluzione a fine anno, quando il reddito è certo.
A chi spetta il trattamento integrativo nel 2025?
Il trattamento integrativo continua a essere destinato ai lavoratori dipendenti e ad alcune categorie specifiche. In particolare, possono beneficiarne:
- lavoratori subordinati con contratto a tempo determinato o indeterminato;
- soci lavoratori di cooperative;
- dipendenti in cassa integrazione (CIG ordinaria, straordinaria, in deroga);
- collaboratori a progetto (co.co.co e co.co.pro);
- stagisti e tirocinanti;
- lavoratori socialmente utili;
- disoccupati percettori di NASpI o DIS-COLL;
- lavoratrici in maternità obbligatoria e lavoratori in congedo parentale;
- addetti della Pubblica Amministrazione.
Sono invece esclusi:
- pensionati;
- lavoratori autonomi e titolari di partita IVA;
- lavoratori con redditi superiori a 28.000 euro annui;
- incapienti (coloro che hanno un reddito troppo basso per pagare l’Irpef).
Quando viene pagato il trattamento integrativo?
Il bonus è integrato direttamente nella busta paga mensile e viene calcolato in base alla stima del reddito annuale.
Tuttavia, per i lavoratori che percepiscono NASpI o altre indennità, il pagamento può avvenire in un’unica soluzione tra luglio e agosto dell’anno successivo.
Chi ritiene di non avere diritto al bonus può rinunciare all’accredito mensile, per evitare di dover restituire eventuali somme in eccesso in fase di conguaglio fiscale.