Ci sono bambini per cui lo Stato si attiva, promette, concede, incentiva. E poi ci sono gli altri: quelli nati nel momento sbagliato, ignorati dai governi e tagliati fuori da ogni agevolazione. È il caso dei bambini venuti al mondo tra il 2021 e il 2023, una generazione che, almeno dal punto di vista del welfare familiare, sembra non esistere.
Parliamo di figli nati durante o subito dopo la pandemia, quando fare famiglia era un atto di coraggio. Famiglie che hanno affrontato l’inflazione, il caro bollette, l’instabilità lavorativa. E che oggi scoprono di essere escluse da tutto: dai vecchi bonus e dai nuovi incentivi. Né carne, né pesce. Solo dimenticati.
Bonus Bebè? Sparito nel 2021
Fino al 31 dicembre 2021, i genitori potevano contare sul Bonus Bebè, un assegno mensile per il primo anno di vita del bambino, con importi fino a 160 euro mensili in base all’ISEE. Una misura concreta, durata diversi anni, pensata per dare un supporto economico immediato dopo la nascita.
Ma dal 2022 questo bonus è stato abolito, senza alcuna forma sostitutiva diretta. Il vuoto è durato fino a marzo, quando è entrato in vigore l’Assegno Unico Universale.
E chi ha avuto un figlio nei primi mesi del 2022? Per loro nessun bonus bebè e nessun assegno nei primi mesi di vita. Praticamente nulla.
Assegno Unico: sì, ma a geometria variabile
L’Assegno Unico Universale è stato presentato come una semplificazione del sistema di sostegno alle famiglie. Ma nella realtà, più che “universale”, si è rivelato selettivo, a seconda di quando nasce tuo figlio.
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Dal 1° gennaio 2023, sono entrate in vigore nuove maggiorazioni, tra cui:
- il 50% in più di assegno per il primo anno di vita del bambino;
- maggiorazioni per famiglie con entrambi i genitori lavoratori;
- aumenti per madri con meno di 21 anni.
Bene per chi ha figli nel 2023? Dipende. Perché anche qui c’è una selezione interna.
Chi ha avuto figli nei primi mesi del 2022 ha potuto beneficiare della maggiorazione del 50% solo per i mesi rimanenti del primo anno di vita, a partire da gennaio 2023. Quindi chi ha avuto un figlio a febbraio 2022, ad esempio, ha goduto dell’aumento per appena un mese (gennaio 2023), prima che il bambino compisse un anno.
E, ovviamente, nessuna retroattività. Nessun conguaglio per il 2022. Nessun modo per “recuperare” ciò che, per una questione di calendario, è stato perso.
Al contrario, chi ha avuto un figlio nel 2023 ha potuto godere della maggiorazione del 50% per tutti i primi 12 mesi.
Quindi sì: un figlio nato il 21 febbraio 2022 ha avuto diritto a un solo mese di assegno maggiorato; uno nato il 1° gennaio 2023 lo ha ricevuto per un anno intero. In entrambi i casi parliamo di neonati, ma per lo Stato italiano non sono la stessa cosa.
Bonus nido: maggiorato, ma non per tutti
Nel 2024 è stata introdotta una maggiorazione del Bonus Nido: fino a 3.600 euro l’anno per il secondo figlio, se nato dal 1° gennaio 2024 in poi, e solo se c’è già un figlio sotto i 10 anni.
Una misura positiva, ma ancora una volta esclude chi ha figli nati nel 2022 o 2023. Se hai avuto il secondo figlio nel 2023, niente maggiorazione. Solo il bonus base. Zero arretrati, nessuna compensazione.
Congedo parentale: retribuito meglio, ma solo per chi è nato dopo
Anche il congedo parentale segue la logica ormai chiara di questi provvedimenti: più passa il tempo, più il sostegno aumenta, ma solo per chi ha figli nei “tempi giusti”.
Nel 2023, era previsto 1 mese di congedo retribuito all’80%, ma solo per chi aveva concluso il congedo obbligatorio (maternità o paternità) dal 1° gennaio 2023 in poi. Tutti gli altri dovevano accontentarsi della classica retribuzione al 30%.
Nel 2024, i mesi coperti all’80% diventano due, sempre con la stessa condizione: devono essere fruiti entro il sesto anno di vita del bambino, e solo se il congedo obbligatorio è terminato dopo il 31 dicembre 2023.
Nel 2025 si passerà addirittura a tre mesi retribuiti all’80%, ma ancora una volta esclusivamente per i nuovi genitori che entrano nel ciclo di diritto dopo il 31 dicembre 2024.
Chi ha avuto figli nel 2022 o nel 2023? Si è ritrovato, nella maggior parte dei casi, con un solo mese all’80% (se va bene), oppure tutto al 30%. Nessuna forma di retroattività. Nessun aggiornamento per i genitori ancora in congedo. Una disparità netta, per un diritto che dovrebbe valere per tutti i figli, non solo per i più recenti.
Il colpo di grazia: il Bonus nuovi nati del 2025
Nel 2025 è entrato in vigore un nuovo bonus: 1.000 euro una tantum per ogni neonato, adottato o affidato. Viene erogato tramite una carta prepagata nominativa, da usare per acquisti legati al bambino (pannolini, latte, vestiti, ecc.).
Una misura utile, per carità. Ma ancora una volta limitata ai soli nati dal 1° gennaio 2025. Un figlio nato il 31 dicembre 2024? Escluso. Uno nato il giorno dopo? Dentro.
Anche qui: nessuna flessibilità, nessuna gradualità, nessun rispetto per chi ha fatto figli prima che fosse conveniente.
Una generazione dimenticata
Chi ha avuto figli tra il 2021 e il 2023 si ritrova ad aver vissuto una vera e propria transizione normativa:
- i vecchi bonus sono stati eliminati in fretta;
- i nuovi sono arrivati dopo, e solo per i figli più “recenti”;
- nessuna misura è stata pensata per chi è rimasto nel mezzo.
Eppure parliamo di centinaia di migliaia di famiglie che hanno affrontato la maternità e la paternità in piena pandemia, con l’Italia chiusa, i reparti sotto stress, i nonni lontani. Famiglie che hanno fatto scelte importanti senza alcun incentivo, e che oggi si vedono scavalcate da chi ha avuto figli solo pochi mesi dopo.
Figli di serie A e figli di serie B
Il governo parla continuamente di crisi demografica e natalità in calo. Ma nella pratica, si muove a scatti elettorali. Crea figli di serie A, a cui spettano tutti i benefici, e figli di serie B, a cui non resta che pagare e tacere.
I bambini nati tra il 2021 e il 2023 non sono figli dello Stato. Sono statistiche dimenticate, esclusi per decreto. E i loro genitori? Colpevoli solo di essere arrivati troppo presto (o troppo tardi) per ricevere qualcosa.