La Camera dei Deputati, con 151 voti favorevoli e 111 contrati, ha approvato in via definitiva il decreto legge Fiscale collegato alla Manovra 2025. Con questo provvedimento si anticipano misure fondamentali in materia di imposte e vengono introdotte anche importanti novità, come l’estensione del Bonus Natale alle famiglie monogenitoriali e la riapertura del concordato preventivo biennale. Fa già discutere, tuttavia, l’aumento del finanziamento ai partiti attraverso il 2 per mille, così come il ritorno del canone Rai a 90 euro. E anche il fatto che il tanto decantato bonus natalizio andrà in realtà in misura ridotta a chi è precario. Vediamo qui sotto tutti i dettagli.
DL fiscale, dal Bonus Natale al concordato
Con l’approvazione alla Camera è ufficialmente convertito in legge il dl Fiscale recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale e in favore degli enti territoriali”. Si tratta di un provvedimento contestuale alla Legge di Bilancio 2025, che anticipa importanti interventi in materia fiscale e introduce anche novità in diversi ambiti, a partire dall’estensione del cosiddetto Bonus Natale. L’indennità una tantum da 100 euro, che arriverà con le tredicesime, è stata estesa a una platea di 4,5 milioni di lavoratori dipendenti, con redditi fino a 28 mila euro e almeno un figlio a carico (riconosciuto, affidato o adottivo).Inizialmente la misura prevedeva come ulteriore requisito il coniuge a carico, ma il Governo ha deciso di eliminare all’ultimo questo paletto, includendo quindi nel bonus le famiglie monogenitoriali. Il Bonus Natale verrà perciò riconosciuto anche al nucleo monogenitoriale in cui l’altro genitore è deceduto, non ha riconosciuto il figlio nato fuori dal matrimonio o nel quale il figlio è stato adottato da un solo genitore. Tuttavia, fa già discutere il fatto che il nuovo bonus sarà finanziato con 200 milioni sottratti (di fatto) all’assegno di inclusione, per il solito ‘spot’ elettorale che avrà un impatto risibile sul reddito dei lavoratori poveri.
Oltre al Bonus Natale, un’altra misura-chiave contenuta nel dl Fiscale è la riapertura, fino al 12 dicembre 2024, dei termini per l’adesione al concordato preventivo biennale. La prima tranche di adesioni è stata un flop assoluto, con la partecipazione di appena 522 mila lavoratori su una platea potenziale di 4,4 milioni di persone. Le risorse generate da questa operazione, in teoria, dovrebbero contribuire a ridurre l’aliquota del secondo scaglione Irpef dal 35% al 33%, con lo scopo di alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio. Ma se anche questa tornata di adesioni andrà male (ed è molto probabile), i soldi a disposizione del Governo rischiano di essere insufficienti.
Le altre misure del DL Fiscale
Tra le misure contenute nel dl Fiscale spunta anche l’aumento del canone Rai, da 70 a 90 euro, con buona pace della Lega che aveva fatto di tutto per evitarlo. E ad aumentare, di 4,691 milioni anziché di 3, sarà pure il finanziamento ai partiti tramite il 2 per mille. Il tetto previsto per legge arriva così a sfiorare i 30 milioni, denaro che poteva essere utilizzato decisamente in altro modo. Slitterà inoltre dal 2 dicembre al 16 gennaio il termine per il versamento del secondo acconto delle imposte sui redditi per i titolari di partita iva (ma solo per quelli che nell’anno precedente hanno dichiarato ricavi o compensi non superiori ai 170 mila euro).
E sono previsti dal decreto legge anche 20 milioni in più per gli straordinari delle forze armate, oltre a 343 milioni destinati ad Autostrade dello Stato. Infine, con un emendamento di Fratelli d’Italia (sottoscritto anche dal PD) vengono introdotte modifiche al payback farmaceutico: si prevede in sostanza che nella definizione delle quote spettanti alle Regioni da parte delle aziende, come contributo allo sforamento del tetto di spesa farmaceutica, l’Aifa tenga conto non più del solo criterio “pro-capite” ma anche dei “rispettivi superamenti dei tetti di spesa”.
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La protesta delle opposizioni
A protestate (con forza) contro l’approvazione del dl Fiscale sono tuttavia le opposizioni. “La realtà è che questo decreto è vuoto di contenuti”, dichiara la responsabile Lavoro del Pd, Maria Cecilia Guerra, “vi era, da parte della maggioranza, un’attesa spasmodica, messianica, sulle entrate del concordato. Erano pronti a sbranarsi per qualche mancia in più, come abbiamo visto sul canone Rai. Poi, visto il fallimento, è cominciata la telenovela delle correzioni e degli interventi al ribasso. Perché a pagare è stato solo chi ne aveva convenienza”.
E ancora, continua Guerra: “Sono stati sottratti alle entrate dello Stato 800 milioni con un nuovo condono e già si annunciano rottamazioni di cartelle che ancora devono arrivare. Per non parlare del Bonus Natale, voluto della presidente del Consiglio che diceva ‘con noi basta bonus’. Cento euro distribuiti alle famiglie a caso, senza un criterio ragionevole. Una lotteria. Non va a chi è povero. Va in misura ridotta a chi è precario. Lo ottengono invece, addirittura, famiglie che hanno un genitore con un reddito altissimo. Un bonus finanziato con duecento milioni sottratti ingiustamente all’assegno di inclusione e che non sono utilizzati per sostenere un’economia in crisi o il reddito dei lavoratori poveri. Uno strano corto circuito a spese dell’erario e di coloro che pagano regolarmente le tasse senza i quali questo Paese crollerebbe”.
Insomma, tra rottamazioni, concordati e condoni, il messaggio del Governo è chiaro: non pagare le tasse conviene, ed è ampiamente incentivato. E intanto per distrarre il cittadino medio dall’inadeguatezza di chi sta al vertice, basta l’ennesimo bonus una tantum. Pazienza se a partire da gennaio 2025 tutto tornerà come prima.