Quanti soldi hanno gli Italiani in banca?
Non va benissimo, sul fronte risparmi. Il ristagno economico, gli stipendi che restano bassi, i prezzi che salgono. La morale è che i conti degli italiani si svuotano, con una media di 14.981 euro nei depositi bancari. In totale, i cittadini italiani hanno un patrimonio mobiliare e immobiliare che supera i 10.000 miliardi di euro. Ma solo una piccola fetta di questo patrimonio riguarda la liquidità reale depositata in banca. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Banca d’Italia (era il 2022), gli italiani hanno infatti 1.262 miliardi e 207 milioni di euro in banca, cifra più o meno ferma dal 2020.
Ma nel frattempo l’economia si è bloccata. Anzi, ha fatto pure qualche deciso passo indietro. Andando a vedere più a fondo i dati, salta all’occhio il fatto che il 77,1% dei conti italiani ha come deposito cifre inferiori a 12.500 euro. Poi c’è il 15,3%, che detiene liquidità tra i 12.500 e i 50.000 euro, mentre solo il 6,9% può vantare risparmi tra i 50.000 e 250.000 euro. E infine: un misero 0,4% degli italiani ha in banca tra i 250.000 e i 500.000 euro, e soltanto lo 0,02% (quindi circa 115.000 conti bancari) riesce a conservare oltre 500.000 euro.
La media dei soldi degli italiani
Due calcoli veloci ci portano alla media di risparmi di cui parlavamo sopra: 14.981 euro in banca per ogni italiano. Ma se si guarda solo ai conti più poveri, cioè quelli sotto la soglia dei 12.500 euro, la media dei risparmi degli italiani scende ancora più vertiginosamente, fino a toccare quota 2.221 euro. Sale invece a 25.557 euro la media dei soldi detenuti sui conti con disponibilità tra i 12.500 e i 50.000 euro. Ma la gran parte dei cittadini, come visto, non si avvicina neanche a queste cifre di risparmio. E oltre ad essere colpa della crisi, su questi numeri pesa anche la garanzia delle banche sui depositi bancari.
Il problema delle spese obbligate
Oggi mettere via soldi, in Italia, diventa complicato anche per l’incidenza delle cosiddette spese obbligate sui bilanci familiari. Confcommercio segnala che questa tipologia di spese si “mangia” il 41,8% dei consumi delle famiglie. In sostanza, “su un totale di circa 21.800 euro pro capite di consumi all’anno, oltre 9.000 euro se ne vanno per il complesso delle spese obbligate (348 euro in più rispetto al 2019)”.
Tra queste spese la principale è la voce “abitazione” – che in media vale 4.830 euro – al cui interno viene conteggiato anche l’insieme di energia, gas e spese per i carburanti (1.721 euro). Insomma, come sottolinea giustamente il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, “le spese obbligate, soprattutto quelle legate all’abitazione, penalizzano sempre di più i bilanci delle famiglie e di conseguenza riducono i consumi. Consumi che sono la principale componente della domanda interna”.
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Difficile quindi vedere una via d’uscita. Se gran parte dello stipendio mensile (quasi la metà) se ne va in partenza con spese fisse, e molto alte, è ovvio che si riduce fortemente la possibilità di mettere da parte soldi in banca. E in più, aggiunge sempre Confcommercio, “ad amplificare la dimensione e, quindi, il peso delle spese obbligate è anche la dinamica dei prezzi che mostra una notevole difformità rispetto a quella degli altri beni e servizi: tra il 1995 e il 2024, infatti, l’indice di prezzo degli obbligati (+122,7%) è cresciuto più del doppio rispetto a quello dei beni commercializzabili (+55,6%), dinamica influenzata anche da un deficit di concorrenza tra le imprese fornitrici di beni e servizi obbligati”.
Secondo l’Unione nazionale dei consumatori, una soluzione all’impasse potrebbe anche esistere. Ma richiederebbe un intervento deciso da parte del Governo. Ci vuole cioè “una legge sulla concorrenza completamente rinnovata rispetto a quella presentata dal governo”, in modo tale da “ridurre le spese obbligate degli italiani, aumentando la concorrenza in quei settori”. Però dai vertici non giunge risposta.
Su cosa risparmiano gli italiani
Per fortuna le abitudini degli italiani aiutano. Anche se soldi da mettere da parte non ce ne sono, i dati relativi al 2023 dimostrano che al bisogno, a volte, i cittadini del nostro Paese sanno come fare economia. L’inflazione alle stelle ha infatti imposto a tante famiglie una riduzione sugli sprechi inutili, con tagli sui prodotti troppo costosi e non necessari.
Ad esempio, sono calati gli acquisti dei beni tecnologici (il fatturato di questo settore per il 2023 è sceso a 53 miliardi di euro). Ma anche il settore dell’home improvement, che comprende prodotti di arredo e per il miglioramento della casa, è sceso notevolmente. E ancora meno gettonati sono stati gli acquisti nel settore “technical consumer goods” (Tcg), cioè elettronica di consumo, telefonia, It, prodotti per l’ufficio, fotografia e beni tecnologici in genere, dove si è assistito a un calo del 5,4% rispetto all’anno passato.
Insomma, la crescita dell’inflazione, l’aumento dei tassi d’interesse delle banche, e gli stipendi fermi, hanno generato nei consumatori italiani più incertezza, quindi maggiore attenzione nel contenimento delle spese. Si spende meno e si risparmia di meno, in soldoni. Ma tirare la cinghia all’infinito non è ovviamente possibile. Dovrà per forza arrivare una ventata d’aria fresca. Perché se l’economia ristagna troppo a lungo, non è una buona notizia per nessuno.
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