Banche, dietrofront del Governo sugli extraprofitti
Continua il periodo d’oro delle banche italiane, dove l’aumento dei tassi d’interesse ha significato aumento (colossale) dei guadagni rispetto ai costi. Il fenomeno è in continua crescita, anche rispetto agli anni passati. E Il Sole 24 Ore ce ne dà una prova: sui guadagni dei primi 6 mesi del 2024, le banche italiane devono allo Stato tasse per 5,2 miliardi di euro, contro i 4,5 miliardi dell’anno scorso. Però queste sono imposte “normali”, per così dire, cioè quelle che gli istituti pagano ogni anno sui loro profitti, al pari di una qualsiasi azienda italiana.
Invece il punto cruciale sono gli extraprofitti. Perché l’aumento dei tassi d’interesse a livello comunitario ha permesso alle banche di generare ricavi superiori ai costi sostenuti. C’è quindi un margine elevato che si potrebbe tassare, e infatti nelle settimane passate circolavano voci su una probabile imposta straordinaria in arrivo, da parte del Governo. Anche perché si deve trovare in fretta un modo di far quadrare la prossima Legge di Bilancio. E invece il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha smentito tutto.
Il rappresentante del Governo Meloni ha detto che “non ci sarà un’altra tassa sugli extraprofitti”, ma “sui profitti sì”, perché “le banche come tutte le altre realtà che fanno utili e che stanno bene saranno chiamate a contribuire come tutti i cittadini”. Ma il messaggio risulta poco chiaro, dato che le banche hanno sempre contribuito pagando imposte sui profitti “normali”. Come è giusto che sia. E va anche ricordato che l’anno scorso l’esecutivo aveva già tentato una specie di extra-tassa sulle banche – annunciata a sorpresa e poi in pratica abortita –, con l’unico effetto di far crollare in borsa il valore delle banche italiane.
La misura del 2023 aveva per lo più un valore ideologico. Non era una vera tassazione sugli extraprofitti: era solo un modo per dimostrare che il Governo stava facendo qualcosa (qualsiasi cosa) per risolvere l’aumento dei tassi. Ma il tentativo si è rivelato talmente maldestro, che le banche hanno aggirato il provvedimento e hanno finito per non pagare.
I risultati delle banche italiane nel 2024
Quindi quest’anno il problema ritorna. È giusto che le banche italiane guadagnino così tanto, continuando a non pagare? Un’analisi de Il Sole 24 Ore ci aiuta a capire l’entità dei profitti di cui stiamo parlando. Nel primo semestre del 2024, sono stati presi in considerazione i guadagni delle 8 banche italiane più importanti: Unicredit, Intesa Sanpaolo, MPS, Banco Bpm, BPER, Credem, Popolare di Sondrio e Credit Agricole Italia. Queste hanno ottenuto complessivamente un profitto di 13 miliardi di euro, superiore anche agli 11 miliardi dell’anno prima, che già erano fuori scala.
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Ancora più impressionante è il confronto con il 2022. L’utile delle banche nei primi 6 mesi di quest’anno è già superiore all’intero utile annuale del 2022, pari a 12,5 miliardi di euro. È palese che qualcosa non quadra. Più di un istituto si sta approfittato del meccanismo dei tassi al rialzo per fare soldi facili. Non tassati. Mentre il cittadino medio fatica a mettere insieme uno stipendio dignitoso.
L’aumento dei tassi d’interesse
Come abbiamo accennato, il comportamento delle banche è in parte determinato (però non giustificato) da quello che fanno le banche centrali. In tutto il mondo vengono alzati centralmente i tassi d’interesse, per tenere a bada l’inflazione. Ma se i risultati sono ottimi per le banche, le famiglie e le imprese arrancano. Ad esempio, in Italia lo scorso ottobre i prezzi sono risultati più alti dell’11,9% rispetto all’anno precedente. E anche in tutta la zona Euro si sono toccate medie del 10% in più.
Come conseguenza, la scelta fatta per arginare i prezzi è stata alzare i tassi d’interesse. Dal luglio 2022, la Banca Centrale Europea ha aumentato i tassi di riferimento di oltre 4 punti percentuali. Sono cresciuti in particolare:
- Dallo 0 al +4,75 % gli interessi che la BCE chiede alle banche commerciali, per fornire loro liquidità
- Da -0,5 a +4 % gli interessi sui depositi, ovvero il rendimento che la BCE garantisce alle banche che depositano fondi presso le sue casse
Come ci guadagnano le banche
Tornando alle nostre banche. La risposta ai tassi UE è stata l’aumento del margine di interesse, che sarebbe il guadagno ottenuto dai prestiti a famiglie e imprese. Secondo Il Sole 24 Ore, nei primi 6 mesi del 2024 questo margine d’interesse è stato – per i primi 8 istituti del Paese – di 21,7 miliardi di euro. Che è un aumento (clamoroso) del 9 per cento rispetto al primo semestre del 2023.
E dietro questi numeri si nasconde il vero “trucchetto” ai danni del cliente finale. Infatti, da un lato le banche hanno aumentato ampiamente i tassi dei prestiti (di 2,52 punti) perché sono quelli che le stesse banche percepiscono. Invece i tassi sulla raccolta, cioè quelli che le banche devono pagare ai clienti, sono magicamente aumentati solo di 0,8 punti percentuali. Tradotto: molte più entrate, uscite contenute.
È chiaro allora che il “giochino” delle banche continua a fruttare extraprofitti che sfuggono a ogni controllo. Il periodo d’oro degli istituti bancari prosegue, perché qualcuno se ne approfitta e nessuno interviene per regolamentare un meccanismo generato (purtroppo) dalla doppia sventura del Covid e della guerra. Ed è altrettanto ovvio che spetterebbe al Governo, cioè a Giorgetti e colleghi, il compito di regolamentare questo fenomeno. Le tasse sugli extraprofitti bancari sarebbero necessarie come l’aria, in questo momento. Ma nulla viene fatto. Come se ci fossero interessi troppo potenti per essere scalfiti. Come se si preferisse accontentare chi sta in alto, invece che fare del bene a chi fatica ad arrivare a fine mese. Questo è il punto.