Con la Manovra 2025, il Governo ha annunciato nuove misure fiscali per la regolamentazione del mercato delle criptovalute e per riformare la tassazione digitale. Si parla, in sostanza, di un aumento dell’aliquota fiscale sulle plusvalenze derivanti da Bitcoin e della rimozione della soglia minima per l’applicazione della cosiddetta Web Tax. Vediamo qui sotto tutti i dettagli.
Bitcoin, aumenta l’aliquota sulle plusvalenze
Tra le novità in Manovra annunciate dall’esecutivo, spicca un intervento deciso in favore della regolamentazione del mercato delle criptovalute. Una delle proposte-chiave, presentata (tra le proteste) dal viceministro all’Economia Maurizio Leo, riguarda l’aumento dell’aliquota fiscale sulle plusvalenze da Bitcoin. Secondo i piani del Governo, questa aliquota dovrebbe passare dall’attuale 26% al 42% per i guadagni superiori a 2.000 euro. L’aggravio delle imposte scatterà dal 2025, rendendo l’Italia uno dei Paesi con la tassazione più alta in assoluto per gli investitori in criptovalute, insieme alla Danimarca e all’Islanda.Si tratta di una misura che rientra in un piano più ampio contro l’evasione fiscale, che ha lo scopo di recuperare risorse e di regolamentare meglio un settore relativamente nuovo come quello delle criptovalute. L’obiettivo è quindi duplice: incrementare le entrate fiscali, da una parte, e migliorare la trasparenza e la compliance del settore dall’altra. Questo perché, con la rapida crescita del mercato delle criptovalute, si è ritenuto necessario un aggiornamento delle normative fiscali così da garantire una maggiore equità.
Come si può desumere dai dati dell’Osservatorio Blockchain & Web 3 (della School of Management del Politecnico di Milano), la super tassazione sulle plusvalenze da Bitcoin andrà a colpire oltre 3,6 milioni di italiani. Di questi, quasi un terzo (il 32%) avrebbe effettuato acquisti su una Borsa di criptovalute, il 17% acquisti diretti tramite servizio di wallet e il 38% acquisti indiretti, attraverso app bancarie e servizi di trading tradizionali. Resta comunque alto lo scetticismo degli esperti e degli operatori del settore.
“Questa misura”, ha infatti sottolineato Giacomo Vella, Direttore dell’Osservatorio Blockchain, “non solo accrescerà il carico fiscale per gli investitori in bitcoin e altre criptovalute, ma potrebbe generare una serie di effetti negativi. Gli operatori del settore temono che l’aumento dell’aliquota scoraggerà nuovi investimenti, riducendo l’interesse degli investitori e compromettendo lo sviluppo dell’ecosistema blockchain che stava prendendo piede nel paese”. Inoltre, ha aggiunto sempre Vella, si rischia “di creare un’asimmetria tra il settore emergente delle criptovalute e il mercato tradizionale degli strumenti finanziari, come gli ETF. Mentre la tassazione delle criptovalute subisce questo aumento significativo, gli ETF e altri prodotti finanziari continuano a essere regolamentati da un regime fiscale diverso e spesso meno oneroso”.
Le novità sulla Web Tax
Oltre all’intervento su Bitcoin e criptovalute, il Governo ha previsto in Manovra anche una riforma importante della cosiddetta Web Tax. Questa prevede l’eliminazione della soglia di 750.000 euro al momento necessaria per l’applicazione della tassa. Ciò significa che la Web Tax sarà applicabile anche alle aziende con ricavi inferiori a questa soglia, ampliando notevolmente il numero di soggetti tassabili all’interno del settore digitale. Anche in questo caso, l’obiettivo della riforma è quello di garantire una maggiore equità fiscale complessiva, andando a colpire soprattutto i giganti del tech, cioè le grandi piattaforme digitali internazionali, che pur generando profitti in Italia tendono a pagare poche tasse.
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Entrambe le misure fiscali, tanto l’aliquota sulle plusvalenze da Bitcoin quanto l’estensione della Web Tax, rappresentano un deciso passo verso una regolamentazione più stringente. Potrebbero però comportare nuove sfide per gli investitori e per le aziende, che dovranno sapersi adattare a un regime fiscale più rigido e inclusivo. Resta tuttavia da vedere quale sarà l’effetto complessivo delle misure sul mercato italiano. E soprattutto cosa accadrà alle piccole realtà digitali, in teoria più svantaggiate dall’entrata in vigore delle riforme.