Le malattie cardiache non sono solo una questione clinica. Per chi convive con una condizione cronica o degenerativa a carico dell’apparato cardiovascolare, l’impatto sulla qualità della vita può essere significativo. Limitazioni fisiche, affaticamento costante, necessità di cure e visite frequenti, e nei casi più gravi, la perdita dell’autonomia o della capacità lavorativa, trasformano la patologia in un ostacolo quotidiano.
In questi casi, la legge italiana riconosce la possibilità di accedere a una pensione di invalidità civile, con importi che possono variare in base al grado di invalidità accertato e al reddito personale del richiedente. Inoltre, in presenza di necessità di assistenza continua, è prevista anche l’erogazione dell’indennità di accompagnamento.
Quali malattie cardiache danno diritto alla pensione di invalidità?
Non tutte le condizioni cardiache permettono l’accesso al riconoscimento dell’invalidità. È necessario che la patologia presenti una gravità tale da compromettere in modo significativo l’autonomia personale o lavorativa. La valutazione non si basa solo sulla diagnosi, ma sull’impatto funzionale della malattia sulla vita del soggetto.
Le patologie cardiovascolari che, se valutate come gravi, possono essere riconosciute ai fini dell’invalidità civile sono:
- aritmie cardiache gravi, quando compromettono le attività quotidiane o la tolleranza allo sforzo fisico;
- coronaropatie, come l’angina pectoris o l’infarto del miocardio, se associate a ridotta capacità funzionale;
- miocardiopatie dilatative o ipertrofiche con segni di scompenso cardiaco;
- valvulopatie scompensate, come stenosi o insufficienze aortiche e mitraliche avanzate;
- esiti di trapianto cardiaco, che comportano limitazioni e necessità di cure permanenti;
- cardiopatie congenite complesse, con alterazioni funzionali persistenti;
- pericarditi croniche che causano aderenze o alterazioni emodinamiche;
- cardiopatia ipertensiva con segni di scompenso e danno d’organo;
- aneurismi dell’aorta toracica o addominale, in particolare se sintomatici o operati;
- arteriopatia ostruttiva cronica, se limita significativamente la perfusione periferica.
Queste patologie, se riconosciute gravi, possono comportare una riduzione della capacità lavorativa tale da giustificare la concessione di un assegno di invalidità mensile.
Come viene valutata l’invalidità per patologie cardiache?
La valutazione dell’invalidità è un procedimento tecnico-medico che spetta a una commissione medico-legale mista ASL-INPS. La commissione ha il compito di esaminare la documentazione clinica, visitare il richiedente e attribuire una percentuale di invalidità secondo criteri normati.
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Gli strumenti principali utilizzati dalla commissione sono:
- la Tabella delle menomazioni del Decreto Ministeriale 5 febbraio 1992, che assegna una percentuale di invalidità a specifiche patologie;
- la valutazione analogica, nei casi in cui la patologia non sia prevista espressamente nella tabella ministeriale, tenendo conto di condizioni cliniche simili;
- l’analisi del deficit funzionale, considerando le limitazioni motorie, cognitive e sensoriali, nonché la resistenza allo sforzo fisico e l’autonomia residua;
- il modello bio-psico-sociale dell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) dell’OMS, che integra l’aspetto sanitario con le ripercussioni sociali e relazionali della disabilità.
La valutazione tiene conto anche dell’età del richiedente: per i minori e gli over 65, l’invalidità viene accertata in relazione alla capacità di svolgere le funzioni tipiche della fascia d’età.
Che ruolo ha la classificazione NYHA nella valutazione dell’invalidità?
Nel caso delle patologie cardiache, un parametro frequentemente utilizzato nella valutazione della gravità è la classificazione NYHA (New York Heart Association), che descrive la gravità dello scompenso cardiaco sulla base dell’attività fisica tollerata.
Questa classificazione è suddivisa in quattro classi funzionali:
- Classe I: nessuna limitazione dell’attività fisica. Le normali attività quotidiane non causano affaticamento, palpitazioni o dispnea. L’invalidità riconoscibile rientra generalmente tra il 21% e il 30%;
- Classe II: lieve limitazione dell’attività fisica. I sintomi si manifestano solo durante attività impegnative. L’invalidità riconosciuta oscilla tra il 41% e il 50%;
- Classe III: marcata limitazione dell’attività fisica. Anche sforzi moderati causano sintomi evidenti. L’invalidità stimata è compresa tra il 71% e l’80%;
- Classe IV: sintomi presenti anche a riposo. Il soggetto è incapace di svolgere qualsiasi attività senza disagio. L’invalidità riconosciuta è del 100%.
Questa classificazione è uno strumento chiave nelle decisioni delle commissioni INPS, poiché fornisce una misura oggettiva dell’impatto funzionale della malattia.
Quali sono gli importi previsti dalla pensione di invalidità?
La pensione di invalidità civile è un assegno mensile erogato dall’INPS ai cittadini che presentano una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 74%, e che rispettano determinati limiti di reddito.
Per l’anno 2025, gli importi e i limiti sono i seguenti:
- per invalidi civili parziali (invalidità tra il 74% e il 99%): 336,00 euro al mese, con un limite di reddito personale annuo pari a 5.771,35 euro;
- per invalidi civili totali (invalidità al 100%): 336,00 euro al mese, con un limite di reddito personale annuo pari a 19.772,50 euro.
È importante precisare che si tratta di limiti riferiti al reddito personale e non familiare, e che l’assegno è incompatibile con alcune forme di reddito o trattamento previdenziale.
Quando spetta anche l’indennità di accompagnamento?
In presenza di una invalidità totale, quando la patologia comporta l’impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza (alimentarsi, vestirsi, muoversi, mantenere l’igiene personale), è possibile richiedere anche l’indennità di accompagnamento.
Questa misura prevede:
- un assegno mensile pari a 542,02 euro;
- nessun limite di reddito per ottenerla;
- cumulabilità con la pensione di invalidità civile, fino a un massimo di 878,02 euro mensili.
La richiesta segue lo stesso iter della pensione, ma deve essere supportata da documentazione clinica dettagliata che attesti l’impossibilità di deambulare senza aiuto o la necessità di assistenza continua.
Come presentare domanda all’INPS?
La procedura per ottenere la pensione di invalidità si articola in più fasi:
- richiesta del certificato medico introduttivo da parte del medico curante, che andrà trasmesso all’INPS in modalità telematica;
- compilazione della domanda online tramite il sito INPS, accedendo con SPID, CIE o CNS, oppure tramite un patronato;
- convocazione a visita presso la commissione medico-legale ASL-INPS;
- ricezione dell’esito con la percentuale di invalidità riconosciuta e, in caso positivo, la determinazione dell’importo spettante.
In caso di valutazione negativa o percentuale ritenuta insufficiente, è possibile presentare ricorso amministrativo o giudiziario.
Le malattie cardiovascolari non si limitano a incidere sul benessere fisico, ma spesso determinano una profonda riorganizzazione della vita privata, sociale e lavorativa. Per i casi in cui queste condizioni diventano invalidanti, la legge prevede forme di tutela economica fondamentali.
Conoscere i propri diritti e i criteri utilizzati dall’INPS può fare la differenza tra affrontare la malattia da soli o con un minimo di sostegno economico e sociale. In un sistema complesso, dove la burocrazia può essere un ostacolo, è sempre utile affidarsi a patronati, medici legali o consulenti specializzati per affrontare il percorso con consapevolezza e concretezza.