Manovra 2025, il flop del concordato biennale
Il concordato preventivo biennale è stato approvato dalle commissioni Bilancio e Finanze del Senato alla fine di settembre. Come noto, chi sceglie di aderire al concordato potrà accedere a un “ravvedimento speciale” (in sostanza un condono) valido per gli anni 2018-2022. In altre parole, sarà possibile pagare un’imposta sostitutiva, parametrata al punteggio di affidabilità fiscale, così da sanare una volta per tutte le somme evase tra il 2018 e il 2022. L’idea del Governo è quindi di convincere più evasori possibili a rientrare nella legalità grazie ad agevolazioni pensate ad hoc per loro. Il tutto, ovviamente, per racimolare qualche milione in più da destinare al Bilancio. Ma il limite temporale per aderire al concordato è fissato per la fine di ottobre. E al momento le adesioni sono un flop.
Inoltre, per ora il concordato preventivo è tra i provvedimenti esclusi dal contributo alla Manovra. Secondo un sondaggio elaborato da “Il Sole 24 Ore”, 8 operatori su 10 vorrebbero più tempo per l’applicazione della norma, mentre 9 professionisti su 10 affermano che per ora avrebbe aderito al concordato una percentuale non superiore al 10% dei clienti. Sono dati allarmanti, che contribuiscono a sollevare dubbi e incertezze sull’efficacia del provvedimento. Per il Movimento 5 Stelle il concordato è già “un flop totale”, ma il Mef smorza i toni e si limita a predicare la calma. I dati sulle adesioni, sostengono dal Ministero, potrebbero essere più chiari verso la metà di novembre. “Prima vediamo quanto arriva”, dice in sostanza il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, “poi ci sediamo al tavolo tutti insieme, come fa una coalizione, e decidiamo cosa farci”.
Eppure le priorità, anche all’interno della maggioranza, sembrano altre. A Forza Italia interessa tagliare l’Irpef dei ceti medi dal 35% al 33%, allargando lo scaglione fino a 60mila euro. E la Lega continua a insistere con forza sulla flat tax. La coperta, però, è sempre più corta.
Le proteste sul concordato
Intanto le proteste si allargano anche al di fuori di politica e opposizioni. Alcuni sindacati di commercialisti hanno indetto uno sciopero per chiedere una proroga dei termini (che scadranno a fine ottobre). Mentre a Milano, la città italiana con più partite Iva, Federcontribuenti ha esposto uno striscione di protesta con su scritto: “Concordato Preventivo Biennale: non cadere nella trappola! Informati bene prima di aderire!”. Marco Paccagnella, presidente di Federcontribuenti, espone la questione del concordato così: “Non contestiamo la misura ma le modalità con cui viene spiegata e proposta ai cittadini. Modalità che, come abbiamo esposto al Garante dei Contribuenti, riteniamo lesive della libertà decisionale del contribuente e in contrasto con i principi costituzionali di equità e trasparenza”.
Inoltre, ha aggiunto sempre Paccagnella, tra i rischi del concordato preventivo voluto dal Governo c’è “l’impossibilità per due anni di accedere a tutti gli strumenti di protezione del patrimonio che la normativa prevede. E questo, in un momento di grave crisi economica, con prospettive fosche sul futuro, una situazione internazionale molto incerta e nessuna garanzia di stabilità finanziaria per imprese e partite Iva è molto rischioso”. Insomma, ancora prima di entrare in vigore il concordato preventivo biennale è già contestatissimo e impopolare. E potrebbe rivelarsi presto un flop clamoroso.
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