Pignoramento presso terzi: uno strumento per il creditore di recuperare le somme insolute. E’ una delle modalità più frequenti ed utilizzate, in quanto si va ad intaccare direttamente lo stipendio o la pensione del debitore, rendendo quindi più semplice il recupero delle somme, specialmente quando il debitore non possiede altri beni al di fuori di stipendio, pensione o somme sul conto corrente.
Pignoramento presso terzi: come si effettua?
Il creditore, attraverso il decreto ingiuntivo, “invita” formalmente il debitore a pagare l’insoluto. Scaduti i termini, se il debitore non adempie al pagamento, il creditore ha la possibilità di procedere col pignoramento presso terzi.
Il pignoramento presso terzi è la via più “veloce” per recuperare delle somme, a differenza invece del pignoramento di immobili, per i quali servirebbero tempi più lunghi, che scorrerebbero tra aste, espropriazioni e lungaggini.
Con il pignoramento presso terzi il creditore invece pignora direttamente “alla fonte” le somme a lui spettanti. Può trattarsi delle somme dovute a titolo di stipendio (in questo caso il pignoramento viene effettuato presso il datore di lavoro); o a titolo di pensione (terzo pignorato è dunque Inps); oppure può avvenire direttamente sulle somme presenti sul conto corrente o libretto postale (quindi in questo caso viene pignorato l’ente presso cui le somme sono depositate). In altri casi meno frequenti, può trattarsi del pignoramento di conti da saldare da parte di clienti del debitore, o delle somme di affittuari con i quali il debitore ha un contratto di affitto attivo (analizzeremo meglio la casistica nel prossimo paragrafo).
Il pignoramento presso terzi, non a caso, è detto anche “debitor debitoris” perché con esso si vanno a pignorare delle somme di cui il debitore è effettivamente a sua volta il creditore. Nel caso dello stipendio, infatti, il debitore è al contempo “creditore” del proprio datore di lavoro. Oppure, nel caso della banca, il debitore correntista è anche contemporaneamente creditore nei confronti della banca, dal momento che egli è il proprietario della somma.
Tuttavia, vi è spesso un limite per il pignoramento presso terzi, poiché il creditore non può sempre pignorare le somme dovute in un’unica soluzione, ma deve farlo in maniera dilazionata nel tempo, fino ad esaurimento del debito stesso.
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Limiti al pignoramento presso terzi
Nello specifico, il creditore può pignorare:
- il quinto dello stipendio
- il quinto della pensione
- il canone d’affitto che deve pagare l’inquilino (se il debitore ha contratti di locazione attivi)
- il saldo di fatture da parte di clienti
- il quinto del Tfr
- il conto corrente (in questo caso è possibile pignorare la somma dovuta per intero);
- il risarcimento danni per infortuni o incidente stradale che deve essere versato da un ente assicurativo, o dal datore di lavoro (anche in questo caso la somma può essere pignorata per intero)
- l’assegno di mantenimento (ma solamente la parte eccedente alle esigenze primarie);
- rimborsi d’imposta dovuti dallo Stato
E’ invece vietato pignorare:
- sussidio di disoccupazione
- sussidi di povertà
- la maternità
- l’invalidità civile
Dal momento che non sempre è possibile sapere già dall’inizio cosa è possibile pignorare, il creditore dovrà fare una ricerca presso l’Anagrafe tributaria per scoprire quali somme potrebbero essere pignorate.
Cosa succede dopo la notifica del pignoramento presso terzi?
Il pignoramento presso terzi deve essere notificato anche al debitore, dal momento che ha il diritto di sapere quanto stia accadendo.
Quindi, le parti che devono ricevere la notifica sono due: il debitore, ed il terzo pignorato. Il terzo deve essere messo a conoscenza per un semplice motivo: deve essergli intimato di non pagare le somme dovute e di procedere invece con il pagamento dei confronti del creditore.
Il debitore ha tempo di opporsi al pignoramento entro 20 giorni dalla notifica (o dal momento in cui ne è venuto a conoscenza). Scaduto questo termine, si procede con l’assegnazione delle somme al creditore.