Manovra, calano le previsioni sul Pil
Sono novità amare, quelle che giungono alle orecchie Governo dopo le audizioni parlamentari sul Psb. Bankitalia ha rivisto al ribasso la previsione di crescita del Pil 2024, portandole allo 0,8% (da un precedente 1% stimato dall’esecutivo). La correzione di due punti percentuali è arrivata in seguito a un’attenta revisione dei conti economici trimestrali pubblicata dall’Istat. E proprio l’Istituto di Statistica, in fase di audizione, ci ha tenuto a sottolineare come l’Italia sia ritornata ormai a una crescita da “zerovirgola”.
“Siamo tornati a una fase di stato stazionario o ‘steady state’”, ha detto il direttore per la contabilità Istat, Giovanni Savi, “con tassi di crescita abbastanza contenuti che stentano a dimostrare la situazione di un’economia che si sviluppa in forma consistente”. Insomma, si sarebbero ormai spente alcune “spinte propulsive” post Covid, e perciò “dobbiamo attendere che ci siano altre forze” a spingere il Pil. Quali forze, non è ancora chiaro. Ma è evidente che i margini per la chiusura della Manovra, già risicati, si assottigliano sempre di più.
I rischi per le pensioni
Nel suo intervento in Parlamento, Bankitalia ha anche espresso preoccupazione a proposito di uno dei punti cruciali della prossima Manovra. Rendere strutturali gli sgravi contributivi sul lavoro, come da tempo promettono Giorgetti e Meloni, rischierebbe di compromettere l’equilibrio finanziario (già fragile) del sistema pensionistico italiano. Le entrate contributive subirebbero senza dubbio un contraccolpo, e “verrebbe meno l’equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni” che “caratterizza il nostro sistema previdenziale e ne rappresenta un punto di forza”.
Insomma, come ha sottolineato il capo dipartimento economia e statistica di Bankitalia, Sergio Nicoletti Altimari, “il programma delineato nel piano strutturale di bilancio (Psb) non è esente da rischi”. Primo rischio: il piano del Governo conta sulle maggiori entrate attese per il 2024, “con l’assunzione implicita che siano interamente permanenti”. Inoltre, data “l’elevata incertezza” del quadro macro, “anche piccoli scostamenti dai piani di bilancio potrebbero rendere difficoltoso riportare il deficit sotto il 3% nel 2026”.
Anche secondo la Corte dei Conti, intervenuta insieme a Bankitalia durante le audizioni, il percorso del Governo verso la Manovra si complica parecchio. “Saranno necessarie scelte difficili sull’allocazione delle risorse”, sottolineano i giudici contabili, ma alcuni interventi non sono rinviabili. Sulla sanità, ad esempio, è indispensabile investire “per superare le carenze di personale, soprattutto infermieristico, che rappresenta al momento il principale deficit”. E inoltre serve dare stabilità al settore previdenziale “dopo gli interventi temporanei che lo hanno contrassegnato negli ultimi cinque anni”, in modo tale da “garantire una maggiore flessibilità in uscita”.
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La protesta degli enti locali
Come se non bastasse, nel fianco del Governo si aggiunge adesso un’altra spina. Gli enti locali, in maniera preventiva, hanno deciso di opporsi a qualunque ipotesi di taglio per reperire risorse utili alla Manovra. Qualsiasi richiesta di contributo per risanare le finanze pubbliche sarebbe “estremamente gravosa”, quindi inaccettabile. E intanto le Regioni chiedono a gran voce rassicurazioni sul tema (per ora congelato) della riduzione delle aliquote Irpef da 4 a 3, che avrebbe un impatto di 1 miliardo di euro sull’addizionale delle Regioni a statuto ordinario e di circa 400 milioni per le Regioni a statuto speciale.
All’esecutivo non resta quindi che incassare, e rivedere in fretta i piani sulla Manovra 2025. La revisione al ribasso delle stime sul Pil è una tegola che non ci voleva. Ma il tempo stringe. Una soluzione andrà trovata per forza.