L’omicidio di Giulia Cecchettin è indubbiamente un fatto che ha sconvolto il nostro Paese negli ultimi giorni. Una brutta pagina che nessuno di noi avrebbe voluto mai leggere, e che pure da tanti, troppi anni, si ripete ciclicamente, sistematicamente, seguendo ogni volta lo stesso copione che non vorremmo mai più avere per le mani.
Giulia aveva 22 anni e tutta la vita davanti, spezzata troppo presto dall’ex fidanzato Filippo Turetta, che ad oggi tutti definiscono un “ragazzo tranquillo”. Ma cosa vorrà dire “tranquillo” e a cosa vale l’essere “tranquilli” agli occhi di amici e parenti se poi si è capaci di uno scempio simile? Questo non lo capirò mai. Un ragazzo tranquillo.
Lo ripete con rabbia anche la sorella di Giulia, Elena, che all’appellativo di “bravo ragazzo” sbotta sui social. A dolore si aggiunge altro dolore. Alla perdita della sorella, si aggiunge l’altro cieco dolore di sentire chiamare l’assassino di sua sorella un “bravo ragazzo”.
A Matteo Salvini, Elena dice: “Ha usato la presunzione di innocenza, ‘carcere a vita se colpevole’. Questa cautela non viene usata in caso di reati commessi da migranti e non da ‘ragazzi bianchi di buona famiglia’, ha poi chiosato con una sottile nota sarcastica.
L’omicidio di Giulia
Giulia aveva lasciato Filippo per concentrarsi sulla sua laurea. Lui era terrorizzato all’idea di perderla, e al fatto che dopo la laurea Giulia avrebbe intrapreso un percorso che non contemplava la sua presenza.
Aveva i suoi progetti, Giulia, i suoi sogni. Spazzati via dalla smania di possesso dell’ennesimo uomo che non ha accettato un rifiuto come risposta.
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Per motivi ancora da accertare (forse per un “ultimo chiarimento”) il giorno della scomparsa Giulia e Filippo erano insieme. Poi le telecamere di sorveglianza che riprendono Turetta mentre picchia selvaggiamente la povera 22enne. Infine il triste epilogo con il ritrovamento del corpo senza vita di Giulia e la fuga in Germania di Turetta, arrestato ieri.
Giulia lascia il papà e la sorella, reduci già da un enorme lutto l’anno scorso: a ottobre 2022, Giulia e la sua famiglia avevano perso la mamma.
Omicidio di Giulia Cecchettin: quando i bravi ragazzi uccidono
“Era un bravo ragazzo, una persona tranquilla”. La tipica frase di circostanza che si pronuncia nei casi in cui ci si trova davanti ad un omicida. C’è del paradosso in certe frasi che si è in grado di pronunciare quando si viene colti di sorpresa, è vero. Ma se ci riflettiamo bene, onestamente, chi si aspetterebbe mai da qualsiasi altra persona che possa compiere un omicidio? Ed è lì che subentra lo stupore: “Ma chi? Davvero? Da lui proprio non me lo aspettavo… Era una persona così tranquilla“. Come se ci fosse davvero-davvero qualcuno dal quale ti aspetti che possa compiere un omicidio, poi. Come se i potenziali assassini andassero in giro con attaccato al collo un cartello con su scritto: “State attenti, non sono tranquillo per niente”.
Tralasciando le (becere) frasi di circostanza capaci di balenare nella mente umana, il problema ben più grande è che l’omicidio di Giulia è un problema non solo sociale, ma anche politico.
E vi spieghiamo perché.
Giulia Cecchettin: vittima numero 105
Giulia è la vittima numero 105 dall’inizio dell’anno. Se facciamo due conti veloci, significa che ogni circa 3 giorni una donna è vittima di femminicidio. Questo deve per forza significare qualcosa. Deve per forza significare che all’interno della nostra società è insita una cultura implicita che ancora oggi, nonostante le morti, nonostante gli appelli, nonostante i pallidi tentativi di cercare di arginare il problema, miete delle vittime. Una cultura figlia della diseducazione, dell’incapacità delle istituzioni di intervenire con punizioni esemplari, o meglio ancora, di intervenire prima che si verifichi l’irreparabile.
Lo sa bene Elly Schlein, che ha proposto alla premier Giorgia Meloni un’alleanza di scopo per approvare una legge bipartisan volta a introdurre l’educazione al rispetto in tutte le scuole.
“La repressione non basta, per sradicare la tossica cultura patriarcale, bisogna partire dall’educazione al rispetto e all’effettività nelle scuole”, ha affermato Schlein. Serve annientare la “cultura del possesso”, spiega.
Peccato, però, che l’appello di Schlein è finora caduto nel vuoto. Il governo prenderà provvedimenti?