Gli stipendi delle donne sono più bassi di un quinto rispetto a quelli degli uomini. Lo dice il Rendiconto di genere del Consiglio di indirizzo e vigilanza Inps, che ci consegna una fotografia desolante sulla disparità di genere nel nostro Paese. Oggi, in Italia, poco più di una donna su due riesce a trovare lavoro, e quando lo fa guadagna sensibilmente meno rispetto ai suoi colleghi uomini. Una situazione che la Cgil non esita a definire “grave”, appellandosi al Governo affinché si impegni a imprimere un cambiamento di rotta. Cambiamento che la Premier Meloni dovrebbe sentire ancora più urgente, in teoria, in quanto prima Presidente del Consiglio donna nella storia italiana. Vediamo qui sotto tutti i dettagli.
INPS, continua la disparità di genere in Italia
Non ci sono buone notizie sulla disparità di genere in Italia. Secondo l’ultimo Rendiconto di genere presentato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza Inps, le donne hanno un tasso di occupazione inferiore di quasi 18 punti rispetto a quello degli uomini, e se anche lavorano, possono contare su una retribuzione media giornaliera più bassa del 20% rispetto ai loro colleghi. I motivi sono molteplici: dal maggiore utilizzo del part-time tra la popolazione femminile, ai livelli più bassi di qualifica, fino alla tendenza a ricorrere meno agli straordinari.
In più, nonostante le donne italiane siano in media più istruite dei maschi, faticano di più a fare carriera. Soltanto il 21% dei dirigenti, e il 32,4% dei quadri, è donna. Il che rende evidente, come sottolinea anche l’Inps, quanto siano “ancora rilevanti le condizioni di svantaggio delle donne nel nostro Paese, nell’ambito lavorativo, familiare e sociale”.I dati INPS e il gap di reddito tra donne e uomini
I dati del Rendiconto Inps (riferiti al 2023) parlano di un tasso di occupazione femminile fermo al 52,5%, quindi inferiore di 17,9 punti rispetto a quello degli uomini. Inoltre, per le donne è più difficile che l’assunzione sia a tempo indeterminato: solo il 18% delle assunzioni, sottolinea l’Inps, è di tipo stabile (a fronte del 22,6% nel caso degli uomini). L’altra faccia della medaglia, ovviamente, è che la percentuale di part-time involontario tra le donne (15,6%) è tre volte superiore a quella dei colleghi uomini (5,1%).
“In tutti i settori economici esaminati”, aggiunge poi l’Istituto, “gli uomini percepiscono redditi medi giornalieri superiori alle donne. Nello specifico, in dieci settori su 18 esaminati le donne percepiscono più del 20% in meno; nelle attività finanziarie e assicurative le donne percepiscono mediamente il 32,1% in meno, nelle attività professionali scientifiche e tecniche il 35,1% in meno e in quelle immobiliari il 39.9% in meno”. Si parla in media di 77,9 euro lordi giornalieri a fronte di 129,7 euro per i maschi.
L’allarme della Cgil
Non servono altri dati per capire la gravità della situazione. La disparità di genere, in Italia, non sembra aver fatto passi avanti, almeno per quanto riguarda il settore dell’occupazione. Come sottolinea la Cgil, commentando i dati diffusi dall’Inps, le donne italiane “sono ancora profondamente vittime di una grave discriminazione di genere, irrobustita, se non aggravata, da alcuni dei provvedimenti assunti dall’attuale governo. Nonostante siano più preparate e più istruite dei colleghi uomini, lavorano meno, guadagnano meno, fanno meno carriera. Non solo un’ingiustizia, ma anche un’evidente perdita di competenze e abilità per il Paese, sulla quale si dovrebbe intervenire in modo strutturale per rilanciare l’economia e lo sviluppo”.
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“Non solo le donne non ottengono contratti a tempo indeterminato”, prosegue la segretaria confederale della Cgil, Lara Ghiglione, “ma soprattutto le loro maggiori competenze non vengono riconosciute. È evidente che c’è un problema di pregiudizi culturali che vanno scardinati. Nulla che bonus occasionali e non misure sistematiche possa cambiare”.
Come sosteniamo da tempo, l’unico contributo di questo Governo alle criticità del Paese è stato ‘sommergere’ di bonus i cittadini, che siano donne, uomini, o individui svantaggiati. Ma è di riforme strutturali che il nostro sistema-lavoro ha bisogno. Non di contentini. Altrimenti rimarremo indietro sulla parità di genere. E anche su tantissimi altri indicatori che contribuiscono a definire la modernità di un Paese.