Categoria fragili ADI e carichi di cura: per “fragili” si intende coloro che sono affetti da disabilità (e talvolta anche i loro caregivers). Rientrano inoltre nella categoria fragili i nuclei con almeno 1 figlio al di sotto dei 3 anni, o tre/più figli minori.
Per queste “microcategorie” , sottogruppo delle categorie già tutelate dall’assegno di inclusione, vigono speciali disposizioni rispetto agli “ordinari” obblighi di attivazione sociale e lavorativa. Vediamo come vengono tutelati i “fragili” dalle disposizioni attuali.
Categoria fragili ADI e carichi di cura
Come infatti lo stesso Urp specifica, “i carichi di cura sono valutati con riferimento alla presenza di minori di tre anni o di tre o più figli minori di età o di componenti il nucleo familiare con disabilità o non autosufficienza”.
Coloro che hanno carichi di cura, sono infatti esonerati da tutta una serie di doveri che in realtà vigono in capo ai percettori ADI. Dalla firma del Patto di servizio personalizzato alla scelta delle agenzie per l’impiego, (quindi gli obblighi lavorativi in generale), passando talvolta (in base alla gravità delle situazioni) anche per la firma dei Patti per l’inclusione sociale, che escludono dall’obbligo disabili (e in alcuni casi anche i loro caregiver).
In sostanza, l’essere caregiver di disabili, minori di anni 3, o di 3 o più figli minorenni, concede a coloro che si trovino in tale situazione di non partecipare ai progetti di inclusività sociale e/o lavorativa.
PAIS e PSP: quali sono le differenze?
Il PAIS è un patto di inclusione sociale che va firmato a prescindere dalle condizioni di occupabilità delle persone presenti nel nucleo.
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Il Patto di Servizio Personalizzato (PSP) è invece un patto che va firmato quando, dopo il colloquio con i servizi sociali (che ricordiamo, deve avvenire entro 120 giorni dalla sottoscrizione del PAD del nucleo) tra i membri del nucleo percettore vi siano persone occupabili.
Infatti, ci ricordano sempre le fonti ministeriali, che anche i membri che sono esonerati dall’obbligo di inclusione lavorativa devono comunque partecipare ai progetti di inclusione sociale: “I beneficiari dell’Adi, anche se esclusi dagli obblighi di attivazione lavorativa, sono comunque tenuti a aderire ad un percorso personalizzato di inclusione sociale attraverso la sottoscrizione del patto di inclusione”-
Fanno eccezione a tale obbligo:
- i componenti del nucleo familiare con disabilità (e i loro caregiver); o coloro che hanno età pari o superiore a 60 anni;
- coloro che sono inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere.
Per queste persone opera quindi l’esonero dalla partecipazione tanto all’inclusione lavorativa quanto a quella sociale. Fermo restando che sono comunque tenuti, ogni 90 giorni, a presentarsi presso i servizi sociali per fare il punto della situazione.
Ricordiamo comunque che per quanto concerne la firma del patto di inclusione sociale da parte dei caregiver, sono i servizi sociali a valutare di volta in volta le situazioni. Inclusione sociale significa anche partecipare ai progetti nei limiti della disponibilità del percettore del sussidio: in questi casi, di concerto con i servizi sociali, si potrebbe pensare alla partecipazione di tali caregiver a progetti determinati che non vadano a inficiare le loro capacità di prendersi cura dei familiari disabili presenti nel nucleo.