Rinuncia ADI: un importante cambiamento rispetto al Reddito di cittadinanza. Ora la rinuncia, pare potrebbe comportare delle conseguenze mai viste prima, in netta contrapposizione con quanto invece accadeva prima per RdC.
Si tratta di una conseguenza per certi versi insensata, e che potenzialmente potrebbe danneggiare i fruitori dell’assegno di inclusione. Prima di addentrarci nella questione, ecco alcune premesse sulla rinuncia.
Rinuncia ADI: perché farla?
Anche se potrebbe sembrare un’evenienza rara e non molto frequente, la rinuncia ADI potrebbe dover avvenire per molti motivi, tra cui i principali sono:
- Miglioramento della situazione economica: quando non si è più in possesso dei requisiti di reddito perché si ha un nuovo lavoro
- Vincoli e obblighi: l’adesione ai programmi di inclusione è ritenuta troppo gravosa ed onerosa, motivo per cui il percettore preferisce rinunciare.
Mentre nel primo caso, quello del miglioramento della situazione patrimoniale ed economica, ADI decade senza particolari conseguenze per il percettore (se non quelle strettamente inerenti all’interruzione delle erogazioni), nel caso in cui la rinuncia avvenga per una mancanza di possibilità (o volontà) ad adempiere ai vincoli e agli obblighi, le conseguenze potrebbero essere più spiacevoli.
Rinuncia all’ADI: cosa succede?
Ora, in questa seconda ipotesi, ovvero quella in cui il percettore rinunci per impossibilità a frequentare i corsi, il percettore potrebbe dover restituire quanto percepito. I casi in cui una persona potrebbe non essere in grado di adempiere agli obblighi formativi e lavorativi sono molteplici, più di quanto ci si possa immaginare.
Il fatto di condannare il rinunciante alla restituzione di quanto percepito, è una punizione che da certi aspetti appare inaccettabile, perché, nel caso in cui la persona fosse interessata da una vera impossibilità a frequentare i corsi, non ha senso sanzionarlo con la restituzione di quanto già fruito.
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Come fare la rinuncia ADI?
Per fare la rinuncia, è sufficiente recarsi sul portale INPS, nell’area dedicata. Basterà semplicemente seguire la procedura.
Esempi concreti di casi di rinuncia ADI
L’assegno di inclusione (ADI) richiede ai beneficiari di rispettare specifici obblighi formativi legati all’inclusione lavorativa e sociale. In alcune situazioni, però, questi obblighi possono risultare difficili da gestire o incompatibili con le circostanze personali. Ecco diversi esempi concreti in cui una persona o una famiglia potrebbe decidere di rinunciare per evitare tali impegni.
Genitori con figli piccoli senza supporto
Un genitore unico o con difficoltà a gestire i figli piccoli potrebbe trovare complicato rispettare gli obblighi di partecipazione.
- Caso pratico: Una madre single con due bambini in età prescolare non ha accesso a servizi di asilo nido o a una rete familiare di supporto. Partecipare a corsi di formazione o colloqui lavorativi diventa impossibile senza lasciare i figli incustoditi.
Persone impegnate nella cura di familiari non autosufficienti
I caregiver spesso non riescono a conciliare l’assistenza ai familiari con i programmi richiesti dal patto di attivazione lavorativa.
- Caso pratico: Un figlio che si occupa a tempo pieno di un genitore anziano affetto da demenza non è in grado di partecipare a colloqui di lavoro o di frequentare corsi di formazione richiesti per l’assegno.
Lavoratori precari con orari irregolari
Chi ha un lavoro precario o con orari flessibili potrebbe essere impossibilitato a rispettare appuntamenti legati agli obblighi previsti.
- Caso pratico: Un lavoratore part-time con turni variabili in un call center deve garantire la presenza a un corso di formazione obbligatorio durante le ore lavorative, rischiando di perdere il lavoro per assenza.
Residenti in aree con scarse opportunità
In zone rurali o periferiche, le opportunità di inclusione lavorativa possono essere limitate, e rispettare gli obblighi potrebbe comportare disagi significativi.
- Caso pratico: Una persona residente in un piccolo comune senza trasporto pubblico deve percorrere lunghe distanze per partecipare agli incontri con i centri per l’impiego. I costi di trasporto superano i benefici dell’assegno stesso.
Persone con problemi di salute non gravi
Chi soffre di condizioni di salute che non giustificano un’esenzione totale potrebbe comunque trovare difficile aderire agli obblighi.
- Caso pratico: Una persona con problemi cronici di mobilità (non classificati come disabilità) ha difficoltà a frequentare regolarmente corsi o colloqui imposti dal patto di attivazione.
Come possiamo notare, sono tutti casi validi, e che purtroppo possono interessare potenzialmente un largo numero di persone.
Non si comprende dunque la ragione dietro la scelta di condannare i rinuncianti in possesso di valide motivazioni per la rinuncia. Ancor meno la si comprende se, guardando in ottica retrospettiva, la disciplina di RDC era, in effetti, diametralmente opposta.